Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1400 del 18/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Gabriella – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36769-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato CARLA D’ALOISIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

S.F., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE LABBATE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1084/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 24/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA DE FELICE.

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Bari, a conferma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha rigettato il ricorso dell’Inps diretto a sentir dichiarare dovuti i contributi alla gestione separata da parte di S.F., avvocato iscritto all’albo ma non alla Cassa forense, per i redditi libero professionali prodotti negli anni 2009 e 2010;

la Corte territoriale ha desunto la natura occasionale dell’attività dall’entità del reddito prodotto, inferiore alla soglia di Euro 5.000,00, fissata dal D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo;

S.F. ha depositato controricorso, illustrato da memoria depositata in prossimità dell’Adunanza camerale;

e’ stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps deduce “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, commi 1 e 2, conv. con modificazioni nella L. n. 111 del 2011, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 8, del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con modificazioni nella L. n. 326/2003”; contesta la ritenuta insussistenza dell’obbligo di versamento di contribuzione alla gestione separata in capo a S.F. in ragione della presunta occasionalità dell’esercizio professionale, sì come dedotta esclusivamente dall’ammontare del reddito prodotto per l’anno di riferimento, compreso nella fascia di esenzione di Euro 5.000,00 contemplata dalla legge ai fini dell’imposizione contributiva; riferisce che il professionista è titolare di partita IVA;

il motivo merita accoglimento;

al caso in esame si attaglia il principio di diritto, affermato da questa Corte (Cass. n. 4419 del 2021), secondo cui “In materia previdenziale, sussiste l’obbligo di iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, nell’ipotesi di percezione di reddito derivante dall’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale, ove il reddito superi la soglia di Euro 5.000 D.L. n. 269 del 2003, ex art. 44, comma 2, di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco (tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento), restando fermo che il requisito dell’abitualità – da apprezzarsi nella sua dimensione di scelta “ex ante” del libero professionista e non invece come conseguenza “ex post” desumibile dall’ammontare del reddito prodotto – deve essere accertato in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad es., dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, potendo la percezione di un reddito annuo di importo inferiore alla predetta soglia rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere in concreto la sussistenza del requisito in questione”;

la Corte territoriale non ha dichiarato l’esenzione dall’obbligo contributivo in base all’accertamento in fatto delle modalità di esercizio della professione, sì come ricavabili dal contesto in cui l’attività stessa trovava svolgimento, ma ha attuato un mero automatismo, avendo affermato che la produzione di un reddito di ammontare inferiore rispetto alla soglia legale di esenzione contributiva possa essere sufficiente al fine di ritenere provata l’occasionalità dell’esercizio dell’attività libero professionale;

in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, la quale deciderà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità;

in considerazione dell’esito del giudizio, deve darsi atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione, la quale deciderà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 16 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472