LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al n. 14747/2015 proposto da:
Equitalia Nord s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Maurizio Cimetti e Sante Ricci elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma via della Quattro Fontane n. 151;
– Ricorrente –
Contro
C.A.;
– intimata –
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 882/2015 depositata il 10.03.2015;
Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella camera di consiglio dell’8 giugno 2021.
RILEVATO
che:
Ricorre Equitalia Nord s.p.a. per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 882/2015, depositata il 10/03/2015. La vicenda tra e origine da due iscrizioni ipotecarie notificate a C.A., afferenti a crediti d’imposta relativi a tre cartelle di pagamento, correlate a due avvisi di accertamento, per maggiori imposte per gli anni 2002 e 2004, impugnati in un precedente giudizio. Tale giudizio, promosso da C.A. e R.G., si era concluso con la sentenza della CTR Lombardia n. 170/46/12 di annullamento dei due citati atti impositivi dopo che la decisione della CTP aveva, invece, rigettato la domanda dei contribuenti. Giova evidenziare che la citata sentenza la sentenza 170/46/12 di annullamento dei due avvisi di accertamento, era stata impugnata dalla società Equitalia Nord ed ancora pendente alla data della sentenza CTR Lombardia n. 882/2015, oggi in esame.
Il giudizio di legittimità è stato poi definito con l’ordinanza della Corte n. 12922 del 2019, che ha cassato la sentenza 170/46/12, per violazione, nella fase d’appello, del litisconsorzio necessario nei confronti di tutti i soci della società “F.lli R. s.a.s. di R. M.V. & C.”, nel frattempo cessata.
Il giudizio d’appello era stato perciò annullato, con rinvio alla CTR per il rinnovo di tale fase, previa integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti.
L’attuale intimata, C.A., era una dei soci della predetta società. La stessa aveva opposto le due iscrizioni ipotecarie e la CTP di Milano aveva accolto il suo ricorso disponendo la cancellazione delle ipoteche. La società Equitalia Nord s.p.a. aveva proposto appello che la CTR della Lombardia aveva rigettato con la sentenza n. 882/2015, qui impugnata.
La società pone a base del suo ricorso tre motivi.
Non ha resistito C.A..
CONSIDERATO
che:
Giova preliminarmente rilevare che la notifica del presente ricorso alla intimata C.A. è da ritenersi rituale. Dall’avviso di ricevimento in atti risulta che la relativa raccomandata è stata notificata dall’agente postale al domicilio eletto dalla parte in Milano via Piave n. 17, in data 3 giugno 2015, nelle mani del portiere dello stabile, in temporanea assenza della destinataria e di persone abilitate. Risulta spedita la comunicazione Con il primo motivo, la ricorrente società lamenta violazione degli artt. 295 e 337 c.p.c. per non aver sospeso il giudizio poi concluso con la sentenza n. 882/2015, qui impugnata, malgrado fosse pendente innanzi alla Corte di cassazione il giudizio relativo agli avvisi di accertamento propedeutici alle cartelle di pagamento, per le quali l’Agente della riscossione aveva proceduto alle iscrizioni ipotecarie in esame. La CTR, atteso il carattere pregiudiziale di detto giudizio, era in presenza di un caso in cui avrebbe dovuto disporre la sospensione necessaria, invece disattesa.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68 in quanto il giudice regionale aveva ritenuto che a seguito della sentenza della CTR Lombardia n. 170/46/12 il credito erariale era estinto ed era quindi venuto meno il titolo per la iscrizione a ruolo del credito d’imposta. Con il terzo motivo si duole della violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 e art. 2884 c.c. per aver ritenuto la CTR che con il deposito della sentenza n. 177/46/12 che aveva annullato gli avvisi di accertamenti, le cartelle di pagamento conseguenti erano divenute inefficaci a seguito dell’annullamento degli atti presupposti.
Ciò premesso ed esaminando previamente il secondo e il terzo motivo di ricorso, si osserva – quanto al primo – che la sentenza n. 170/46/12, che aveva annullato gli avvisi di accertamenti relativi alla cessata società di persone, della quale la ricorrente era stata socia, era stata impugnata dall’Ufficio ed era stata annullata, come già ricordato, da questa Corte con ordinanza n. 12922/19, perché quel giudizio d’appello non era avvenuto nei confronti di tutti i soci, invece partecipanti al primo giudizio.
La violazione del litisconsorzio necessario aveva determinato, come si legge nell’ordinanza, “la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso”.
Pertanto, restava integra la sentenza di primo grado, che aveva respinto il ricorso dei contribuenti, tal che, in attesa che il giudizio d’appello fosse replicato previa integrazione del contraddittorio, l’unica decisione in essere confermava gli avvisi di accertamento e la pretesa tributaria in essi trasfusi. Pertanto, l’affermazione del giudice regionale secondo cui il credito erariale era da ritenersi estinto, deve considerarsi basata su di un presupposto venuto meno ed incoerente con lo sviluppo che la vicenda processuale aveva subito. In tal senso infondata.
Quanto al terzo motivo, non è condivisibile la tesi del giudice regionale di ritenere che, per effetto della sentenza 170/46/12, sarebbe venuto meno l’interesse dell’Agente della riscossione al mantenimento della garanzia sui beni del contribuente. Ed, infatti, l’annullamento di detta sentenza, per effetto della richiamata ordinanza di legittimità, ha, anche sotto tale profilo, eliminato il presupposto sul quale la decisione era basata. L’Agente della Riscossione conserva, quindi, l’interesse all’adozione della misura cautelare dal momento che gli avvisi di accertamento relativi alla pretesa erariale sono stati oggetto, come detto, del giudizio di primo grado, che ne aveva confermato la legittimità, rigettando il ricorso dei contribuenti. Nessuna sentenza di merito risulta abbia dichiarato l’infondatezza della pretesa, tal che l’Agente della Riscossione ha titolo ad agire al fine di evitare il rischio di dispersione della garanzia patrimoniale del contribuente e così preservare la possibilità di dare utile esecuzione per il recupero del credito d’imposta.
Alla stregua di quanto innanzi esposto, il primo motivo può ritenersi assorbito. Il ricorso va, quindi, accolto per la fondatezza del secondo e del terzo motivo, assorbito il primo. La sentenza va cassata, con rinvio del giudizio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame oltre che per la definizione sulle spese.
PQM
Accoglie il secondo e il terzo motivo, assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame e per la definizione sulle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022