Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1484 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5376-2021 proposto da:

A.I., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA CANNATA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 150/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/01/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA FIDANZIA.

RILEVATO

– che viene proposto da A.I., cittadino del Ghana, affidandolo a tre motivi, ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 08.01.2021, che ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli del 22.11.2018 che ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere il giudice di secondo grado fondato la propria valutazione negativa in ordine alla credibilità del racconto del richiedente su parametri diversi da quelli normativi, non valutando la credibilità dello stesso sulla base di riscontri oggettivi relativi alla situazione del paese;

– che, in particolare, afferma il richiedente che in Ghana sussiste una situazione di violenza generalizzata e diffusa;

2. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non avere il giudice d’appello esaminato i diritti che più direttamente interessano la sfera personale ed umana del ricorrente, quale il diritto alla salute ed alla alimentazione;

3. che con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per avere il giudice d’appello erroneamente considerato che il paese di provenienza del ricorrente non presentasse particolari problematiche;

4. che tutti e tre i motivi, da esaminarsi unitariamente, sono inammissibili;

– che va, preliminarmente, osservato che è orientamento consolidato di questa Corte che l’onere di specificità dei motivi dettato dall’art. 342 c.p.c. esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinarne il fondamento logico giuridico, che con le prime devono necessariamente confrontarsi, non essendo a tal fine sufficiente la mera reiterazione delle deduzioni svolte in primo grado (vedi Cass. n. 4695 del 23.02.2017; vedi anche Cass. n. 22781 del 27/10/2014; Cass. n. 4068 del 19/02/2009);

– che, nel caso di specie, il giudice di secondo grado ha fatto buon uso di tale principio dichiarando inammissibile l’appello sul rilievo che il gravame non aveva sottoposto ad argomentata critica l’impugnato provvedimento di primo grado;

– che il ricorrente, nel ricorso per cassazione, non cogliendo la ratio decidendi del giudice d’appello, non si è preoccupato di censurare i passaggi argomentativi con cui la Corte di merito ha ritenuto che la statuizioni del primo giudice non fossero state oggetto di specifiche censure, svolgendo, in questa sede, autonome critiche;

che, in particolare, il giudice di secondo grado aveva evidenziato che nell’atto di appello il ricorrente, da un lato, non aveva indicato i motivi per cui lo stesso sarebbe dovuto essere creduto, dall’altro, non aveva neppure argomentato perché la situazione del paese d’origine si sarebbe dovuta riflettere negativamente sulla sua condizione personale (palesandosi parimenti generica la critica avverso la statuizione di diniego della protezione umanitaria, non essendo stata neppure vagamente indicata la situazione di vulnerabilità che l’avrebbe giustificata);

– che è evidente che il ricorrente, per contrastare la declaratoria di inammissibilità del giudice di secondo grado, avrebbe dovuto, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, precisare il tenore e la portata delle censure svolte in appello, indicando gli esatti passaggi dell’atto di impugnazione in cui puntuali critiche – a differenza di quanto ritenuto dal giudice di secondo grado – sarebbero state, a suo dire, invece, formulate, onde consentire alla S.C. di controllare “ex actis” la loro eventuale specificità, prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430);

– che il ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione, non ponendosi nemmeno la questione che la sua impugnazione in grado appello fosse stata dichiarata inammissibile;

5. che non si liquidano le spese di lite in relazione all’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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