Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1431 del 18/01/2022

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4159-2020 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE, 34, presso lo studio dell’avvocato JUAN CARLOS GENTILE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO FALDELLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1195/4/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 17/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.

Ritenuto che:

L’Agenzia delle Entrate notificava a M.C. avviso di accertamento, emesso per maggior Irpef dovuta, in relazione all’anno di imposta 2000, a seguito di rettifica del reddito imponibile dichiarato per effetto della cessione a titolo oneroso di un terreno, per la quota del 50%, ritenuto dall’Ufficio edificabile e quindi rientrante nei presupposti di applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81 (ora art. 67).

La contribuente impugnava il ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che lo accoglieva.

Proposto appello dall’Ufficio, la Commissione tributaria regionale lo respingeva, motivando che, trattandosi di terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, condizione che emergeva dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di ***** in data 20.9.05, la fattispecie non rientrava nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. b), e pertanto non era configurabile una plusvalenza tassabile.

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, con un unico motivo per la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che il giudice di appello non ha fornito una corretta interpretazione del concetto di utilizzazione edificatoria di un terreno nel caso di realizzazione di un impianto di distribuzione.

Con sentenza n. 16561/2018 la Corte accoglieva il ricorso rilevando che “in tema di imposte sui redditi, ai fini dell’applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b), l’edificabilità dell’area trasferita va desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, come si ricava dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, (con riferimento all’I.C.I.), e dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, (contenente una definizione di area edificabile in materia di I.V.A., di imposta di registro, di imposte sui redditi e di I.C.I.) che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 2, comma 1, lett. b),” (Cass., ord. n. 4116 del 20/2/2014; Cass. 24691 del 20/11/2014; Cass. n. 15282 del 10/6/2008; n. 2270 del 4/2/2016).

Va, inoltre, ribadito che “l’inclusione dell’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, incide nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore potenzialità edificatoria, senza escluderne l’oggettivo carattere edificabile, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione, sicché la relativa cessione a titolo oneroso è idonea a determinare l’insorgenza di una plusvalenza imponibile D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 81, (ora art. 67), comma 1, lett. b), (Cass. n. 14503 del 15/7/2016).

Osservava pertanto che la C.T.R., pur risultando dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di *****, ritrascritto nel ricorso, che il terreno ricadeva, secondo quanto previsto dal Piano Regolatore generale, in “*****”, destinata a servizi di interesse pubblico e, quindi, in zona suscettibile di utilizzazione edificatoria, non si è uniformata ai principi di diritto sopra richiamati.

Cassava dunque la sentenza con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione, per nuovo esame anche sulle questioni ritenute assorbite.

La contribuente riassumeva la causa nel contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate.

Con sentenza n. 1195/2019 la CTR dell’Emilia Romagna riconosceva l’idoneità della cessione a produrre plusvalenze per effetto della collocazione in Piano Regolatore generale quale area edificabile.

Avverso tale pronuncia M.C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui non replica l’Agenzia delle Entrate.

Considerato che:

Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la mancata esposizione delle ragioni di fatto e diritto su cui la CTR ha fondato la sua ratio decidendi. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si sostiene che le aree destinate ad impianti di distribuzione di carburanti non hanno nulla a che vedere con le altre aree disciplinate dall’art. 81, lett. a e b, tanto più che le strade non dispongono di una propria edificabilità.

Si precisa in particolare che l’impianto di distribuzione di carburante non costituisce un edificio bensì un impianto industriale i cui elementi essenziali sono le colonnine di erogazione del carburante e le cisterne interrate per lo stoccaggio del carburante, elementi che al termine dell’utilizzo devono essere rimossi ed eventualmente riutilizzate tanto più che l’area deve essere bonificata con l’aggravio dei costi.

Si evidenzia pertanto che i vincoli in questione precludono al privato tutte quelle trasformazioni del proprio terreno riconducibili alla nozione di tecnica di edificazione e non consentono di attribuire allo stesso la qualità di area edifica bile.

Il primo motivo è infondato.

E’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale requisito minimo non risulta soddisfatto, invero, soltanto quando ricorrano quelle stesse ipotesi che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e che determinano la nullità della sentenza (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile), mentre al di fuori di esse residua soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che è stato oggetto di discussione e che sia “decisivo”, non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti al rilevante probatorio ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi.

Consegue che, se per un verso deve ritenersi oramai esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, è pur vero che, per altro verso, il provvedimento il cui apparato argomentativo si colloca al di sotto della predetta soglia “minima costituzionale” è censurabile per omessa osservanza dell’obbligo di motivazione affermato dall’art. 111 Cost., comma 6, e dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, concretando tale omissione una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (v. Sez. 3, Sentenza n. 7402 del 23/03/2017, Rv. 643692).

Ora nel caso di specie la sentenza della CTR non rientra nel paradigma dell’anomalia motivazionale rivenendosi in essa adeguatamente esposte le ragioni per le quali ha ritenuto l’idoneità della cessione posta in essere dalla contribuente a produrre una plusvalenza per effetto della collocazione del Piano regolatore generale come bene edificabile e ciò in perfetta aderenza al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione.

Il secondo motivo è parimenti infondato. Occorre preliminarmente ricordare che in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di Cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, per cui il giudice di rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione (Cass. n. 20981 del 16/10/2015; n. 17353 del 23/7/2010).

Ciò posto nel caso in esame questa Corte aveva rilevato che “in tema di imposte sui redditi, ai fini dell’applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b), l’edificabilità dell’area trasferita va desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi.

Ed inoltre “l’inclusione dell’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, incide nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore potenzialità edificatoria, senza escluderne l’oggettivo carattere edificabile, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione, sicché la relativa cessione a titolo oneroso è idonea a determinare l’insorgenza di una plusvalenza imponibile D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 81, (ora art. 67), comma 1, lett. b), sottolineando che nella specie il certificato urbanistico attestava che il terreno ricadeva, secondo quanto previsto dal Piano Regolatore generale, in “*****”, destinata a servizi di interesse pubblico e, quindi, in zona suscettibile di utilizzazione edificatoria.

E’ pertanto di tutta evidenza che la CTR, alla luce dei sopra enunciati principi, non poteva non riconoscere, una volta verificata, sulla scorta della destinazione dell’area compravenduta, l’inclusione dell’area in una zona suscettibile di utilizzazione economica, l’idoneità della cessione a produrre una plusvalenza.

In questo quadro non vi è spazio per le considerazioni sviluppate nel motivo in ordine ai pretesi vincoli alla trasformazione dell’area cui si fa riferimento nel secondo profilo di censura.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Nessuna determinazione in punto spese stante la mancata costituzione dell’Amministrazione finanziaria, rimasta intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472