Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.1387 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21368/2020 proposto da:

E.O., rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio Defilippi, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 28/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/10/2021 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Bologna del 28 giugno 2020. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente E.O., proveniente dalla Nigeria, potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi ed è accompagnato da memoria illustrativa. Il Ministero dell’interno ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo, richiamando l’art. 360 c.p.c., n. 5, denuncia l’erronea valutazione delle circostanze relative al contesto sociale e religioso in cui viveva il ricorrente. Questi deduce, con particolare riguardo alla circostanza per cui i membri della setta degli ***** lo avrebbero ritenuto responsabile di un ingiustificato rifiuto di entrare a far parte della medesima onde ricoprire il ruolo avuto in precedenza dal padre, che “non sembra ricorrano motivi in virtù dei quali ritenere non credibili le dichiarazioni” dallo stesso istante rese in sede di audizione personale. Assume inoltre il ricorrente che il giudice di prima istanza “avrebbe dovuto soffermarsi sulla situazione di generalizzato conflitto armato e di indiscriminata violenza nella regione del Delta State”, da cui egli proviene.

Il secondo mezzo denuncia la nullità del decreto impugnato per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo il Tribunale mancato “di delineare l’iter logico e la ratio decidendi posta a fondamento della propria decisione”. Vi si sostiene che il giudice felisneo abbia “errato laddove, lungi dal motivare in maniera accurata ed esaustiva le ragioni che hanno indotto a rigettare il ricorso proposto dal sig. E.O., ha pedissequamente ripercorso l’iter logico precedentemente seguito dalla Commissione territoriale di Bologna”.

2. – Si intende prescindere dal tema della validità della procura alla lite, su cui si è recentemente pronunciata Cass. Sez. U. 1 giugno 2021, n. 15177: tema investito dalla la questione di legittimità costituzionale sollevata da Cass. 23 giugno 2021, n. 17970 che, con specifico riguardo alla compatibilità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, con la Carta fondamentale, ha espresso un convincimento opposto a quello fatto proprio dalle stesse Sezioni Unite.

Esistono infatti ragioni per escludere il fondamento del proposto ricorso, che quindi può essere fin d’ora respinto, senza attendere la pubblicazione della decisione cui è stata chiamata la Corte costituzionale.

Il primo motivo è inammissibile.

La censura non è riconducibile ad alcuno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c.. Essa trascura comunque di considerare l’ampia motivazione del Tribunale con cui è stato spiegato che il racconto del richiedente risultava essere estremamente generico, contraddittorio, illogico e contrastante con le COI del paese di origine (pagg. 9 ss. del decreto). Mette conto di ricordare, d’altronde, che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; cfr. pure Cass. 2 luglio 2020, n. 13578).

Simili considerazioni devono svolgersi con riguardo alla doglianza incentrata sulla ritenuta ricorrenza della situazione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c): infatti, la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064) e, sul versante motivazionale, il Tribunale ha ben spiegato le ragioni per le quali l’area geografica di provenienza dell’istante (Edo State) non vi sia interessata.

Il secondo mezzo è infondato.

Come è noto, nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, risultante dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, è mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). Il provvedimento impugnato non evidenzia alcuna di tali radicali carenze.

3. – Il ricorso è respinto.

4.- Non si impone alcuna statuizione in punto di spese.

P.Q.M.

La Corte;

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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