Al di là della regolarità delle scritture contabili, l'accertamento analitico-induttivo del reddito d'impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), è legittimo qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell'antieconomicità del comportamento del contribuente.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12819-2020 proposto da:
GALLERIA PRESTIGE SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MATTEO CICERO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO PROVINCIALE DI ***** TERRITORIO, (C.F. *****), in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2659/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il 27/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.
FATTO E DIRITTO
Considerato che:
L’Agenzia delle Entrate con l’avviso di accertamento notificato in data 26.9.2008 alla società Galleria Prestige s.a.s. recuperava a tassazione per l’anno di imposta 2005 maggiori ricavi determinati applicando una percentuale di ricarico ai costi del venduto maggiore rispetto alla percentuale dichiarata dalla società in quanto l’analisi della contabilità aveva fatto emergere una serie di incongruenze gestionali,quali l’anomalo indice di rotazione del magazzino, il basso reddito imponibile dichiarato a fronte delle elevatissime spese sostenute con conseguente antieconomicità dell’attività esercitata.
L’atto impositivo veniva impugnato avanti la CTP di Messina che, con sentenza n. 400/2010 accoglieva il ricorso annullando l’avviso di accertamento.
Avverso tale decisione l’Ufficio proponeva appello avanti la CTR della Sicilia, sez. distaccata di Messina, che con sentenza n. 2659/2019 accoglieva il gravame.
Il giudice di appello rilevava che l’accertamento, diversamente da quello ritenuto dalla CTP, non era fondato sugli Studi di settore, e che l’Ufficio alla luce delle incongruenze emerse e specificate nell’atto impositivo aveva recuperato a tassazione una percentuale di ricarico al costo del venduto maggiore di quella dichiarata dalla società contribuente.
Osservava pertanto che l’accertamento del reddito effettuato dall’Amministrazione finanziaria sulla base del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), consente di desumere l’esistenza di ricavi non dichiarati anche sulla base di presunzioni semplici e che appariva logica e congruente una percentuale di ricarico pari al 120% in assenza di adeguata giustificazione del contribuente.
Avverso tale sentenza la società Galleria Prestige s.a.s. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Con il primo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR riconosciuto logica e congruente la percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio senza che fosse specificato il criterio di determinazione della stessa.
Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere il giudice di appello minimamente affrontato la questione che la percentuale di ricarico era stata disattesa dalle risultanze dello Studio di settore TM06A prodotto dalla contribuente.
Il primo motivo è fondato con l’assorbimento del secondo.
Giova ricordare che al di là della regolarità delle scritture contabili, l’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), è legittimo qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell’antieconomicità del comportamento del contribuente (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza,18/05/2012, n. 7871, Rv. 622907-01; Sez. 5, Sentenza, 03/11/2016, n. 22176, Rv. 641642-01), Il ricorso al metodo analitico-induttivo, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), è legittimo sulla base di elementi che consentano di accertare in via presuntiva, maggiori ricavi, che possono essere determinati calcolando la media aritmetica o quella ponderata dei ricarichi sulle vendite (cfr. sul punto, fra le più recenti, Sez. 5, Ordinanza n. 8923 del 11/04/2018, Rv. 647709-01; Sez. 5, Ordinanza n. 26552 del 30/10/2018, Rv. 650956-01; Sez. 5, Ordinanza n. 32129 del 12/12/2018, Rv. 651784-01); 2021 nr 9718.
Quanto alla metodologia d’indagine e quindi ai criteri legittimanti l’accertamento sulle percentuali di ricarico della merce venduta, è stato chiarito che il ricorso alla media aritmetica semplice è consentito quando risulti l’omogeneità della merce, dovendosi invece fare ricorso alla media ponderale quando, tra i vari tipi di merce, esiste una notevole differenza di valore e gli articoli più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio (cfr., Sez. 5, Sentenza 21/11/2019, n. 30363).
Sulla media ponderale, è stato evidenziato che l’accertamento analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale, operata attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico medio ponderato, si effettua: a) applicando detta percentuale sul costo del venduto quale accertato nei confronti dell’impresa; b) sommando l’importo così ottenuto (margine di guadagno) al predetto costo del venduto accertato; c) detraendo dall’importo così ottenuto (ricavi accertati) i ricavi dichiarati dall’impresa o comunque accertati sulla base della sua contabilità (così, Sez. 5, Ordinanza n. 19123 del 02/08/2017, Rv. 645288-01).
Il riscontro d’incongrue percentuali di ricarico sulla merce venduta costituisce sia in tema d’imposte dirette (v. Sez. 5, Sentenza n. 7871 del 18/05/2012, Rv. 62290801; Sez. 3, Sentenza n. 7268 del 11/05/2012, Rv. 622423-01), sia in tema di IVA (v. Sez. 5, Sentenza n. 26177 del 06/12/2011, Rv. 620761-01;) legittimo presupposto dell’accertamento (analitico) induttivo, purché la determinazione della percentuale di ricarico sia coerente con la natura e le caratteristiche dei beni venduti, sicché, qualora il contribuente, in sede di giudizio, contesti il criterio di determinazione della percentuale di ricarico, il giudice di merito è tenuto a verificare la scelta dell’Amministrazione in relazione alle critiche proposte, alla luce dei canoni di coerenza logica e di congruità, tenuto conto della natura, omogenea o disomogenea, dei beni-merce nonché della rilevanza dei campioni selezionati, e la loro rispondenza al criterio di media (aritmetica o ponderale) prescelto (così, Sez. 6-5, Ordinanza n. 26589 del 22/10/2018, Rv. 651110-01; 736/2021).
A tali principi non si è attenuta la CTR giacché a fronte delle puntuali contestazioni sollevate dalla società contribuente in ordine alla percentuale di ricarico indicata dall’Agenzia delle Entrate in misura forfettaria senza indicazione del criterio di determinazione della stessa (cfr. pag. 4 e 5 della comparsa di costituzione in appello allegato come documento 7 al ricorso in cassazione) ha ritenuto logica e congruente la misura del ricarico pari al 120%.
Il ricorso va pertanto accolto e la decisione impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Sicilia per un nuovo esame in relazione al profilo accolto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia, sezione distaccata di Messina in diversa composizione anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022