LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8709-2018 proposto da:
L.F., domiciliato presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE FERRARA;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 7556/45/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 14/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 19/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO.
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 14 settembre 2017 la Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da L.F. contro l’avviso di accertamento con il quale, a seguito di verifica fiscale e conseguente processo verbale di constatazione, veniva determinato un maggiore reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2010. Osserva la CTR che l’accertamento della Guardia di Finanza era diretto nei confronti della “ditta individuale L.F.” e che il L. aveva avviato una attività di fatto di ristorazione prima di assumere la veste di amministratore unico della società denominata “Catering Dafne Gusto e Tradizioni srl”; non sussisteva il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, il quale era fondato su una chiara ricostruzione della posizione fiscale del L., che nell’anno 2010 era titolare di una ditta individuale di commercio al dettaglio di orologi, gioielleria e argenteria, svolgendo tuttavia anche l’attività di ristorazione non conosciuta al fisco, in totale evasione d’imposta. Da ciò era scaturita la necessità delle indagini finanziarie nei confronti del contribuente al fine di ricostruire in maniera puntuale l’entità della redditività d’impresa svolta di fatto relativa all’attività di ristorazione.
Avverso la suddetta sentenza il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato mero atto di costituzione.
Con ordinanza n. 16475/2019 questa Corte, considerato che il contribuente aveva depositato istanza con la quale manifestava l’intenzione di avvalersi della definizione agevolata della controversia D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, disponeva il rinvio della causa a nuovo ruolo.
Sulla proposta del relatore risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
CONSIDERATO
che:
Preliminarmente va rilevato che il contribuente ha depositato istanza con la quale manifestava l’intenzione di avvalersi della definizione agevolata della controversia D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136. Con ordinanza n. 16475/2019 questa Corte disponeva il rinvio della causa a nuovo ruolo.
Il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136 dispone: “Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020”.
Orbene, il contribuente, dopo aver proposto l’istanza con la quale manifestava l’intenzione di avvalersi della definizione agevolata della controversia, non ha provveduto a depositare copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, di modo che non si è verificato l’effetto della sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020, previsto dal menzionato D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136. Conseguentemente, non trova applicazione, nella specie, l’art. 6 cit., il comma 13, il quale prevede l’estinzione del processo in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata.
Con il primo motivo – denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, – si deduce la carenza della motivazione dell’avviso di accertamento impugnato essendovi una evidente confusione e commistione tra la posizione individuale del contribuente (titolare della ditta individuale esercente l’attività di commercio al dettaglio di orologi, gioielleria e argenteria) e l’attività di ristorazione svolta dalla società “Catering Dafne Gusto e Tradizioni srl” di cui il ricorrente era amministratore.
Il motivo è infondato.
Va, al riguardo, osservato che, come correttamente evidenziato dalla CTR, l’accertamento trae fondamento nel rilievo che l’odierno ricorrente, pur essendo titolare della ditta individuale esercente l’attività di commercio al dettaglio di orologi, gioielleria e argenteria, svolgeva di fatto anche l’attività di ristorazione, non conosciuta dall’Amministrazione finanziaria, prima di assumere la veste di amministratore unico dalla “Catering Dafne Gusto e Tradizioni srl”.
La motivazione dell’avviso di accertamento si palesa dunque idonea a consentire l’esercizio effettivo del diritto di difesa del contribuente, posto che, in tema di accertamento tributario, il requisito motivazionale, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando poi affidate al giudizio d’impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass. n. 5645 del 2020).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e art. 118 disp. att. c.p.c.. Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata è affetta da motivazione meramente apparente in quanto essa si risolve nella apodittica e tautologica affermazione che l’accertamento della Guardia di Finanza era diretto nei confronti della “ditta individuale L.F.”.
Il motivo è infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U., n. 22232/2016; conf. Cass. n. 13977 del 2019); “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., Sez. U., n. 8053/2014).
La motivazione della sentenza impugnata non rientra nelle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti giurisprudenziali e pertanto, non concretizzando un chiaro esempio di “motivazione apparente” ossia del tutto mancante, si pone sicuramente al di sopra del “minimo costituzionale”. La CTR, invero, con accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che dalle risultanze della verifica fiscale recepite nell’avviso di accertamento emergeva che il contribuente aveva avviato un’attività “di fatto” di ristorazione prima di assumere la veste di amministratore unico della società denominata “Catering Dafne Gusto e Tradizioni srl”.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, avendo l’Agenzia delle entrate depositato mero atto di costituzione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022