Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.1473 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.F., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocato Emanuela Catalini, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Marcella De Ninno, in Roma, via Paolo Emilio n. 34.

– ricorrente –

contro

V.G., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato Giovanni Fioravanti, elettivamente domiciliato presso il suo studio in San Genesio (MC), viale del Conero n. 3.

– controricorrente –

e B.L..

– intimata –

avverso la sentenza n. 765 della Corte di appello di Ancona, depositata il 24.6.2016.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3.11.20121 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 765 del 24.6.2016 la Corte di appello di Ancona confermò la decisione di primo grado che aveva revocato il decreto ingiuntivo che intimava a B.L. e V.G. il pagamento di una somma in favore del geom. S.F., a titolo di compenso per prestazioni professionali. La Corte territoriale motivò la sua decisione affermando che il contratto d’opera intercorso tra le parti doveva ritenersi nullo, con conseguente insussistenza del relativo credito vantato dal professionista, in quanto, avendo i lavori di cui all’incarico ad oggetto anche la realizzazione di solai di laterocemento armato di un fabbricato composto da cinque unità immobiliari e quindi di non modesta dimensione, la prestazione fornita esulava da quelle consentite dalla legge ai geometri, tenuto conto che del R.D. n. 274 del 1929, art. 16 – richiamato sul punto dalla successiva L. n. 1086 del 1971, consente ai tecnici geometri la sola progettazione e la direzione dei lavori di opere con destinazione agricola non implicanti pericolo per le persone e la esclude, riservandola agli ingegneri ed agli architetti, per le opere di tipo civile.

Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 22.7.2017, ha proposto ricorso S.F., sulla base di cinque motivi.

V.G. ha notificato controricorso, mentre B.L. non ha svolto attività difensiva.

Il ricorrente ha depositato memoria.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.

Il primo motivo di ricorso, che denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 115, comma 1, stesso codice, assume che la Corte distrettuale, reputando che il professionista avesse svolto gli incarichi di progettazione e di direzione dei lavori di opere in cemento armato, è incorsa in palese travisamento dei fatti, atteso che l’intervento del ricorrente si era limitato alla direzione architettonica dei lavori, senza assumere alcuna responsabilità, né progettuale né esecutiva, relativamente alle opere in cemento armato.

Il motivo è inammissibile.

Dalla lettura della sentenza impugnata risulta invero che la domanda avanzata in primo grado aveva ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali aventi ad oggetto la ristrutturazione di un immobile, senza operare alcuna distinzione tra la direzione dei lavori relativa alle sole opere architettoniche e quella relativa alle opere strutturali. Ciò posto, l’accertamento sul punto da parte del giudice di merito, che ha altresì rilevato che l’intervento edilizio eseguito aveva comportato anche il rifacimento di un solaio mediante la posa in opera di strutture in laterocemento, integra all’evidenza un apprezzamento di fatto, non sindacabile in sede di giudizio di legittimità, che non risulta nemmeno superato da specifiche deduzioni di parte, su cui incombeva il relativo onere, in ordine alla circostanza che egli avesse limitato la propria richiesta di pagamento alle prestazioni relative alla solo esecuzione delle opere c.d. architettoniche ” e non anche a quelle di rifacimento del solaio. Il secondo motivo va trattato insieme al quarto.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione del D.P.R. n. 554 del 1999, del D.P.R. n. 207 del 2010 e del D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 101, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che la prestazione professionale resa dall’odierno ricorrente interessasse anche l’esecuzione delle opere di cemento armato, in contrasto con l’art. 101 D.Lgs. citato, che attribuisce al direttore dei lavori esclusivamente compiti di coordinamento, direzione e controllo tecnico-contabile dell’esecuzione dei contratti relativi a lavori.

Il quarto motivo di ricorso, denunziando violazione del R.D. n. 274 del 1929, art. 16, lett. l) e m), in relazione alla L. n. 64 del 1974, alla L. n. 144 del 1949 e al D.Lgs. n. 212 del 2010, art. 1, violazione dei criteri di interpretazione della legge (art. 12 preleggi), censura la sentenza impugnata per avere escluso la competenza dei geometri a progettare e dirigere i lavori concernente costruzioni anche solo parzialmente in cemento armato, in violazione delle norme di settore che invece consente tali attività nel caso di costruzioni modeste, ai sensi dell’art. 16, lett. m) citato. Si sostiene inoltre che le limitazioni dettate dal R.D. n. 2229 del 1939, erano già state implicitamente superate dalla L. n. 1086 del 1971 e poi espressamente abrogate dal D.Lgs. n. 212 del 2010, art. 1, che ha introdotto una disciplina sulle competenze dei geometri di carattere interpretativo e quindi applicabile anche all’incarico per cui è causa. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, si assume, pertanto, che il geometra è sempre competente nella progettazione urbanistico-architettonica e direzione dei lavori nei casi di costruzioni civili di modesta entità, anche se la loro realizzazione comporti l’uso del cemento armato.

Il due motivi sono infondati.

La questione di diritto sollevata dal ricorrente risulta affrontata e risolta da numerose pronunce di questa Corte – il cui orientamento costante va qui confermato – secondo cui il R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, art. 16, ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente ad opere con destinazione agricola, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi del R.D. 16 novembre 1939, n. 2229, art. 1, agli ingegneri ed architetti iscritti nell’albo; con le ulteriori precisazioni che tale disciplina professionale non è stata modificata dalla L. 5 novembre 1971, n. 1086 e L. 2 febbraio 1974, n. 64, la quale, sia pure senza un esplicito richiamo delle fonti normative, si limita a recepire la previgente ripartizione di competenze e che a rendere legittimo in tale ambito un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o visitato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perché è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione e assumere le conseguenti responsabilità (Cass. n. 19292 del 2009; Cass. n. 27441 del 2006; Cass. n. 17028 del 2006; Cass. n. 778 del 2005; Cass. n. 6649 del 2005; Cass. n. 3021 del 2005; Cass. n. 15327 del 2000).

Questa Corte ha inoltre precisato che il contratto di progettazione e direzione dei lavori relativo a costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato stipulato da un geometra anteriormente all’abrogazione – ad opera del D.Lgs. n. n. 212 del 2010 – del R.D. n. 2229 del 1939, è nullo per contrarietà a norme imperative, atteso che la menzionata abrogazione, comportando l’introduzione di una disciplina innovativa e non già interpretativa della normativa previgente, non ha prodotto effetti retroattivi idonei ad incidere sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore e non ha, dunque, influito sulla invalidità del contratto, regolata dalla legge del tempo in cui lo stesso è stato concluso (Cass. n. 29227 del 2019; Cass. n. 19989 del 2013).

Ne consegue che correttamente i giudici di merito, una volta accertato che l’attività professionale svolta dal geometra aveva avuto ad oggetto lavori implicanti l’uso di strutture in cemento armato, hanno escluso il diritto al compenso del professionista, in applicazione del disposto dell’art. 2331 c.c., comma 1, che, nei casi in cui l’esercizio di un’attività professionale sia condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, espressamente nega l’azione per il pagamento del compenso al professionista non iscritto.

Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione del R.D. n. 274 del 1929, art. 16, in riferimento agli artt. 1419,2231, e 2232 c.c. ed agli artt. 115 e 116 c.p.c., lamentando che la Corte di appello abbia negato al professionista il diritto a ricevere l’intero compenso, senza considerare che egli aveva reso anche prestazioni diverse da quelle relative alle opere in cemento armato, che pure rientravano pacificamente nella sfera di competenza dei geometri.

Il motivo è inammissibile.

La censura sollevata, che critica l’omessa delimitazione della nullità dell’incarico svolto dal professionista alle sole prestazioni concernenti le strutture in cemento armato e quindi il mancato riconoscimento del compenso per le prestazioni relative alle altre opere, introduce una questione nuova, dal momento che dalla lettura della sentenza e dello stesso ricorso non risulta che il tema sia stato sollevato nei precedenti giudizi di merito. La ragione dell’inammissibilità risiede nel rilievo che la questione posta non si dispiega sul terreno del giudizio di diritto, affidato a questa Corte, ma su quello della valutazione di merito, avente ad oggetto il peso, nell’operazione contrattuale conclusa, dell’incarico e della conseguente prestazione relativa alle opere in cemento armato rispetto alle altre prestazioni affidate al professionista. Ed infatti l’art. 1419 c.c., comma 1, nel prevedere che la nullità della singola clausola non produce la nullità dell’intero contratto solo laddove risulti che le parti lo avrebbero concluso ugualmente senza quella parte del contratto colpita da nullità, presuppone un giudizio volto alla ricostruzione della volontà delle parti che sfugge alla competenza di questa Corte e resta affidato all’esclusivo potere del giudice del merito.

Il quinto motivo di ricorso denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, lamentando che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che la ristrutturazione oggetto dell’incarico professionale riguardava un fabbricato in muratura e che l’eventuale realizzazione di solai in cemento armato o latero-cemento non implica la violazione delle competenze del geometra poiché non esistono strutture in cemento armato intelaiato (travi e pilastri), così come accertato dal consulente tecnico d’ufficio. In particolare si contesta che la corte distrettuale sia pervenuta a conclusioni diametralmente opposte a quelle della consulenza tecnica, non tenendo conto che essa aveva accertato che i lavori interessavano la ristrutturazione di un fabbricato in muratura di modeste dimensioni, che il progetto per la parte architettonica era stato curato da un architetto mentre la sola direzione dei lavori era stata curata dall’odierno ricorrente, che la commissione edilizia comunale aveva approvato il progetto e rilasciato la concessione edilizia, che la relazione tecnica del progettista escludeva interventi con strutture intelaiate in cemento armato e che il geom. S. era stato sostituito da altro professionista prima che il solaio del tetto fosse realizzato.

Sotto altro profilo si contesta l’accertamento del giudice a quo in ordine alla non modestia della costruzione, condotto con riferimento alle sole dimensioni del fabbricato, senza considerare le modalità dell’intervento edilizio e le sue intrinseche difficoltà tecniche.

Il motivo di ricorso è inammissibile sia con riferimento alle questioni già prese in considerazione nello scrutinio del primo motivo, per quanto concerne l’effettivo oggetto dell’incarico, e del quarto, in ordine alla ritenuta non rilevanza della modestia delle opere, sia con riferimento alle altre circostanze di cui si lamenta l’omesso esame, per non avere esse, tenuto conto del percorso motivazionale della decisione, carattere decisivo.

In conclusione il ricorso è respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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