Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.142 del 05/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14648/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D. Srl in liquidazione in concordato preventivo, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Logozzo, con domicilio eletto presso l’Avv. Giuseppe Maria Cipolla in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 134, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1160/15/15, depositata in data 25 marzo 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio della pubblica udienza del 9 novembre 2021 dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Viste le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Cardino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società D. Srl avviso di accertamento per l’anno 2008 ai fini Iva, Ires ed Irap, con cui rideterminava il reddito d’impresa, recuperava le somme dovute, disconosceva la detrazione Iva sugli acquisti per l’omessa registrazione delle fatture ed irrogava le conseguenti sanzioni.

L’Ufficio rilevava, in particolare, che la società aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi e dell’Iva per l’anno in questione ed aveva provveduto alla annotazione delle fatture solo in un prospetto contabile interno, omettendone la registrazione sui registri.

Il ricorso della contribuente era parzialmente accolto dalla CTP di Milano, che riduceva la maggiore imposta pretesa dall’Ufficio.

La sentenza era riformata dal giudice d’appello che dichiarava la cessazione della materia del contendere quanto all’Ires e all’Irap, e per le relative sanzioni, per lo sgravio disposto dall’Ufficio atteso il pagamento delle somme dovute da parte della contribuente, ed annullava l’avviso con riguardo all’Iva, riconoscendo il diritto di detrazione dell’imposta.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con un motivo, cui resiste con controricorso la contribuente, poi illustrato con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 25, nonché della Dir. n. 77/388/CEE, art. 21, n. 1, lett. b), e art. 22, n. 2, lett. a), per aver la CTR riconosciuto la detrazione Iva per gli acquisti operati nonostante l’omessa registrazione delle fatture sul registro acquisti, dovendosi considerare tale violazione di rilievo sostanziale e non meramente formale.

2. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

3. Invero, il principio di neutralità dell’Iva esige che la detrazione dell’Iva a monte sia accordata “se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti” (Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2008, nei procedimenti riuniti C-95/07 e C-96/07, Ecotrade, punto 63; v. anche sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland), ossia che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’Iva attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 11 dicembre 2014, in C-590/13, Idexx Laboratoires Italia, punto 43) Anche di recente, poi, la Corte di Giustizia è tornata a ribadire che, “qualora i requisiti sostanziali siano soddisfatti… esistono due sole fattispecie nelle quali l’inosservanza di un requisito formale può comportare la perdita del diritto all’esenzione dall’Iva”, ossia “se tale violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali” e se il “soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale” (Corte di Giustizia, sentenza 17 ottobre 2019, in C-653/18, Unitel sp. Z o.o.).

Le affermazioni della Corte di Giustizia sono state fatte proprie da questa Corte che, ripetutamente, ha precisato che, per il principio di neutralità dell’Iva, la detrazione dell’imposta a monte va accordata, nonostante l’inadempimento di taluni obblighi formali, se sono soddisfatti tutti gli obblighi sostanziali, di cui le violazioni formali non impediscano la prova certa (v. Cass. n. 7576 del 15/04/2015; da ultimo, in tema di acquisti intracomunitari, Cass. n. 16367 del 30/07/2020).

3.1. La vicenda in giudizio, invero, appare sovrapponibile, in larga misura, a quella esaminata dalla Corte di Giustizia con la sentenza 28 luglio 2016, in C-332/15, Giuseppe Astone – relativa ad un soggetto che, omessa la presentazione della dichiarazione Iva, era stato altresì inosservante dell’obbligo di registrazione delle fatture -, con cui è stata chiarita l’incidenza dell’inosservanza degli obblighi formali ai fini del riconoscimento o meno del diritto di detrazione dell’Iva.

La Corte, dopo aver ricordato che “secondo una giurisprudenza costante, il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dal soggetto passivo”, salva l’ipotesi in cui “l’inosservanza di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali” (par. 44 e 46), ha precisato che “i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, come quelli previsti nella Dir. IVA, titolo X, capo 1, intitolato “Origine e portata del diritto a detrazione”, mentre i requisiti formali del suddetto diritto disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, come nel caso degli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione”, la cui inosservanza può sì essere sanzionata ma non può rimettere in discussione il diritto alla detrazione (par. 47-49.).

La Corte, tuttavia, ha anche evidenziato che un ulteriore limite al riconoscimento del diritto di detrazione in caso di violazioni formali discende dall’aver la parte deliberatamente omesso l’effettuazione degli obblighi formali in vista di un intento fraudolento e di evasione in quanto “l’omessa presentazione della dichiarazione IVA, così come la mancata tenuta di una contabilità, che permetterebbero l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, nonché l’omessa registrazione delle fatture emesse e pagate, sono idonee ad impedire l’esatta riscossione dell’imposta e sono dunque atte a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare simili violazioni alla stregua di un’evasione fiscale e di negare, in tal caso, il beneficio del diritto a detrazione” (par. 56).

Da ciò, dunque, il principio secondo il quale “La Dir. n. 2006/112, artt. 168, 178, 179, 193, 206, 242, 244, 250, 252 e 273, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale permetta all’amministrazione finanziaria di negare a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, nel caso in cui sia accertato che tale soggetto ha violato in maniera fraudolenta -circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare – la maggior parte degli obblighi formali che esso era tenuto ad assolvere per poter beneficiare del suddetto diritto”.

3.2. L’inosservanza degli obblighi formali può, pertanto, determinare la perdita del diritto di detrazione dell’Iva quando: 1) la violazione ha l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali; 2) l’inosservanza degli obblighi formali sia finalizzata ad una evasione dell’imposta.

3.3. Orbene, nella specie, la CTR ha accertato il rispetto dei requisiti sostanziali; ha escluso, anche alla luce della ricostruzione già operata dalla Guardia di finanza, che l’inosservanza dei requisiti formali avesse pregiudicato la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali; ha, infine, sia pure implicitamente, escluso che vi fosse un intento evasivo o di frode, circostanza che, in ogni caso, in alcun modo è stata allegata dalla stessa Agenzia delle entrate.

In relazione a tale profilo, dunque, va esclusa la necessità di un nuovo rinvio alla Corte di Giustizia, come chiesto in controricorso.

3.4. E’ necessario sottolineare, peraltro, che il riconoscimento della spettanza del diritto di detrazione non comporta l’ineludibile annullamento delle sanzioni irrogate per le violazioni commesse.

E’ la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia, su richiamata, infatti, che ha cura di distinguere i due profili, evidenziando che in simili evenienze l’inosservanza “degli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione”, può essere sanzionata anche se non può rimettere in discussione il diritto alla detrazione (v. da ultimo Corte di Giustizia, C-332/15, Giuseppe Astone, par. 47-49).

Ne’ si può ritenere che la violazione sia meramente formale, potendosi riconoscere tale qualificazione solo ove non influisca sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, né arrechi pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, mentre, nella vicenda in giudizio, è incontroverso che era stata omessa la stessa presentazione della dichiarazione dei redditi e dell’Iva per l’anno in questione e che le fatture erano state annotate solo in un prospetto contabile interno, omettendone la registrazione sui registri, sì da incidere, in evidenza, quantomeno sull’esercizio delle attività di controllo.

Va dato atto, sul punto, che la distinzione tra le diverse situazioni, già oggetto di reiterati interventi di questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 16450 del 10/06/2021; Cass. n. 28938 del 17/12/2020), deve ritenersi ancorata alle seguenti caratteristiche:

– le violazioni sono sostanziali se incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento;

– le violazioni sono formali se pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta o sul versamento;

– le violazioni sono meramente formali se non influiscono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, né arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo.

Si è poi precisato, ai fini della concreta distinzione tra diverse ipotesi, che tra violazioni formali e violazioni meramente formali la valutazione “deve essere eseguita alla stregua dell’idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento” (Cass. n. 28938/2020 cit.) e, dunque, deve essere operato un giudizio in astratto che pone in relazione il bene giuridico tutelato e la fattispecie giuridica alla quale va ricondotta la specifica trasgressione.

Viceversa, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali “e’ necessario accertare in concreto se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo” (Cass. n. 16450/2021 cit.).

Su tale aspetto, invece, la CTR si è limitata – con un evidente salto logico non rispettoso dei principi sopra illustrati – a derivare dalla sussistenza del diritto di detrazione, per la ricorrenza dei presupposti sostanziali a suo fondamento, l’annullamento integrale dell’avviso, ivi comprese le sanzioni, e ciò pur a fronte del rilievo, operato dalla stessa CTR, di “violazioni formali commesse dal contribuente”.

4. Occorre, infine, prendere in esame il diverso profilo, pure oggetto di interventi della Corte di Giustizia, per il quale la perdita del diritto di detrazione non deriva dagli omessi od irregolari adempimenti formali ma è conseguenza dell’inutile decorso del termine biennale concesso al contribuente per l’esercizio del diritto di detrazione.

4.1. La questione è suscettibile di disamina dovendosi ribadire il principio secondo cui, in materia tributaria, la decadenza, quando prevista in favore dell’Amministrazione finanziaria, attenendo a situazione non disponibile, può anche essere rilevata d’ufficio, purché emerga dagli elementi comunque acquisiti agli atti del giudizio e non vi sia giudicato interno (v., tra le varie, Cass. n. 5862 del 08/03/2013; Cass. n. 1230 del 22/01/2015; Cass. n. 14767 del 15/07/2015; Cass. n. 22399 del 26/09/2017).

4.2. La questione, inoltre, è rilevante, emergendo dalla sentenza che si discute di Iva relativa all’anno d’imposta 2008, cui risale, quindi, il relativo momento impositivo.

Il diritto di detrazione sorge nel momento in cui l’imposta a monte diviene esigibile e l’esigibilità si avvera quando l’operazione a monte si considera effettuata a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6: coincide, quindi, col momento impositivo di questa.

Il diritto di detrazione va, peraltro, esercitato entro la cornice di un periodo fiscale, ossia, secondo quanto stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, “…a/ più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto…”.

La Corte di Giustizia, già con la sentenza 8 maggio 2008, in C-95 e C-96, Ecotrade, ha stabilito, sia pure in fattispecie di autoliquidazione dell’imposta, la validità e la compatibilità con la Direttiva di un termine di decadenza stabilito dalla legislazione nazionale per l’esercizio del diritto di detrazione, affermando che “un termine di decadenza biennale, quale quello di cui trattasi nelle cause principali, non può, di per se stesso, rendere l’esercizio del diritto a detrazione praticamente impossibile o eccessivamente difficile, posto che la sesta Dir., art. 18, n. 2, consente agli Stati membri di esigere che il soggetto passivo eserciti il proprio diritto a detrazione nello stesso periodo in cui tale diritto è sorto” (par. 48).

Infatti, in base alla sesta Direttiva, art. 18, n. 2, ed alla costante giurisprudenza comunitaria, il diritto a detrazione va esercitato, in linea di principio, immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte, cioè nello stesso periodo in cui è insorto, ma gli Stati membri, in base allo stesso art. 18, n. 3, possono autorizzare il soggetto passivo ad operare la detrazione anche successivamente, alle condizioni fissate dalle normative nazionali, come, per l’Italia, nel termine di decadenza biennale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, citato art. 19 (sentenza citata, punti 40, 41, 42, 43, 46).

4.3. La sentenza della Corte di giustizia Idexx, poi, ha distinto chiaramente le due fasi, quella d’insorgenza e quella di esercizio del diritto (distinzione, invero, già desumibile nella sentenza Ecotrade, al par. 69).

Il diritto alla detrazione sorge infatti, nel momento in cui diviene dovuta l’imposta da detrarre. Tuttavia, in tane momento, non si verifica l’automatica estinzione del debito d’imposta ma la nascita del diritto del cessionario ad estinguere il debito esercitando il diritto alla detrazione, il quale è condizionato al fatto che sia effettivamente esercitato.

Se, dunque, la violazione degli obblighi formali di contabilità e di dichiarazione non impedisce l’insorgenza del diritto di detrazione, del quale sussistano i requisiti sostanziali, ugualmente essa può incidere sull’esercizio del diritto e, in ispecie, quando l’omissione cd. formale si traduca in mancato esercizio del diritto di detrazione entro il tempo assegnato dal legislatore nazionale a pena di decadenza.

4.4. Tutti questi principi sono stati da ultimo nuovamente ribaditi con la sentenza 28 luglio 2016, in C-332/15, Giuseppe Astone, cit., per la quale “la possibilità di esercitare il diritto a detrazione senza alcuna limitazione temporale contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione”, principi che non trovano ostacolo nell’esser o meno applicabile il meccanismo di autoliquidazione “in quanto le disposizioni della Direttiva IVA richiamate ai punti 31 e 32 della presente sentenza” – ossia l’art. 167, art. 179, comma 1, artt. 181 e 182 – “non prevedono, per quanto riguarda il termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione che potrebbe essere fissato dagli Stati membri in ossequio a tali disposizioni, che occorra fare una distinzione tra le ipotesi in cui il meccanismo di autoliquidazione è applicabile e quelle in cui tale meccanismo non lo e'” (par. 35).

Da ciò, dunque, l’affermazione per cui “un termine di decadenza, la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, che abbia omesso di richiedere la detrazione dell’IVA pagata a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato incompatibile con il regime instaurato dalla Direttiva IVA”, purché siano rispettati il principio di equivalenza e quello di effettività (par. 34), fermo restando, ha precisato la Corte, che non si è mai dubitato dell’osservanza del principio di equivalenza, mentre quello di effettività è rispettato dalla previsione del termine biennale di esercizio del diritto di detrazione stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 (par. 37 e 38).

4.5. Nella vicenda in giudizio, il diritto, sorto nel 2008, doveva essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno 2010.

Nella vicenda in esame ciò non risulta avvenuto atteso che, omessa la dichiarazione per l’anno in questione, gli atti in giudizio menzionano, prima dell’avviso di accertamento, risalente al settembre 2012, solo l’avvenuta consegna della contabilità e delle fatture a seguito di richiesta con questionario del gennaio 2012, risultando fatto valere il diritto di detrazione solo nel corso del processo.

5. Ne consegue, allora, che il diritto di detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti è senz’altro insorto in testa alla società contribuente, ma non risulta, per quanto emerge in atti, che sia stato tempestivamente esercitato.

Si tratta di verifica, quindi, che dovrà essere operata dal giudice del rinvio, che si atterrà ai principi sopra esposti.

6. In accoglimento del ricorso nei termini di cui in motivazione, dunque, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per l’ulteriore esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472