Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1438 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22681-2020 proposto da:

C.B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G. PORRO, 8, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALCITELLI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****) in persona Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6487/17/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 21/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

C.B.A. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. ***** della CTR del Lazio che aveva respinto il gravame nei riguardi della decisione della CTP di Roma.

Il Giudice di appello, confermando la decisione di primo grado, riteneva corretta la rettifica del classamento operata dall’Agenzia delle Entrate con riferimento alle caratteristiche dell’immobile situato in una zona di pregio e considerava sufficientemente motivata la pronuncia della CTP con riguardo alla legittima variazione Docfa e alla comparazione con gli immobili posti nelle vicinanze.

Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza in violazione degli art. 111 Cost., degli artt. 88,112,115,116 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 416c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c., degli artt. 1,21 e 32, dell’art. 36, comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 54 e 61, per non avere la CTR esplicitato le ragioni di fatto e di diritto su cui ha fondato il suo convincimento.

Con il secondo motivo si deduce la violazione della L. n. 212, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, del D.M. n. 701 del 1994, art. 1, per avere la CTR ritenuto legittimo l’atto impugnato malgrado in esso non fossero state esposte i motivi che giustificavano la rettifica della categoria, della classe e della conseguente rendita catastale.

Si sostiene che il richiamo nel corpo dell’atto ad un precedente accertamento eseguito sulla medesima unità immobiliare ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, mai notificata all’odierna ricorrente non poteva dirsi idonea a soddisfare il requisito motivazionale.

Il primo motivo è infondato.

E’ ormai noto come le Sezioni Unite (sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione”.

I Giudici di seconde cure ha ritenuto corretta l’accertamento della categoria Al classe 4 in sostituzione della categoria Al classe 2 in quanto il fabbricato localizzato nella microzona *****, quartiere eleganti che si caratterizza per la presenza di numerosi sedi istituzionali e di rappresentanza diplomatica ed ha considerato sufficientemente motivata la sentenza impugnata anche in relazione alle prove documentali con particolare riferimento alla legittima variazione Docfa e alla comparazione con gli immobili vicini.

Ha poi aggiunto che la contribuente non aveva fornito prova documentale atta a “sconfessare” la piena attendibilità della rettifica in questione.

Si tratta, all’evidenza, di una motivazione che, sia pur sintetica, non risulta né apparente, né apodittica od incomprensibile, ma tale a rendere percepibile il ragionamento seguito dalla CTR per la formazione del proprio convincimento circa la correttezza del procedimento che aveva portato l’ufficio nel quadro della procedura Docfa a rettificare il classamento.

Il secondo motivo è parimenti infondato.

Questa Sezione ha ribadito che, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga come nella specie a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 31809 del 07/12/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 12777 del 23/05/2018; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12389 del 21/05/2018).

In particolare, l’attribuzione della rendita catastale mediante procedura cd. DOCFA si distingue dal riclassamento operato su iniziativa dell’ufficio ai sensi della L. n. 211 del 2004, art. 1, comma 335: nel primo caso, trattandosi di procedura collaborativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; nel secondo caso, invece, dovendosi incidere su valutazioni già verificate in termini di congruità al fine di mutare il classamento precedentemente attribuito, la motivazione è più approfondita, in quanto volta ad evidenziare gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione (Sez. 5, Ordinanza n. 30166 del 20/11/2019).

Ciò posto è pacifico che nel caso di specie il procedimento ha preso le mosse nell’ambito di una procedura DOCFA con la quale la contribuente si è limitata alla semplice denuncia di redistribuzione degli spazi interni sicché la rettifica d’ufficio non ha investito il classamento originario che era divenuto definitivo per mancata impugnativa dell’originario accertamento effettuato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, a nulla rilevando la mancata notifica dello stesso all’avente causa.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 510,00 oltre le spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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