LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
su ricorso 35562/2019 proposto da:
E.N., rappresentato e difeso dall’avv.to Felice Patruno, ed elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI nel procedimento RG137/2019, depositata il 18/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/10/2021 dal Cons. Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
RILEVATO
che:
1. E.N. proveniente dalla Nigeria, ricorre affidandosi a sei motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Bari che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
1,1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto aveva perso la madre, vittima di un attentato di matrice terroristica organizzato in un mercato: la generale instabilità ed insicurezza esistente lo avevano indotto ad allontanarsi e cercare rifugio all’estero.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato a ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 8 ed art. 11, in combinato disposto con l’art. 16 della Direttiva 32/2013. Assume che il Tribunale non aveva fissato l’udienza di comparizione delle parti, pur mancando la videoregistrazione dell’audizione svoltasi dinanzi alla Commissione Territoriale.
1.1. Assume, al riguardo, che il Tribunale aveva rifiutato di procedere ad una nuova audizione del ricorrente sul presupposto dell’irrilevanza dell’incombente che, invece, doveva ritenersi un pilastro del diritto di difesa.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., commi 1, nn. 4 e 5, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 9, comma 2.
2.1. Assume che la motivazione sulla valutazione del racconto era vaga e prive di contenuto costituzionalmente sufficiente.
3. Le due censure devono essere congiuntamente esaminate e sono entrambe inammissibili.
3.1. Quanto alla prima, si osserva che la doglianza confonde la fissazione dell’udienza di comparizione con il rinnovo dell’audizione, formulando, in tal modo, una censura priva di specificità: al riguardo si osserva, in ordine alla mancata audizione, che il Collegio condivide pienamente il principio ormai consolidato secondo il quale “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; e) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (cfr. Cass. 22049/2020 e Cass. 21584/2020).
3.2. Nel caso in esame, il ricorrente ha del tutto omesso di indicare i fatti sui quali voleva fornire chiarimenti rispetto a quanto in precedenza dichiarato, ragione per cui la censura è priva di decisività.
3.3. Ciò ridonda sulla valutazione dell’attendibilità del racconto, oggetto di critica con la seconda censura che, tuttavia, risulta generica, enunciativa e riferita ad una motivazione che risulta costituzionalmente sufficiente avendo fatto emergere tutte le contraddizioni e le incongruenze rilevate: trattasi di valutazioni di merito, non censurabili in sede di legittimità.
4. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce error in procedendo per omessa pronuncia sulla domanda di asilo costituzionale, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. L’omessa pronuncia in ordine alla ricorrenza di un’ulteriore tutela riconducibile all’art. 10 Cost., configura un rigetto implicito della relativa domanda, tenuto conto che la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel ritenere che le forme di protezione (maggiore e minore) previste dall’ordinamento giuridico interno e sovranazionale – tenuto conto dell’ampiezza dei margini riconducibile all’art. 5, comma 6 T.U.I. – esauriscano lo spazio di tutela ricompreso nella cornice dell’art. 10 Cost., che, pertanto, non configura un’ulteriore forma di protezione rispetto a quelle sopra indicate (cfr. Cass. 16362/2016; Cass. 10682/2012; Cass. 19176/2020).
4.3. La censura, pertanto, non è decisiva.
5. Con il quarto motivo,’ il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per avere il Tribunale omesso di richiamare le C.O.I. attendibili ed aggiornate sulle quali aveva fondato il proprio accertamento in relazione alle condizioni del paese di origine del ricorrente, con particolare riferimento alla sussistenza di una condizione di violenza generalizzata o di conflitto armato.
5.1. Il motivo è inammissibile perché, a fronte di una motivazione che contiene specifici riferimenti a fonti informative attendibili (cfr. pag. 4 secondo cpv.), non vengono contrapposte altre C.O.I. più aggiornate ed idonee a condurre ad una diversa soluzione della controversia.
6. Con il quinto motivo, ancora, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19 TUI, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
6.1. Con il sesto mezzo denuncia, altresì, vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per che aveva formato oggetto di discussione, con particolare riferimento all’omessa considerazione della certificazione medica che aveva prodotto e che attestava una condizione di salute psicofisica che necessitava di tutela e che avrebbe dovuto fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria.
6.2. I due ultimi motivi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione e sono entrambi fondati, pur costituendo il sesto l’antecedente logico del quinto.
6.3. Si osserva, infatti che non risulta affatto valutata la certificazione medica della ASL attestante “la diagnosi di disturbo delirante COD 2971 con un quadro di agitazione psicomotoria accompagnata da spunti ideativi interpretativi e deliranti a sfondo persecutorio che hanno necessitato il trattamento neurolettico a base di olanzapina che attualmente assume nel dosaggio di 5 mg” (cfr. pag. 11 ricorso), visto che, in ordine alle condizione di salute, il Tribunale si è riferito esclusivamente a certificati che escludevano la sussistenza di una patologia: in disparte la sommaria e generica indicazione di essi, risulta de tutto ignorato il certificato prodotto sopra richiamato (All. 11 fasc., primo grado), certamente decisivo per una diversa valutazione di un elemento rilevantissimo al fine di inquadrare la vulnerabilità del ricorrente.
6.4. Da ciò, “a cascata” risulta fondato anche il quinto motivo con il quale si censura un giudizio di comparazione non fondato su l’esame completo di tutti gli elementi di raffronto, con violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in ragione del fatto che non risultano neanche acquisite C.O.I. attendibili ed aggiornate sulle condizioni di tutela dei diritti umani nel paese di origine (cfr. Cass. 13079/2019; Cass. 8571/2020; Cass. 20642/2020; Cass. 198/2021).
7. In conclusione, il decreto deve essere cassato in relazione al quinto ed al sesto motivo, con dichiarazione di inammissibilità degli altri e con rinvio al Tribunale di Bari per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte;
accoglie il quinto e sesto motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Bari in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022