LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
D.A., cittadino del ***** nato il *****, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di cassazione rappresentato e difeso dell’Avv. Luigi Natale, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
nei confronti di:
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto n. 3007/2018 del Tribunale di Ancona emesso il 28 febbraio 2018 e depositato il 7 marzo 2018 nel procedimento n. R.G.
6965/2017;
sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore cons.
Roberto Amatore.
RILEVATO
che:
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, D.A., cittadino del *****, proveniente da ***** e nato il *****, ha adito il Tribunale di Ancona impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
2. Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente riferiva di aver lasciato il suo Paese nel 2012 per ragioni politiche e socio-economiche, a seguito in particolare del conflitto tra l’esercito e i ribelli a *****, nel corso del quale veniva picchiato e ferito alle braccia.
3. Il Tribunale ha ritenuto credibile il racconto narrato dal ricorrente, ma che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di nessuna forma di protezione internazionale, difettandone le condizioni per l’accoglimento. Il Tribunale ha, invece, riconosciuto la protezione umanitaria, alla luce delle condizioni di insicurezza del Paese di origine.
4. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione D.A., svolgendo tre motivi.
5. L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è costituita.
6. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata del giorno 29 ottobre 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1-bis”; “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2, 7, 8 e 11, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 2”; “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3”.
1. Nel primo motivo si contesta la valutazione di credibilità del Tribunale, per non essersi attivato il primo giudice, nell’ambito del dovere di cooperazione istruttoria, al fine di raccogliere maggiori informazioni sulla situazione del paese.
2. Con il secondo motivo si censura il mancato riconoscimento dello status di rifugiato, rischiando il ricorrente in caso di rimpatrio di subire violenza fisica e psichica, in un contesto in cui i soggetti statuali non sono in grado di fornire adeguata protezione.
3.Nel terzo motivo si censura il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, non avendo il Tribunale acquisito le necessarie informazioni sulla situazione del Paese, reperibili sui siti del Ministero degli Esteri e di Amnesty International, in base alle quali si era pronunciata una vasta giurisprudenza di merito favorevole. Alla luce di queste considerazioni, si lamenta, infine, l’esame non adeguato delle condizioni del Paese di origine, contestando il fondamento logico-giuridico della motivazione; si ritiene, infatti, che le circostanze considerate sufficienti per il riconoscimento della protezione umanitaria, costituiscano il presupposto per il riconoscimento della protezione sussidiaria.
3.1 Il ricorso è manifestamente fondato.
Occorre procedere all’esame del terzo motivo di ricorso, in ossequio al principio della ragione più liquida (cfr. Cass. n. 23531 del 18/11/2016), motivo il cui accoglimento rende superfluo l’esame dei restanti motivi.
Il terzo motivo è infatti manifestamente fondato.
Occorre subito evidenziare che il Tribunale, da un lato, riconosce l’esistenza di un’instabilità nel Paese, di insicurezza diffusa specialmente nel nord e nel centro e di “conflitti locali” anche nell’area di provenienza del ricorrente, ***** (citando quali fonti il Ministero degli Esteri, il report EASO del 2017 e Human Rights Watch), ma, dall’altro lato, non accoglie la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza spiegarne le ragioni, ma limitandosi ad affermare che “il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 (…) deve essere interpretato in conformità alla fonte principale e in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (pag. 4 del decreto) e ritenendo pertanto non integrata la fattispecie della protezione sussidiaria ma solo quella fondante la domanda di protezione umanitaria.
Detto altrimenti, pur riconoscendo il Tribunale una situazione di insicurezza diffusa nella zona di provenienza del ricorrente, non spiega per quali ragioni ritenga che non si sia in presenza di quel “grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso (…) che raggiunga un livello così elevato per cui sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia” (così, CGUE sentenza della Corte – Grande Sezione del 17 febbraio 2009, Meki Elgafaji e Noor Elgafaji contro Staatssecretaris van Justitie).
Anche la giurisprudenza di questa Corte ha recentemente fissato il principio secondo cui “in tema di protezione internazionale, il conflitto armato interno, tale da comportare minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ricorre in situazione in cui le forze armate governative di uno Stato si scontrano con uno o più gruppi armati antagonisti, o nella quale due o più gruppi armati si contendono tra loro il controllo militare di un dato territorio, purché detto conflitto ascenda ad un grado di violenza indiscriminata talmente intenso ed imperversante da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile rinviato nella regione di provenienza – tenuto conto dell’impiego di metodi e tattiche di combattimento che incrementano il rischio per i civili, o direttamente mirano ai civili, della diffusione, tra le parti in conflitto, di tali metodi o tattiche, della generalizzazione o, invece, localizzazione del combattimento, del numero di civili uccisi, feriti, sfollati a causa del combattimento – correrebbe individualmente, per la sua sola presenza su quel territorio, la minaccia contemplata dalla norma” (Cass. nn. 5675 e 5676, pubblicate il 2 marzo 2021).
Tale motivazione si pone pertanto in contrasto con l’indice normativo sopra ricordato e di cui si lamenta la violazione, non essendo comprensibile la ragione per la quale, pur riconoscendo la sussistenza di un conflitto armato generalizzato anche nella zona di provenienza del richiedente, secondo il paradigma applicativo richiesto dalla giurisprudenza Eurounitaria e nazionale sopra richiamate, non intenda fornire la conseguente tutela protettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.
Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato per una nuova lettura delle doglianze prospettate dal ricorrente alla luce dei principi sopra ricordati e qui riaffermati.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il primo e secondo motivo; cassa il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022