LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 32905/2019 proposto da:
F.A., rappresentato e difeso dall’avv.to MAURIZIO SOTTILE, elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, Piazza Cavour;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA n. 4383/2019, depositata il 30/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/07/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. F.A., proveniente da Pakistan ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Bologna che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto era rimasto coinvolto in un incidente stradale fra una macchina sulla quale viaggiava ed una moto che veniva investita ed i cui guidatori venivano, a seguito di una rissa, colpiti dai suoi compagni di viaggio con un’arma da fuoco: ha aggiunto che era stato arrestato perché nella confusione era stato ritenuto anche lui responsabile della sparatoria ma, avendo fatto i nomi dei veri colpevoli, temeva che fossero erano pronti ad ucciderlo in caso di rimpatrio.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14, nonché artt. 8, 27, 2 e 3 CEDU oltre al difetto di motivazione, travisamento dei fatti ed omesso esame di fatti decisivi.
1.1. Critica la decisione di inattendibilità del racconto assumendo che il fatto raccontato era lineare e privo di contraddizioni e che il principio di prova postulato dalle norme richiamate per una positiva valutazione di credibilità era stato fornito, mentre il Tribunale aveva omesso di rispettare il paradigma interpretativo di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e di valutare i fatti decisivi idonei a configurare un danno grave derivante da violenza indiscriminata.
1.2. Il motivo è inammissibile.
1.3. Premesso, infatti, che la valutazione del Tribunale osserva pienamente i criteri fissati dalla norma teste’ richiamata per la valutazione di credibilità del racconto essendosi diffusa ad illustrare tutte le contraddizioni rilevate (cfr. pagg. 5, 6 e 7 del decreto impugnato), si osserva che – assente anche l’indicazione del fatto storico (principale o secondario) di cui sarebbe stato omesso l’esame – la critica si risolve in una richiesta di rivalutazione delle emergenze istruttorie, preclusa in questa sede.
1.4. La censura, in sostanza, si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, ove sia sostenuta, come nel caso in esame da argomentazioni logiche e coerenti, a nulla rilevando che il compendio istruttorio possa essere valutato anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, in quanto, diversamente, il giudizio di legittimità si trasformerebbe, in un non consentito terzo grado di merito (cfr. ex multis Cass. 18721/2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Cass. Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019).
2. Con il secondo motivo, lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251del 2007, artt. 2 e 14, ed omessa valutazione di fatti decisivi. Deduce che il provvedimento era viziato in quanto, negato che ricorressero i presupposti per lo stato di rifugiato, non era stata riconosciuta neanche la protezione sussidiaria, ricorrendone i presupposti in relazione alle condizioni del paese di origine dove era riscontrabile anche la sussistenza di un conflitto armato.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. La censura, meramente assertiva, non tiene conto del fatto che, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), manca il requisito della credibilità del racconto, che rappresenta un presupposto imprescindibile della fattispecie, ragione per cui la critica è priva di decisività; in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e), la doglianza prospetta una situazione di instabilità interna, del tutto contraddetta dall’approfondita istruttoria svolta dal Tribunale, fondata su COI attendibili ed aggiornate (cfr. pag. 8 e 9 del provvedimento impugnato) rispetto alle quali le notizie indicate nel ricorso, tenuto conto che risalgono ad epoca ben precedente, risultano del tutto irrilevanti.
3. Con il terzo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonché l’errato ed omesso esame di fatto decisivi anche in riferimento alla integrazione socio lavorativa in Italia.
3.1. Il motivo è parzialmente fondato.
3.2. Il ricorrente si duole della mancata valutazione della sua credibilità e dell’assenza di un giudizio di comparazione, ed assume che non sarebbe stata esaminata la documentazione sulla quale si fondava la sua integrazione (cfr. pag. 26 secondo cpv. del ricorso).
3.3. Ora, il motivo, in ordine a tale ultima censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi del decreto impugnato in quanto omette di considerare che il Tribunale, sia pur con motivazione sintetica, ha fondato il proprio diniego ben tenendo conto dell’integrazione prospettata ritenuta “senza dubbio meritevole” (cfr. pag. 10 primo cpv. del decreto), ma valutando come insufficientemente allegata la sua vulnerabilità.
3.4. Il motivo risulta, tuttavia, per il resto fondato, in quanto la valutazione della vulnerabilità dedotta – e cioè la “sproporzione tra le condizioni di vita che il ricorrente avrebbe nel paese di origine in caso di rimpatrio e quelle conquistate nel paese che lo ha accolto” nonché i danni derivanti dall’interruzione del percorso di integrazione avviato (cfr. pag. 27 ultimo cpv. del ricorso) – è del tutto priva di un riferimento a C.O.I. attendibili ed aggiornate sulle condizioni di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine: al riguardo deve anche evidenziarsi che le argomentazioni spese dal Tribunale sul giudizio di comparazione risultano contraddittorie in quanto si assume, senza alcun concreto riferimento ad alcuna fonte informativa attendibile ed aggiornata concernente il livello di tutela dei diritti fondamentali, che “all’esito del confronto fra l’elemento soggettivo – relativo al richiedente – e quello oggettivo, relativo alla generale violazione dei diritti umani nel paese di provenienza, pur sempre collegato però alla vicenda personale del richiedente non risultano emergere aspetti che sconsiglino il rientro nel paese di origine” (cfr. pag. 10 del ricorso).
3.5. L’assenza di un preciso riferimento alle fonti ed al significato della “generale violazione dei diritti umani” consente di ritenere che il giudizio di comparazione sia stato compiuto in modo inidoneo, mancando del tutto il principale elemento di raffronto e cioè le informazioni sulle condizioni di tutela dei diritti fondamentali nel paese e nella regione di provenienza del richiedente asilo.
4. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, e la sentenza, in parte qua, cassata con rinvio al Tribunale di Bologna in diversa composizione che dovrà riesaminare la controversia alla luce del seguente principio di diritto:
“in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio: a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire mediante integrazione istruttoria officiosa da parte del giudice, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire”;
“il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge”.
5. Il Tribunale di rinvio dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte;
accoglie il terzo motivo di ricorso per quanto di ragione e dichiara inammissibili il primo ed il secondo.
Cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Bologna in diversa composizione anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 13 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022