Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1343 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22074-2020 proposto da:

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA CORETTI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 276/2020 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 25/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di L’Aquila, a conferma della sentenza del Tribunale di Pescara, ha affermato non tenuta C.M., avvocato iscritto all’Albo professionale ma non alla Cassa Forense, a versare i contributi alla gestione separata INPS per i redditi professionali prodotti nell’anno 2010, in ragione del mancato raggiungimento della soglia reddituale prevista per i lavoratori occasionali dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2; ha dichiarato, altresì, non raggiunta la prova da parte dell’Istituto, dell’abitualità nello svolgimento dell’attività libero professionale da parte dell’appellata;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo; C.M. è rimasta intimata;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps deduce “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con modificazioni nella L. n. 111 del 2011, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 8, del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con modificazioni nella L. n. 326 del 2003”; contesta la ritenuta insussistenza dell’obbligo di versamento di contribuzione alla gestione separata da parte di C.M. in ragione della presunta occasionalità dell’esercizio professionale, sì come dedotta dall’ammontare del reddito prodotto per l’anno di riferimento, compreso nella fascia di esenzione di Euro 5.000,00 contemplata dalla legge ai fini dell’imposizione contributiva;

il motivo è infondato;

si richiama il principio di diritto affermato da questa Corte (Cass. n. 4419 del 2021) secondo cui “In materia previdenziale, sussiste l’obbligo di iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, nell’ipotesi di percezione di reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale, ove il reddito superi la soglia di Euro 5.000 D.L. n. 269 del 2003, ex art. 44, comma 2, di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco (tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento), restando fermo che il requisito dell’abitualità – da apprezzarsi nella sua dimensione di scelta “ex ante” del libero professionista e non invece come conseguenza “ex post” desumibile dall’ammontare del reddito prodotto – deve essere accertato in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla predetta soglia rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione”;

la conclusione circa l’esenzione di C.M. dall’obbligo contributivo non è stata raggiunta dalla Corte territoriale sulla base del mero automatismo secondo cui, per l’anno di riferimento il reddito prodotto dalla professionista era stato di ammontare inferiore rispetto alla soglia reddituale legale, ma è conseguita dall’accertamento di merito della circostanza secondo cui l’Inps, onerato dall’offrire la prova in giudizio del carattere abituale dell’attività, non aveva operato utilmente in tal senso;

in definitiva, il ricorso va rigettato; non si provvede sulle spese nei confronti dell’intimata;

in considerazione del rigetto del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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