LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24168/2018 R.G. proposto da:
C.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio di Palma, con domicilio eletto in Roma, via Lattanzio, n. 5, presso lo studio dell’Avv. Rosamaria Di Palma;
– ricorrente –
contro
AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici, siti in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, ha eletto domicilio;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, n. 883/18, depositata il 1 febbraio 2018.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 novembre 2021 dal Consigliere Maria Elena Mele.
RITENUTO
che:
C.A. impugnava otto intimazioni di pagamento emesse da Equitalia Sud nei suoi confronti in relazione al mancato pagamento di altrettante cartelle, denunciando l’omessa notifica delle stesse e dunque la loro mancata conoscenza.
La concessionaria della riscossione non si costituiva in giudizio e la causa veniva trattata all’udienza pubblica del 21 novembre 2014. Successivamente, in data 16 dicembre 2014, Equitalia Sud si costituiva in giudizio depositando documentazione concernente la notifica delle cartelle di pagamento.
La CTP, con sentenza n. 523/3/15 depositata il 22 giugno 2015, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati.
Equitalia proponeva appello avverso la sentenza di prime cure. Il contribuente si costituiva in giudizio contestando l’infondatezza dei motivi di impugnazione, l’inammissibilità della produzione documentale in appello, l’acquiescenza al capo della sentenza relativamente alle intimazioni non impugnate. Nel merito, contestava la ritualità delle notifiche disconoscendo i documenti attestanti tali notifiche, producendo documentazione a sostegno.
La Commissione tributaria regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, accoglieva l’appello, ritenendo raggiunta la prova in ordine alla avvenuta notifica delle cartelle di pagamento.
Avverso tale decisione il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
Equitalia Sud ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo si censura la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, per avere la CTR ritenuto ammissibili i documenti prodotti tardivamente dall’appellante, dovendosi invece ritenere non consentito il deposito di nuovi documenti per la prima volta nel giudizio di appello.
Secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e n. 5, in relazione alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per non avere la CTR tenuto conto delle prove prodotte tempestivamente dal contribuente in replica a quelle tardive dell’appellante e per omessa motivazione in merito al puntuale disconoscimento delle copie prodotte delle notifiche e delle sottoscrizioni in esse contenute e non avendo dedotto nulla circa il mancato deposito dei documenti originali.
Il terzo motivo è così rubricato: “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2719 c.c., e degli artt. 214 e 215 c.p.c., in presenza di puntuale, preciso, specifico, idoneo disconoscimento delle sottoscrizioni presenti nelle copie degli atti tardivamente prodotti dall’appellante e non sostituite da alcun originale, in relazione alla violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, precisamente nel mancato, errato non utilizzo dell’art. 140 c.p.c.”. La CTR avrebbe ritenuto utilizzabili i documenti disconosciuti dal contribuente, sia quanto alle sottoscrizioni, sia quanto alla loro riconducibilità alle persone indicate nell’atto e non avrebbe tenuto conto che Equitalia non aveva proposto istanza di verificazione né aveva depositato i documenti originali avverso i quali il contribuente avrebbe potuto proporre querela di falso, non essendo a tal fine idonee semplici copie.
Con il quarto motivo si contesta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’utilizzo, ai fini della notificazione, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 258 del 2012 ed errata sua riconduzione nell’alveo dell’art. 140 c.p.c.. La censura è specificamente articolata con riguardo alla notifica della cartella di pagamento n. ***** richiamata dall’intimazione di pagamento n. *****. La CTR ha ritenuto che detta notifica sia stata eseguita ai sensi dell’art. 140 codice di rito, laddove, invece, il documento prodotto dalla concessionaria faceva riferimento al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, il quale era stato dichiarato incostituzionale, e senza considerare la mancata produzione da parte del concessionario dell’avviso di ricevimento.
Con il quinto motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, degli artt. 139 e 140 c.p.c., e della L. n. 890 del 1982, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR ritenuto ritualmente notificate le cartelle n. ***** e ***** in assenza di idonee ricerche del destinatario.
Con il sesto motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla mancata conferma della sentenza di primo grado per le intimazioni non oggetto di impugnazione per le quali doveva ritenersi formato il giudicato fin dal giudizio di primo grado.
Il primo motivo è infondato.
Secondo l’univoco e consolidato orientamento di questa Corte, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, norma speciale per il processo tributario e come tale prevalente sull’art. 345 c.p.c., consente la produzione, per la prima volta in appello, di prove documentali ancorché preesistenti al giudizio di primo grado (tra altre, Cass., sez. 5, n. 8927de1 11/04/2018, Rv. 647710-01; sez. 5, n. 27774 del 22/11/2017, Rv. 646223 – 01) ed anche alla parte rimasta in primo grado contumace (sez. 5, n. 29568 del 16/11/2018, Rv. 651548 – 01; sez. 5, n. 17921 del 23/06/2021; Rv. 661782 – 01).
Pertanto, correttamente la CTR ha rigettato l’eccezione preliminare formulata dal contribuente con riguardo alla produzione delle relate di notifica delle cartelle di pagamento prodromiche agli avvisi di intimazioni impugnati.
Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi. Essi sono infondati.
In tema di riscossione delle imposte, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, in quanto tale forma “semplificata” di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (Cass., sez. 6-5, n. 28872 del 12/11/2018, Rv. 651834 – 01).
Proprio in ragione della applicazione delle norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass., sez. 5, n. 29642 del 14/11/2019, Rv. 655744 – 01; sez. 5, n. 15315 del 04/07/2014, Rv. 631551 – 01).
Ove la notifica della cartella esattoriale sia avvenuta ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, direttamente da parte del concessionario della riscossione mediante raccomandata con avviso di ricevimento, secondo la disciplina del D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente. Ne consegue che se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (Cass., sez. 6-5, n. 4556 del 21/02/2020, Rv. 657324 – 01; sez. 5, n. 4567 del 06/03/2015, Rv. 634996 – 01; sez. 5, n. 6395 del 19/03/2014, Rv. 630819 – 01; sez. 5, n. 11708 del 27/05/2011, Rv. 618236 – 01).
E’ pertanto infondata la censura con cui il contribuente lamenta che la CTR non avrebbe considerato il disconoscimento, dal medesimo effettuato, delle sottoscrizioni recate dagli avvisi di ricevimento delle cartelle di pagamento, e della loro riconducibilità alle persone in essi indicate.
Come precisato da questa Corte, infatti, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, e che pertanto ogni questione relativa alla riferibilità della firma alla persona del destinatario della notifica non può che farsi valere a mezzo di querela di falso della notifica effettuata dall’ufficiale postale(sez. 6 – 5, n. 29022 del 05/12/2017, Rv. 646433 – 01).
Nella specie, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, la proposizione della querela di falso non era preclusa dalla circostanza che l’agente della riscossione non aveva prodotto in giudizio i documenti originali. Il C., infatti, non ha contestato la conformità delle fotocopie prodotte da Equitalia Sud rispetto agli originali degli avvisi di ricevimento, con la conseguenza che trova applicazione l’art. 2719 c.c., a norma del quale le copie fotografiche delle scritture che non siano espressamente disconosciute hanno la stessa efficacia delle autentiche.
Pertanto, dovendo riconoscersi alla copia la medesima efficacia probatoria dell’originale, la mancata produzione dell’originale del documento non impediva né esonerava il ricorrente dall’onere di proporre la querela, atteso che questa avrebbe ben potuto essere proposta avverso la fotocopia non disconosciuta, salvo “il grado di probatorietà che gli accertamenti in tal caso possono raggiungere” (Cass., sez. 1, n. 5350 del 1996, Rv. 498033-01) e salva la possibilità di acquisire nel relativo giudizio l’originale, ove ritenuto necessario in relazione alla natura del falso dedotto (Cass., sez. 3, n. 32219 del 2018, Rv. 651950-01).
In tale ottica, era irrilevante per la CTR valutare la documentazione prodotta dal contribuente in tale giudizio. Infatti, dovendo la verifica di autenticità della sottoscrizione costituire oggetto del giudizio di querela falso, al giudice tributario non competeva alcuna valutazione in proposito, trattandosi di accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, e di cui egli non poteva conoscere neppure incidenter tantum, dovendo soltanto verificare la pertinenza della eventuale presentazione della querela in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione, allo scopo di sospendere il giudizio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela stessa, o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio (Cass., sez. 5-6, n. 28671 del 2017, Rv. 646429 – 01).
Il quarto motivo è fondato.
Il ricorrente lamenta che la CTR abbia ritenuto corretta la notifica in quanto operata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., laddove invece essa risultava effettuata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, senza le formalità conseguenti alla dichiarazione di incostituzionalità di tale disposizione.
Occorre preliminarmente osservare che risulta pacifico che la notifica della cartella di pagamento indicata dal ricorrente sia stata notificata ai sensi del citato art. 26, trattandosi di circostanza esplicitamente ammessa nel controricorso da Equitalia Sud, la quale ha altresì dato atto di non avere adempiuto alle formalità previste dall’art. 140 c.p.c., nella considerazione che, trattandosi di notifica effettuata prima dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, questa non poteva trovare applicazione, essendo il rapporto ormai esaurito.
Questa Corte ha già affermato che, nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono sub judice, il rapporto processuale non può considerarsi esaurito, di tal che nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la sua conformità alla disposizione va valutata tenendo conto della sua modificazione conseguita alla pronuncia di incostituzionalità, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto (Cass., sez. 5, n. 10528 del 28/04/2017, Rv. 644101 – 02; sez. 5, n. 33610 del 18/12/2019, Rv. 656398 – 01).
Pertanto, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario quale pacificamente ricorre nella specie – all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, va applicato l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, u.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), sicché è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione (Cass., sez. 6-5, n. 9782 del 19/04/2018, Rv. 647736 – 01; sez. 5, n. 27825 del 31/10/2018, Rv. 651408 – 01).
Nel caso in esame, la CTR non si è attenuta a tali principi, non avendo dichiarato la nullità della notifica della cartella di pagamento in assenza delle formalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, e dall’art. 140 c.p.c..
Il quinto motivo è inammissibile.
Preliminarmente, si osserva che nel caso di specie si controverte della notifica non di un atto processuale, ma di un atto impositivo, sicché questa Corte non può procedere ad un esame diretto degli atti per verificare la sussistenza di tale invalidità, trattandosi di accertamento in fatto, rimesso al giudice di merito, e non di nullità del procedimento (cfr. Cass., sez. 5, n. 18472 del 21/09/2016; sez. 5, n. 11674 del 15/05/2013).
Secondo la giurisprudenza di legittimità, ove con il ricorso per cassazione sia denunciato il vizio di una relata di notifica, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass., sez. 5, n. 5185 del 28/02/2017, Rv. 643229 – 01; sez. 5, n. 31038 del 30/11/2018, in motivazione).
Si è tuttavia precisato che la trascrizione integrale della medesima si rende necessaria soltanto qualora sia strettamente funzionale alla comprensione del motivo, atteso che l’adempimento dei requisiti di contenuto-forma previsti dall’art. 366 c.p.c., non è fine a se stesso, ma è strumentale al dispiegamento della funzione che è propria di detti requisiti (sez. 5, n. 1150 del 17/01/2019, Rv. 652710 – 02).
Nella specie, il ricorrente ha censurato la ritualità della notifica delle cartelle in quanto effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, pur in assenza di idonee ricerche del destinatario.
Tuttavia, la mancata trascrizione nel ricorso della relata di notifica, preclude al Collegio la possibilità di verificare la ritualità della stessa, nonché l’idoneità delle ricerche effettuate dal messo notificatore ai fini dell’accertamento della irreperibilità assoluta del destinatario, le quali costituiscono presupposto della notifica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60.
Il sesto motivo è infondato.
Nel contenzioso tributario, così come nel rito ordinario, l’appello è un mezzo d’impugnazione pienamente devolutivo ed interamente rescissorio, diretto, cioè, non al mero controllo della decisione di primo grado, ma al pieno e completo riesame della controversia nei limiti in cui questa è stata devoluta al giudice superiore, e la sentenza del giudice d’appello, sia essa di conferma o di riforma, si sostituisce e si sovrappone totalmente alla sentenza di primo grado sui capi investiti dall’impugnazione, né può il secondo giudice limitarsi ad annullare la decisione appellata, dovendo invece in ogni caso, salve le tassative ipotesi di rimessione al primo giudice previste dagli artt. 353 e 354 c.p.c., trattenere la causa e decidere nel merito. La devoluzione può non essere totale, ma solo nel senso che, se la decisione di primo grado si articoli in una pluralità di capi o statuizioni distinte, l’atto di impugnazione, il quale investa specificamente solo alcune di dette statuizioni limita la devoluzione al giudice d’appello di prendere in esame quelli non impugnati, sui quali viene a formarsi il giudicato.
Inoltre, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2, l’impugnazione parziale determina l’acquiescenza alle parti non impugnate della sentenza. Per effetto di tale disposizione, la parte rimasta, in tutto o in parte, soccombente, ove non proponga impugnazione della sentenza che la pregiudica, assume un comportamento incompatibile con la volontà di far valere, nel giudizio di impugnazione, la relativa questione in tal modo prestandovi acquiescenza, con le conseguenti preclusioni sancite dall’art. 324 c.p.c., e dall’art. 329 c.p.c., comma 2 (Cass., sez. 1, n. 4908/2017, Rv. 644313-01).
A tanto nella specie consegue che il giudice d’appello non era tenuto in alcun modo a pronunciarsi in ordine agli avvisi di intimazione che non avevano costituito oggetto di impugnazione da parte del concessionario.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente al quarto motivo aligZ5 e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può essere deciso nel merito ex art. 384 c.p.c., con conseguente annullamento dell’intimazione di pagamento n. ***** in ragione della nullità della notifica della cartella di pagamento ad essa prodromica.
Attesa la soccombenza reciproca, le spese del giudizio devono essere compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti. Cassa la sentenza impugnata limitatamente a tale motivo e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente nei limiti di cui in motivazione. Compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022