Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1472 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.F., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al ricorso e nell’atto di costituzione di nuovo difensore del 18.5.2018 dagli Avvocati Mario Corigliano, e Ferdinando Parisi, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Armando Taglieri, in Roma, via G. Avezzana n. 2.

– ricorrente –

contro

Mu.Ma.Id., rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al controricorso dagli Avvocati Alfredo Riccardi, e Bruno Campione, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Francesco Giacani, in Roma, via Flavio Stilicone n. 264.

– controricorrente –

e Mu.Ru., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato Giuseppe Macino, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Domenico Mammola, in Roma, largo della Gancia n. 1.

– controricorrente –

e MU.Ed., Mu.Gi., Curatela dell’eredità giacente di Mu.Li., Mu.Ma.El., Mu.Be.Do., Mu.Is., Mu.Ad., C.N., Equitalia Gerit s.p.a.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Palmi depositata il 20.3.2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28.10.2021 dal Consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’ing. M.F. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Palmi del 20.3.2017, che, in parziale accoglimento della sua opposizione avverso il decreto che aveva liquidato in Euro 32.805,52, di cui Euro 12.328,84 per onorari, il suo compenso per l’attività di consulente tecnico d’ufficio svolta in una causa avente ad oggetto lo scioglimento di una comunione immobiliare ed il rendiconto, gli aveva riconosciuto l’ulteriore importo di Euro 3.407,82 per le integrazioni apportate alla relazione, respingendo per il resto la sua richiesta di vedere elevato il suo credito fino ad Euro 100.378,94.

Mu.Ma.Id. e Mu.Ru. hanno depositato distinti controricorsi, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il primo motivo di ricorso, denunziando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 3, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5, in combinato disposto con l’art. 702 ter c.p.c., comma 5, censura l’ordinanza impugnata per avere, in relazione alla stima degli immobili e delle universalità di mobili, respinto la domanda sulla base del rilievo che il ricorrente non aveva chiarito quale fosse l’attività da lui personalmente espletata, suscettibile di essere compensata in via ulteriore, rispetto a quella svolta dai suoi collaboratori. Assume il ricorrente che tale conclusione è errata, in quanto il giudice aveva a disposizione la documentazione prodotta dallo stesso opponente per compiere tale accertamento, in cui era dettagliatamente descritta l’attività dei collaboratori, e comunque poteva avvalersi della facoltà, prevista espressamente dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5, di acquisire informazioni e documenti. La totale esclusione del diritto al compenso al consulente tecnico per l’attività dei collaboratori sarebbe altresì non conforme al principio che fa carico al consulente tecnico, anche qualora si avvalga di ausiliari, della responsabilità delle conclusioni contenute nella relazione.

Il motivo è infondato ed in parte inammissibile.

Il mezzo in particolare è infondato laddove muove dal presupposto che, in assenza di qualsiasi allegazione ed indicazione negli atti difensivi dei documenti e del loro contenuto, rientri nel potere-dovere del giudice individuare l’oggetto e le ragioni della domanda nella documentazione versata in atti dalle parti. Al contrario, è proprio l’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 5, richiamato dall’art. 702 bis, per il procedimento sommario di cognizione, a richiedere che la parte, nel proprio atto introduttivo, indichi in modo specifico i mezzi di prova di cui intende avvalersi e, in particolare, i documenti che offre in comunicazione. Questa Corte in proposito ha chiarito che, in tema di domanda giudiziale, l’identificazione della “causa petendi” va operata con riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, ai quali, quindi, può essere riconosciuta una funzione di chiarificazione del quadro allegatorio già prospettato, purché risultino specificamente indicati nell’atto di citazione, come prescritto dall’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 5 (Cass. n. 3363 del 2019).

Il mezzo è in parte inammissibile per difetto di specificità e rilevanza, in quanto non indica i documenti e gli atti prodotti in giudizio ovvero quelli che il giudice avrebbe potuto acquisire di propria iniziativa, a mente del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, che, se esaminati, avrebbero potuto portare il giudicante ad accogliere una conclusione diversa.

Il secondo motivo di ricorso, che lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 3, e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5, in combinato disposto con l’art. 702 ter c.p.c., comma 5, investe il capo della decisione che ha escluso l’applicabilità delle maggiorazioni connesse alla particolare complessità della perizia in considerazione dei ritardi in cui il consulente era incorso nei depositi delle proprie relazioni, precisando che la non imputabilità degli stessi al perito va rigorosamente allegata e documentata. Anche in questo caso il ricorso si duole che il Tribunale non abbia compiuto tale accertamento, scrutinando la documentazione in atti ovvero avvalendosi dei suoi poteri istruttori di ufficio, né abbia tenuto conto della vastità ed eterogeneità dell’oggetto della consulenza e della sopravvenienza di impedimenti tecnici, quale la pendenza della approvazione del nuovo piano urbanistico del comune.

Il mezzo va dichiarato infondato ed in parte inammissibile per le medesime ragioni sopra esposte, che hanno portato a respingere il motivo precedente. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione del D.P.R. n. 112 del 2002, art. 52 (recte: n. 115), per avere il giudice liquidato il compenso per le integrazioni della relazione riconosciute sulla base dei valori medi, senza la maggiorazione per la natura eccezionale delle prestazioni, adottando al riguardo una motivazione incongrua, perché fondata sulla mera natura integrativa dell’indagine e senza considerare la novità dei quesiti posti in sede di integrazione.

Il motivo è inammissibile atteso che l’aumento fino al doppio degli onorari al consulente tecnico d’ufficio, in caso di prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà, integra l’esercizio di un potere discrezione affidato dalla legge al giudice di merito, il cui mancato esercizio, anche in assenza di una specifica motivazione, essendo fondato su valutazioni di fatto, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 12027 del 2010; Cass. n. 6414 del 2007). Merita aggiungere, per completezza, che il giudicante ha motivato espressamente la propria decisione sul punto, rilevando che l’indagine integrativa affidata implicava un minor impegno rispetto all’indagine iniziale, motivazione che trae evidentemente fonte da un apprezzamento di fatto e che non può definirsi né illogica né incongrua.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali, per ciascun controricorrente.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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