Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1408 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9821/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

D.R.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Sposato, domiciliato presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria, n. 1576/1/2015 depositata il 22 ottobre 2015, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 17 settembre 2021 dal consigliere Pierpaolo Gori.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 1576/1/2015 depositata il 22 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Calabria ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 119/6/2013 della Commissione tributaria provinciale di Cosenza, che aveva riunito e accolto i ricorsi di D.R.G., contro due avvisi di accertamento per IVA e II.DD. 2004 e 2005 e relativa cartella di pagamento per iscrizione provvisoria in pendenza di giudizio.

2. La CTR ha individuato la causa di detta pronuncia in rito nella spedizione tardiva del gravame da parte dell’Agenzia, non essendo stata tempestivamente depositata la copia della ricevuta di spedizione della raccomandata contenente l’atto di appello necessaria tanto per la verifica del termine di decadenza per la proposizione del ricorso, quanto della tempestiva costituzione in giudizio del ricorrente.

Il giudice d’appello inoltre escludeva anche che il mancato deposito entro il termine di 30 giorni dalla spedizione a mezzo posta del ricorso in appello della ricevuta della spedizione per raccomandata, potesse essere sanato ex post con la successiva produzione all’udienza di trattazione del documento mancante.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, affidato ad un unico motivo. Il contribuente si è difeso con controricorso, che illustra con memoria.

CONSIDERATO

che:

4. Con un unico motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’Agenzia fiscale ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, art. 22, comma 1, poiché la CTR ha dichiarato l’inammissibilità del suo appello a causa dell’omesso deposito della ricevuta di spedizione postale del gravame.

5. La censura è infondata. Va ribadito che “Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datarlo. Solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza)” (Cass. Sez. Un., 29 maggio 2017 n. 13452).

6. La sentenza impugnata non si pone in contrasto con il principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale, in quanto non emerge dagli atti la certezza della data di spedizione dalla consultazione dell’avviso di ricevimento allegato al ricorso, sulla base di uno dei due standards probatori indicati dalle SU di questa Corte nella citata pronuncia, ossia la stampigliatura meccanografica o il timbro datario postale. L’unico timbro apposto al documento, successivo al perfezionamento della notifica in data *****, attesta la restituzione della ricevuta, ma non la spedizione. Inoltre, la data di perfezionamento della notifica, del *****, si pone oltre la scadenza del termine per impugnare la decisione di primo grado, scaduto il *****.

7. Resta da ultimo assorbito il profilo della tempestività del deposito della prova della notifica, perché non vi è prova che questa sia stata tempestiva.

8. Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato per inammissibilità dei motivi e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto del fatto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per rimborso spese borsuali, Iva e Cpa.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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