LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28751-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;
– ricorrente –
contro
B.M.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 119/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 22/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/10/2021 dal Presidente Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.
RILEVATO
che:
La Corte di appello di Genova aveva ritenuto estinto per intervenuta prescrizione il credito contributivo per l’anno 2009 relativo alla mancata iscrizione presso la Gestione separata Inps per professionisti di B.M.M.. La Corte territoriale aveva infatti valutato che tra la data di scadenza del debito in questione (16 giugno 2010) e la richiesta di pagamento da parte dell’Inps avvenuta il 6 luglio 2015 si fosse consumato il termine di prescrizione non interrotto da alcun atto a ciò qualificato. Riteneva peraltro che il reddito prodotto fosse inferiore ai 5.000,00 Euro e che non fosse comunque necessaria la iscrizione alla gestione separata.
B.M.M. rimaneva intimata.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
1) – Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2944 c.c., della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e della L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver, la corte territoriale, considerato che il termine di pagamento dei contributi era stato prorogato al al 6.7.2010.
2) – Con il secondo motivo è censurata la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con mod. dalla L. n. 111 del 2011, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 8, della D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con mod. dalla L. n. 326 del 2003, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non essere stato ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla gestione separata per difetto del requisito di abitualità.
3) – Il primo motivo risulta fondato. Questa Corte ha già precisato che “in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui alla D.P.C.M. 10 giugno 2010, art. 1, comma 1, in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stabilite” (C. n. 10273/2021)- Nel caso di specie, il citato D.P.C.M. 10 giugno 2010, art. 1,comma 1, emanato giusta la previsione generale del citato D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 18, ha previsto, per quanto qui rileva, che “i contribuenti tenuti ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi (…) entro il *****, che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze”, debbano effettuare i versamenti “entro il 6 luglio 5 2010, senza alcuna maggiorazione” (lett. a) e “dal 7 luglio 2010 al 5 agosto 2010, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo” (lett. b).
Applicando i principi suddetti al caso in esame deve ritenersi che la richiesta di pagamento da parte dell’Inps, avvenuta il 6 luglio 2015, risulta avvenuta nel termine infraquinquennale.
4) – Con riguardo alla seconda censura questa Corte ha affermato che l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità (Cass. n. 4419 del 2021; n. 12419 del 2021; n. 12358 del 2021).
5) – Dirimente, ai fini dell’obbligo di iscrizione alla Gestione separata, deve considerarsi, secondo le sentenze richiamate, il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno; con la precisazione che nell’accertamento in fatto del requisito di abitualità possono rilevare “le presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività” oppure, in senso contrario, “la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore ad Euro 5.000,00”, senza che nessuno di tali elementi possa di per sé imporsi all’interprete come univocamente significativo.
6) – Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha valorizzato, quale indice negativo di abitualità, la sola percezione da parte dell’avvocato nell’anno in esame di un reddito inferiore al limite dei 5.000,00 Euro, così ritenendolo quale elemento automaticamente significativo e senza accertare – a monte – se l’attività fosse abituale o occasionale in base al quadro di elementi valutativi sopra indicati.
7) – La sentenza impugnata non risulta aver osservato i principi sopra evidenziati; pertanto la stessa deve essere cassata.
La causa va rinviata alla corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Genova, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022