LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7123/2017 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
D. Srl in liquidazione in concordato preventivo, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Logozzo, con domicilio eletto presso l’Avv. Giuseppe Maria Cipolla in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 134, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 4721/30/16, depositata in data 16 settembre 2016.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio della pubblica udienza del 9 novembre 2021 dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.
Viste le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Cardino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso limitatamente alle sanzioni.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società D. Srl avviso di accertamento per l’anno 2009 ai fini Iva con cui disconosceva la detrazione Iva sugli acquisti per l’omessa registrazione delle fatture, relative sia ad operazioni esenti che ad operazioni imponibili, ed irrogava le conseguenti sanzioni.
Il ricorso della contribuente era parzialmente accolto dalla CTP di Milano, che riduceva l’entità delle sanzioni irrogate.
La sentenza era riformata dal giudice d’appello che annullava l’avviso, riconoscendo il diritto di detrazione dell’Iva.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste con controricorso la contribuente, poi illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 25, nonché della Dir. n. 77/388/CEE, art. 21 n. 1, lett. b), e art. 22, n. 2, lett. a), per aver la CTR riconosciuto la detrazione Iva per gli acquisti operati nonostante l’omessa registrazione delle fatture sul registro acquisti, dovendosi considerare tale violazione di rilievo sostanziale e non meramente formale.
1.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatto decisivo in relazione alla registrazione delle fatture su un programma contabile realizzato dalla società anziché nei registri regolamentari.
2. Il primo motivo è fondato nei limiti che seguono, restando assorbito il secondo.
3. Occorre distinguere il profilo relativo al diritto di detrazione dell’Iva da quello, correlato, sanzionatorio per le violazioni.
4. Quanto al primo aspetto, infatti, il principio di neutralità dell’Iva esige che la detrazione dell’Iva a monte sia accordata “se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti” (Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2008, nei procedimenti riuniti C-95/07 e C-96/07, Ecotrade, punto 63; v. anche sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland), ossia che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’Iva attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 11 dicembre 2014, in C-590/13, Idexx Laboratoires Italia, punto 43).
Anche di recente, poi, la Corte di Giustizia è tornata a ribadire che, “qualora i requisiti sostanziali siano soddisfatti… esistono due sole fattispecie nelle quali l’inosservanza di un requisito formale può comportare la perdita del diritto all’esenzione dalava”, ossia “se tale violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali” e se il “soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale” (Corte di Giustizia, sentenza 17 ottobre 2019, in C-653/18, Unite’ sp. z o.o.).
Le affermazioni della Corte di Giustizia sono state fatte proprie da questa Corte che, ripetutamente, ha precisato che, per il principio di neutralità dell’Iva, la detrazione dell’imposta a monte va accordata, nonostante l’inadempimento di taluni obblighi formali, se sono soddisfatti tutti gli obblighi sostanziali, di cui le violazioni formali non impediscano la prova certa (v. Cass. n. 7576 del 15/04/2015; da ultimo, in tema di acquisti intracomunitari, Cass. n. 16367 del 30/07/2020).
4.1. La vicenda in giudizio, invero, appare sovrapponibile, in larga misura, a quella esaminata dalla Corte di Giustizia con la sentenza 28 luglio 2016, in C-332/15, Giuseppe Astone, che riguardava il caso di soggetto che, non presentata la dichiarazione Iva, era stato altresì inosservante dell’obbligo di registrazione delle fatture, con la quale è stata chiarita l’incidenza dell’inosservanza degli obblighi formali ai fini del riconoscimento o meno del diritto di detrazione dell’Iva.
La Corte, dopo aver ricordato che “secondo una giurisprudenza costante, il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dal soggetto passivo”, salva l’ipotesi in cui “l’inosservanza di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali” (par. 44 e 46), ha precisato che “i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, come quelli previsti nella Dir. IVA, titolo X, capo 1, intitolato “Origine e portata del diritto a detrazione”, mentre i requisiti formali del suddetto diritto disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, come nel caso degli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione”, la cui inosservanza può sì essere sanzionata ma non può rimettere in discussione il diritto alla detrazione (par. 47-49.).
La Corte, tuttavia, ha anche evidenziato che un ulteriore limite al riconoscimento del diritto di detrazione in caso di violazioni formali discende dall’aver la parte deliberatamente omesso l’effettuazione degli obblighi formali in vista di un intento fraudolento e di evasione in quanto “l’omessa presentazione della dichiarazione IVA, così come la mancata tenuta di una contabilità, che permetterebbero l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, nonché l’omessa registrazione delle fatture emesse e pagate, sono idonee ad impedire l’esatta riscossione dell’imposta e sono dunque atte a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA. Pertanto, il diritto dell’Unione non impedisce agli Stati membri di considerare simili violazioni alla stregua di un’evasione fiscale e di negare, in tal caso, il beneficio del diritto a detrazione” (par. 56).
Da ciò, dunque, il principio secondo il quale “La Dir. n. 2006/112, artt. 168, 178, 179, 193, 206, 242, 244, 250, 252 e 273, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale permetta all’amministrazione finanziaria di negare a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, nel caso in cui sia accertato che tale soggetto ha violato in maniera fraudolenta -circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare – la maggior parte degli obblighi formali che esso era tenuto ad assolvere per poter beneficiare del suddetto diritto”.
4.2. L’inosservanza degli obblighi formali può, pertanto, determinare la perdita del diritto di detrazione dell’Iva quando: 1) la violazione ha l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali; 2) l’inosservanza degli obblighi formali sia finalizzata ad una evasione dell’imposta.
4.3. Orbene, nella specie, la CTR ha accertato il rispetto dei requisiti sostanziali; ha escluso, anche alla luce della ricostruzione già operata dalla Guardia di finanza, che l’inosservanza dei requisiti formali avesse pregiudicato la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali; ha, infine, sia pure implicitamente, escluso che vi fosse un intento evasivo o di frode, circostanza che, in ogni caso, in alcun modo è stata allegata dalla stessa Agenzia delle entrate.
La sentenza, dunque, ha fatto, in parte qua, corretta applicazione dei principi sopra esposti, restando altresì esclusa la necessità di un nuovo rinvio alla Corte di Giustizia, come chiesto in controricorso.
4.4. Giova precisare, infine, che nel presente giudizio non si pone un profilo di eventuale tardivo esercizio del diritto di detrazione.
E’ incontroverso – e risulta dalla stessa sentenza – che la società aveva presentato regolarmente la dichiarazione Iva per l’anno 2009, da cui la tempestività dell’esercizio del diritto di detrazione ancorché a fronte dell’omessa registrazione delle fatture.
5. Il motivo e’, invece, fondato quanto alle sanzioni irrogate.
5.1. E’ la stessa Corte di Giustizia prima richiamata, infatti, che distingue i due profili poiché evidenzia che l’inosservanza “degli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione”, può essere sanzionata anche se non può rimettere in discussione il diritto alla detrazione (Corte di Giustizia, C-332/15, Giuseppe Astone, par. 4749).
Ne’ si può ritenere che la violazione sia meramente formale, potendosi riconoscere tale qualificazione solo ove non influisca sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, né arrechi pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, mentre, nella vicenda in giudizio, è incontroverso che era stata omessa la registrazione delle fatture, per operazioni esenti ed imponibili, sì da incidere quantomeno sull’esercizio delle attività di controllo e determinare l’impossibilità, secondo una valutazione ex ante, per l’Amministrazione finanziaria di verificare il rispetto degli obblighi di legge.
5.2. Va dato atto, sul punto, che la distinzione tra le diverse situazioni, già oggetto di reiterati interventi di questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 16450 del 10/06/2021; Cass. n. 28938 del 17/12/2020), deve ritenersi ancorata alle seguenti caratteristiche:
– le violazioni sono sostanziali se incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento;
– le violazioni sono formali se pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta o sul versamento;
– le violazioni sono meramente formali se non influiscono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, né arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo.
Si è poi precisato, ai fini della concreta distinzione tra diverse ipotesi, che tra violazioni formali e violazioni meramente formali la valutazione “deve essere eseguita alla stregua dell’idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento” (Cass. n. 28938/2020 cit.) e, dunque, deve essere operato un giudizio in astratto che pone in relazione il bene giuridico tutelato e la fattispecie giuridica alla quale va ricondotta la specifica trasgressione.
Viceversa, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali “e’ necessario accertare in concreto se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo” (Cass. n. 16450/2021 cit.).
5.3. E’ opportuno precisare, alla luce delle conclusioni rese dal Procuratore generale, che non sussiste una distonia o contrasto tra la L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, e il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis.
Come già sottolineato da questa Corte, infatti, seppure la prima definizione di violazione formale risalga alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, che l’ha qualificata come “… mera violazione formale senza alcun debito d’imposta”, proprio la portata eccessivamente ampia della norma, capace d’includere nel proprio ambito anche violazioni idonee ad ostacolare o addirittura ad impedire l’esercizio delle attività di controllo del fisco, ha indotto il legislatore a precisarne la portata, profittando dello stesso statuto dei diritti del contribuente, art. 16, che gli consentiva di emanare disposizioni correttive, operazione compiuta con il D.Lgs. n. 32 del 2001 (che, nel secondo periodo della premessa, richiama esplicitamente l’art. 16 cit.) (v. Cass. n. 14767 del 15/07/2015 in motivazione).
Il citato D.Lgs. n. 32, art. 7, comma 1, lett. a), ha, quindi, precisato e circoscritto la portata della norma dello statuto del contribuente là dove, introducendo il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, ha stabilito che l’esclusione della punibilità sia limitata alle violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio dell’attività di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.
Ne deriva, dunque, l’unicità e l’univocità della disciplina per la individuazione delle violazioni meramente formali in quelle carenti di entrambi i requisiti (lesione alle azioni di controllo; non influenza sulla determinazione dell’imponibile).
5.4. Orbene, su tali profili la CTR si è limitata – con un evidente salto logico non rispettoso dei principi sopra illustrati – a derivare dalla sussistenza del diritto di detrazione, per la ricorrenza dei presupposti sostanziali a suo fondamento, l’annullamento integrale dell’avviso, ivi comprese le sanzioni, senza neppure distinguere tra le diverse violazioni contestate, né esaminare, alla luce dei principi sopra esposti, se e per quali di esse la violazione fosse tale da pregiudicare l’esercizio delle azioni di controllo ancorché, per il riconosciuto diritto di detrazione, non incidenti sulla base imponibile.
6. In accoglimento del ricorso nei termini di cui in motivazione, dunque, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per l’ulteriore esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022