Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.1390 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30199/2020 per regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio dal:

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DI ANCONA, con ordinanza n. 651/2020 depositata il 10/11/2020 nella causa tra:

A.M.W.;

– ricorrente non costituito in questa fase –

contro

QUESTURA DI ANCONA, MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistenti non costituiti in questa fase –

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/07/2021 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, il quale chiede che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in accoglimento del proposto regolamento d’ufficio voglia affermare la giurisdizione del Giudice ordinario.

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso in riassunzione innanzi al Tribunale amministrativo regionale delle Marche – a seguito dell’ordinanza del 18 febbraio 2020, RG n. 5084 del 2019, pronunciata dal Tribunale ordinario di Ancona, che ha dichiarato il suo difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo, trattandosi di domanda avverso il silenzio inadempimento della Pubblica Amministrazione – A.M.W., cittadino pakistano, chiedeva, nei confronti della Questura di Ancona e del Ministero dell’Interno, non costituiti in giudizio, che venisse dichiarata l’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione, la quale non aveva provveduto al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari nonostante il decorso di oltre 18 mesi dalla presentazione dell’istanza, senza fornire alcuna ragione del ritardo né chiedere alcuna integrazione documentale, e che venisse dichiarato l’obbligo della Questura di concludere il procedimento di rilascio del permesso entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione di deposito della sentenza. In particolare, il ricorrente deduceva la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 9, che prevedeva che il permesso di soggiorno venisse rilasciato, rinnovato o convertito entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, sussistenti i requisiti e le condizioni di cui al testo unico.

Il TAR – Marche, con ordinanza n. 651 del 2020, ha sollevato conflitto di giurisdizione, rimettendone la decisione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, per avere la posizione giuridica sottostante consistenza di diritto soggettivo. Nel caso di specie, il rimedio esperibile non sarebbe il rito avverso il silenzio inadempimento della pubblica amministrazione, non invocabile rispetto a qualsiasi inerzia comportamentale bensì soltanto rispetto al mancato esercizio di potestà pubblicistiche, quanto piuttosto un’azione di accertamento del diritto soggettivo al rinnovo del permesso in presenza dei presupposti di legge e di condanna al rilascio, proponibile innanzi al giudice ordinario.

Sono state acquisite le conclusioni scritte del Procuratore Generale, il quale ha concluso nel senso della giurisdizione del Giudice ordinario, mentre le parti non hanno spiegato difese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La tesi del giudice remittente è fondata.

Le controversie aventi ad oggetto una domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall’art. 2 Cost., e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e non può essere degradato ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere affidato solo l’accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato esclusivamente al legislatore (così Cass., Sez. Un., 9 settembre 2009 n. 19393; Cass., Sez. Un., 16 settembre 2010 n. 19577).

E’ chiaro, dunque, che la posizione giuridica soggettiva azionata in giudizio dal A.M.W., che chiede il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha la consistenza di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

La circostanza che il ricorrente abbia chiesto l’accertamento del silenzio inadempimento della P.A. con condanna della Questura al rilascio del provvedimento di rinnovo, e non anche il riconoscimento del diritto sottostante, non incide sulla giurisdizione, valendo a radicare quest’ultima non la prospettazione contenuta nella domanda, ma la causa petendi, ossia la posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio.

Si osserva, peraltro, che l’azione avverso il silenzio di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010, artt. 31 e 117 (cod. proc. amm.), volta a chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere, presuppone, oltre alla sussistenza del detto obbligo in capo alla P.A. e al decorso dei termini di conclusione del procedimento, la configurabilità della giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla pretesa sottostante, che nel caso di specie difetta proprio in considerazione della consistenza di diritto soggettivo.

Ancora, nel senso della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, depongono Cass. Sez. Un. 30658 del 2018, sia pure con riferimento ad un caso di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari (“Appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario i giudizi aventi ad oggetto il diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari deciso dal questore, ancorché a seguito di istanza direttamente rivoltagli dal richiedente e senza che la commissione territoriale abbia espresso il parere, la cui mancanza non influisce sul riparto di giurisdizione in quanto il diritto alla protezione umanitaria ha, al pari del diritto allo “status” di rifugiato e al diritto costituzionale di asilo, consistenza di diritto soggettivo, da annoverare tra i diritti umani fondamentali, come tali dotati di un grado di tutela assoluta e non degradabili ad interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, al quale può essere rimesso solo l’accertamento dei presupposti di fatto che legittimano la protezione, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica”), e Cass. Sez. Un. 5059 del 2017 (“Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sull’impugnazione del provvedimento del questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari, richiesto del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, all’esito del rigetto, da parte della Commissione territoriale competente, della domanda di riconoscimento dello “status” di rifugiato, in quanto, nel quadro delineato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, di attuazione della Direttiva 2005/85/CE, le Commissioni territoriali sono espressamente tenute, quando non accolgano la domanda di protezione internazionale, a valutare, per i provvedimenti di cui all’art. 5, comma 6, cit., le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, mentre al questore non è più attribuita alcuna discrezionalità valutativa in ordine all’adozione dei provvedimenti riguardanti i permessi umanitari; ciò in coerenza con il rilievo che la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali garantiti dall’art. 2 Cost. e art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e, pertanto, non degradabile ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo, cui può demandarsi solo l’accertamento dei presupposti di fatto legittimanti la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, essendo il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate riservato al legislatore”).

Ne’ può essere condiviso l’orientamento ormai risalente di Cass. Sez. Un. 11725 del 2002, che ha ritenuto sussistere, in un’ipotesi di rinnovo del permesso di soggiorno, la giurisdizione del giudice amministrativo trattandosi di un provvedimento discrezionale e non vincolato, una volta acclarata la consistenza di diritto soggettivo della posizione dedotta, la quale non muta in ragione del tipo di provvedimento né della natura dell’attività.

Nella fattispecie in esame va, dunque, sulla base delle superiori considerazioni, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, per cui va cassata la pronunzia declinatoria del Tribunale di Ancona.

Nessuna pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità in mancanza di difese da parte degli interessati.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul conflitto, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la pronunzia declinatoria del Tribunale di Ancona, avanti al quale rimette la causa, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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