LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9265-2021 proposto da:
O.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA PARISI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONLE DI CROTONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 789/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 10/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 01/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.
RITENUTO
che:
La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello proposto da O.D., proveniente dalla Nigeria (Delta State) avverso la sentenza di primo grado che aveva disatteso tutte le domande concernenti la protezione internazionale e quella umanitaria.
Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.
Il cittadino straniero aveva riferito di avere investito ed ucciso un uomo, mentre era alla guida di un autoveicolo per imparare ad usarlo, e temeva, in conseguenza, di essere ucciso o imprigionato.
La Corte di appello ha valutato il racconto del richiedente, ritenendolo non credibile in ordine alle ragioni di fuga, perché lacunoso ed approssimativo; ha poi escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione richieste.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motive si denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non avere la Corte di appello tenuto in considerazione la attuale condizione di sicurezza del paese di provenienza, in relazione alla giovane età anagrafica del richiedente al momento dell’ingresso in Italia, in violazione del dovere di cooperazione istruttoria.
Il primo motivo è fondato perché, in tema di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice è tenuto, a prescindere dalla valutazione di credibilità delle sue dichiarazioni, a cooperare all’accertamento della situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate, le cui fonti dovranno essere specificatamente indicate nel provvedimento, al fine di comprovare il pieno adempimento dell’onere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 262/2021; Cass. n. 16122/2020; Cass. n. 9230/2020) e, nel caso di specie, le fonti esaminate risultano risalenti (2015/2016).
2. Il secondo motivo, con il quale si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e art. 17 perché, avendo violato le disposizioni di cui al primo motivo, era stata illegittimamente respinta la domanda di protezione internazionale per violenza generalizzata ex art. 14, lett. c) cit., trattandosi di zona ad alto rischio, è assorbito.
3. Il terzo motivo, con il quale si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, nonché del Dir. 2013/32/UE, art. 10 e 16, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27 per non essere stata disposta l’audizione in sede giudiziale, nonostante il colloquio svoltosi presso la Commissione non fosse stato videoregistrato, ove ricorressero dubbi circa le vicende narrate va respinto.
Il motivo risulta inammissibile per manifesta infondatezza, sotto il profilo preliminare della violazione della norma del procedimento, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 2, alla stregua dell’esegesi fornitane da Cass. n. 22341 del 2017, seguita da numerose conformi.
La decisione impugnata e’, infatti, conforme al principio secondo il quale “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.” (Cass. n. 21584 del 07/10/2020).
4. In conclusione, va accolto il primo motive, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione, attesa la necessità che questa provveda ad una nuova compiuta valutazione delle domande proposte, con pieno esercizio dei poteri istruttori officiosi che si rendano necessari in merito alle condizioni socio politiche del Paese di origine, oltre che alla liquidazione delle spese di legittimità anche del presente grado.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022