Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1344 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25346-2020 proposto da:

INPS, – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato LUIGI CALIULO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN;

– ricorrente –

contro

P.A.D., P.W.C., P.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2218/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Milano, a conferma della sentenza del Tribunale di Monza, ha accolto la domanda con cui P.A.D., W.C. e S., quali eredi di M.A., avevano chiesto che fosse accertato il diritto della loro dante causa ad accedere alla pensione anticipata di vecchiaia, ai sensi del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, comma 8, senza la dilazione della finestra annuale di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 1; la Corte territoriale ha motivato, richiamando propri precedenti che, mancando, nel sistema, una norma che prevede l’espressa applicazione alla pensione anticipata d’invalidità del regime delle c.d. finestre mobili, il legislatore ha inteso conservare ai soggetti particolarmente svantaggiati il regime più favorevole; ha così condannato l’Inps a versare agli appellati i ratei arretrati della pensione di vecchiaia maturati dalla madre, nel frattempo deceduta, nel periodo, riferibile alla previgente soglia anagrafica, 1 aprile – 3 settembre 2015, comprensivi della quota parte di tredicesima mensilità e degli interessi di legge;

la cassazione della sentenza è domandata dall’INPS sulla base di un unico motivo;

P.A.D., W.C. e S., quali eredi di M.A. sono rimasti intimati;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, l’INPS contesta “Violazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12 convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122”; prospetta un’interpretazione letterale della normativa in epigrafe ove, nel richiamare le pensioni di vecchiaia, e fissare, rispetto a esse, le relative “finestre” di pensionamento, la stessa non farebbe distinzione fra pensioni anticipate, mentre quanto al riferimento delle cd. finestre alle regole proprie degli “specifici ordinamenti”, sostiene che lo stesso dovrebbe ritenersi rivolto anche al regime della pensione anticipata per gli invalidi;

il motivo è fondato;

alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, le pensioni di vecchiaia anticipata per invalidità vanno incluse nel meccanismo delle finestre mobili di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 12 conv. con modif. dalla L. n. 122 del 2010 (ex plurimis, cfr. Cass. n. 29191 e n. 32591 del 2018, Cass. n. 31001 del 2019);

questa Corte ha affermato che il D.L. n. 201 del 2011, art. 24, comma 5, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, che ha eliminato la suindicata disciplina delle decorrenze a partire dal 1 gennaio 2012, non è applicabile al caso in esame, atteso che l’intervento modificativo ha riguardato esclusivamente i soggetti i cui requisiti di pensionamento sono stati ridefiniti, attraverso una dilazione dell’età pensionabile, dai successivi commi della stessa norma, i quali non menzionano i pensionati di vecchiaia anticipata per invalidità;

in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, la quale statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

in considerazione dell’accoglimento del ricorso, dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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