LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13707/2015 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
P.L. & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Torino, via B. Gallinari n. 2 bis, presso lo studio dell’avv. Luciana Imperato (Ndr: testo originale non comprensibile) che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 1381/24/14, depositata il 25 novembre 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 aprile 2021 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.
RILEVATO
CHE:
1. con sentenza n. 1381/24/14 del 17/11/2014 la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino (di seguito CTP) n. 80/14/12, che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da P.L. & C. s.n.c. (di seguito P.) avverso una cartella di pagamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2008;
1.1. come si evince dalla sentenza della CTR, la cartella di pagamento era stata emessa a seguito di controllo formale D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 54 bis per avere la società contribuente omesso il pagamento della somma di Euro 22.298,00 a titolo di IVA;
1.2. la CTR respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate evidenziando che: a) P. aveva presentato una dichiarazione IVA integrativa della quale l’Ufficio avrebbe dovuto tenere conto, ancorché inoltrata oltre il termine di decadenza; b) a seguito della dichiarazione integrativa presentata non sorgeva alcun diritto di credito, non veniva avanzata alcuna pretesa di compensazione di credito, né alcuna richiesta di rimborso, atteso che l’imposta derivante dalla dichiarazione integrativa era stata integralmente assolta; c) ne conseguiva l’illegittimità della cartella di pagamento, con contestuale assorbimento del secondo motivo di appello, concernente la documentazione probatoria offerta dal contribuente, comunque depositata;
2. avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
3. P. resisteva con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o la falsa applicazione del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, commi 8 e 8 bis, e art. 8, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la dichiarazione integrativa relativa all’anno d’imposta 2008 è stata presentata solo nel marzo 2011 e, quindi, al di là del termine di decadenza normativamente previsto (l’integrazione avrebbe dovuto essere effettuata con la dichiarazione relativa all’anno d’imposta successivo), sicché correttamente l’Ufficio non ne avrebbe tenuto conto;
2. con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la società contribuente non avrebbe comprovato l’insussistenza del credito IVA, non avendo prodotto le fatture così come dovuto, ma soltanto (e genericamente) messo a disposizione le stesse;
3. i due motivi possono essere congiuntamente esaminati in quanto tra loro connessi;
3.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, il contribuente che abbia compiuto errori e omissioni nella dichiarazione dei redditi o nella dichiarazione IVA, con conseguente danno a suo carico, ha l’onere, ove intenda procedere a compensazione del credito maturato, di emendare la dichiarazione entro il successivo periodo di imposta; la tardiva modifica della dichiarazione, in ogni caso, non preclude la richiesta di rimborso né la facoltà di opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (così Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016 e successive conformi);
3.2. l’applicazione al caso di specie del superiore principio di diritto implica che: a) l’Amministrazione finanziaria non avrebbe potuto non tenere conto della dichiarazione integrativa atteso che, come accertato dalla CTR, il contribuente non ha avanzato alcuna pretesa di compensazione del credito, con conseguente insussistenza della contestata decadenza; b) in sede contenziosa il contribuente ha legittimamente contestato il credito oggetto della cartella di pagamento, evidenziando la correttezza dei dati forniti con la dichiarazione integrativa;
3.3. ne consegue l’infondatezza dei due motivi di ricorso;
3.3.1. invero, il primo motivo è infondato perché l’Amministrazione finanziaria non ha tenuto conto della dichiarazione integrativa depositata dalla contribuente prima dell’emissione della cartella di pagamento;
3.3.2. con riferimento al secondo motivo di ricorso (a parte ogni questione di inammissibilità riconnessa alla mancata impugnazione della autonoma ratio decidendi concernente l’assorbimento del motivo), la documentazione prodotta in sede contenziosa è stata ritenuta sufficiente all’assolvimento dell’onere probatorio che la legge pone a carico di P., senza che vi sia stata alcuna violazione dei principi concernenti l’onus probandi, correttamente posto a carico della contribuente;
3.3.3. va osservato, inoltre, che la valutazione di sufficienza o insufficienza della prova offerta è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e non può essere contestata con la proposizione di una censura di violazione di legge;
4. in conclusione, il ricorso va rigettato; tenuto conto del fatto che la sentenza delle Sezioni Unite più sopra menzionata è successiva alla data di proposizione del ricorso per cassazione, sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio;
4.1. il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del medesimo art. 13, comma 1 bis non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022