LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20451-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
C.S., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato CATERINA DEBORA MALAGNINO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3522/4/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELL’EMILIA ROMAGNA, depositata il 28/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO MOCCI.
RILEVATO
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Emilia-Romagna, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Bologna. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di C.S. avverso una cartella di pagamento per imposte ipotecarie e catastali, relativo all’anno 1981.
CONSIDERATO
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale l’Agenzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25,L. n. 241 del 1990, art. 3 e L. n. 212 del 2000, art. 7;
che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto la cartella di pagamento non adeguatamente motivata, pur recando la stessa un inequivocabile riferimento alla precedente sentenza sfavorevole per il contribuente (ed, in particolare, la pronunzia della Commissione tributaria centrale, costituente il titolo della pretesa fiscale);
che l’intimato ha resistito con controricorso;
che il motivo non è fondato;
che, in effetti, in tema di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso, al quale detti atti facciano riferimento, essendo sufficiente l’indicazione di circostanze univoche che consentano l’individuazione di quell’atto, al fine di tutelare il diritto di difesa del contribuente rispetto alla verifica della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti (Sez. 5, n. 1111 del 18/01/2018; Sez. 6-5, n. 25343 del 11/10/2018);
che, tuttavia, nel caso di specie, si trattava di un accertamento risalente ad oltre trent’anni e, soprattutto, essendo stato accolto parzialmente il ricorso del contribuente, occorreva procedere al ricalcolo dell’imposta, comprensiva di interessi ed eventuali sanzioni;
che, perciò, il richiamo tout court alla decisione della Commissione centrale ha finito per ledere l’esigenza del C. di controllare la legittimità della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti, pregiudicandone così il diritto di difesa (Sez. 6-5, n. 18224 del 11/07/2018); che pertanto il ricorso va respinto e la condanna alle spese segue la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del C., che liquida in Euro 2,300, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022