Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1377 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2474/2016 R.G. proposto da:

AREA DUCALE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Gianni Piccolo, con domicilio eletto in Roma, via Vittoria Colonna, n. 27 presso l’avvocato Cassavia Laura;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 5018/34/2015 depositata il 20 novembre 2015;

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 17 settembre 2021 dal consigliere Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 5018/34/2015 depositata in data 20.11.2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 618/1/14 della Commissione tributaria provinciale di Pavia, che aveva accolto il ricorso proposto contro un avviso di accertamento IVA e II.DD. 2008 emesso nei confronti della società Area Ducale S.r.l., esercente attività di impresa edile.

2. La CTR in via preliminare riteneva, a differenza del giudice di prime cure, che nel caso di specie non fosse stato violato il contraddittorio endoprocedimentale ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 per la sussistenza di effettive ragioni di urgenza e, nel merito, che il contribuente non avesse provato le proprie allegazioni.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi, che illustra con memoria; l’Agenzia delle entrate si è difesa con controricorso.

CONSIDERATO

che:

4. Preliminarmente, va dato atto del fatto che in memoria ex art. 380 bis c.p.c. la società replica all’eccezione di inammissibilità dei motivi sollevata in controricorso dall’Agenzia, ritenendola a sua volta inammissibile perché implicante valutazioni di fatto che richiederebbero adeguata allegazione, profilo esaminabile unitamente alle singole censure.

5. Con il primo motivo di ricorso, la contribuente lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (Statuto del Contribuente), in violazione del termine di contraddittorio preventivo, dal momento che nella fattispecie il pvc è stato consegnato il 28 novembre 2013 e l’avviso di accertamento notificato il 19 dicembre 2013, prima del termine di sessanta giorni fissato dalla legge.

6. Con il secondo motivo la ricorrente deduce – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (Statuto del Contribuente), in ordine all’esigenza di motivare circa la sussistenza delle “ragioni di urgenza”, non assolta dal giudice di appello che, tra l’altro, ha fatto riferimento ad un’azione penale, la quale non sarebbe mai stata avanzata nei confronti del legale rappresentante della società.

7. Con il terzo motivo la ricorrente prospetta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 156 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, artt. 56 e 61 per aver la CTR espresso una ratio decidendi nel rigettare la questione relativa al mancato rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, di cui sarebbe impossibile comprendere l’iter logico giuridico, per l’intervenuta enunciazione del mero giudizio finale statico senza esplicitazione delle ragioni per le quali sono state disattese le ragioni della contribuente.

8. Con il quarto motivo la società deduce – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per aver la CTR apoditticamente affermato l’esistenza di circostanze fattuali legittimanti la deroga al termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

9. I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, tutti incentrati sulla ratio decidendi espressa dalla CTR nel rigettare la questione preliminare di mancato rispetto del termine dilatorio, senza neppure censurare l’ulteriore ratio decidendi secondo cui in sede di appello non vi sarebbero nemmeno state contestazioni sul merito delle pretese, e sono inammissibili.

Innanzitutto, in presenza pacifica di un accesso mirato diretto all’acquisizione di documentazione presso gli uffici della contribuente, occorso il 28 novembre 2013, deve in linea di principio essere salvaguardato il termine dilatorio dell’art. 12, comma 7 Statuto, per tutte le riprese, sia per le II.DD. che per l’IVA. Infatti, “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto” (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n. 24823). Inoltre, va ribadito che: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “non armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456 – 01).

10. Inoltre, benché l’accesso si sia protratto per un tempo limitato e sia stato diretto alla mera acquisizione di documentazione, l’art. 12, comma 7 dello Statuto trova comunque applicazione, perché la Corte ha già chiarito, anche di recente, che “Il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 1497 del 23/01/2020, Rv. 656674 – 01).

11. Correttamente dunque il giudice d’appello ha esaminato la sussistenza o meno delle ragioni giustificative della compressione del termine dilatorio, avvenuta attraverso la notifica dell’avviso di accertamento in data 19.12.2012, ossia i presupposti per l’urgenza non differibile e, tra questi, ha individuato “la presenza di fatture false, al punto da poter essere denunciate presso la competente Procura della Repubblica” (cfr. p.7 sentenza impugnata), nel contesto di riprese che coinvolgono la contribuente per più anni di imposta a partire dal 2006, tra cui quello per cui è causa (2008), come si legge nella sentenza impugnata.

E’ vero che in ricorso la contribuente afferma – in particolare nel secondo motivo – che nessuna denuncia sarebbe pervenuta alla Procura di Vigevano nei confronti della contribuente, e che nell’avviso di accertamento impugnato non si farebbe riferimento a false fatturazioni – cfr. il quarto motivo -, ma le mere allegazioni indimostrate non sono idonee a superare l’accertamento in fatto compiuto dal giudice d’appello.

La prospettazione della società è del tutto sprovvista di evidenza probatoria, non riferendo neppure della produzione in giudizio di una attestazione a supporto della competente Procura della Repubblica, né riproducendo il contenuto dell’atto impositivo, adempimenti idonei a supportare la prospettazione, facilmente realizzabili e non compiuti dalla parte onerata della prova al fine di superare l’accertamento in fatto contrario del giudice d’appello.

12. Al proposito si rammenta la giurisprudenza della Corte secondo cui tra le ragioni di urgenza che giustificano l’emissione dell’avviso di accertamento prima dello spirare del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, rientra la commissione, da parte del contribuente, di reiterate violazioni delle leggi tributarie aventi rilevanza penale avvero la partecipazione dello stesso ad una frode fiscale. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17211 del 02/07/2018, Rv. 649378 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14287 del 24/06/2014, Rv. 631526 – 01) e la decisione della CTR è aderente a tale insegnamento costante.

13. Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato per inammissibilità dei motivi e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 7.800,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.

Si dà atto del fatto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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