Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1488 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 415-2021 proposto da:

L.A.C. e M.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VIGLIENA 2, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA PETTINI, rappresentati e difesi dall’avvocato WALTER MANGANO;

– ricorrente –

contro

F.R.;

– intimato –

avverso il decreto n. Cronol. 4313/2020 del TRIBUNALE di ROMA, depositato 1/11/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’1/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO PAZZI.

RILEVATO

che:

1. Il giudice delegato al fallimento di ***** s.r.l. non ammetteva al passivo della procedura i crediti (rispettivamente di Euro 39.800 e 15.800) vantati da M.B. e L.A.C..

2. Il Tribunale di Roma, con Decreto dell’11 novembre 2020, riteneva inammissibile l’opposizione proposta da M.B. e L.A.C., poiché gli stessi non avevano versato in atti, prima della chiusura del contraddittorio, copia autentica del decreto impugnato; mancava, inoltre, la copia o l’estratto autentico del verbale dell’udienza di verifica contenente le conclusioni a cui il G.D. aveva fatto riferimento all’interno del proprio decreto.

3. Per la cassazione di questa statuizione hanno proposto ricorso M.B. e L.A.C., prospettando due motivi di doglianza.

L’intimato fallimento di ***** s.r.l. non ha svolto difese.

CONSIDERATO

che:

4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 99 L. Fall., e dell’art. 347 c.p.c., poiché la disciplina fallimentare non prevede che il ricorso in opposizione a stato passivo, di natura differente rispetto all’appello, debba essere accompagnato dall’atto impugnato, essendo richieste, invece, soltanto l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni.

Questi elementi, nel caso di specie, risultavano chiaramente dal tenore del ricorso presentato e dello stato passivo ad esso allegato, da cui era possibile evincere la motivata proposta del curatore di reiezione dell’insinuazione, che era stata poi condivisa dal giudice delegato.

4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 99 L. Fall., e dell’art. 2697 c.c.: il Tribunale ha ritenuto che il contenuto del provvedimento del G.D., motivato per relationem con richiamo alle conclusioni del curatore, imponesse il deposito anche della copia o dell’estratto autentico del verbale dell’udienza di verifica.

La produzione del verbale di udienza, in realtà, risultava ultronea, dato che in quella sede il curatore si era limitato a depositare il proprio progetto di stato passivo, documento che gli opponenti avevano ritualmente e compiutamente presentato nel giudizio di impugnazione, consentendo così al collegio dell’impugnazione di valutare le censure proposte e di accertarne la fondatezza.

5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati.

Questa Corte ha già avuto occasione di osservare (v. Cass. n. 23138 del 2020) che “la natura impugnatoria del giudizio di opposizione rende evidente la necessità per il Tribunale di esaminare il contenuto del provvedimento del giudice delegato, perché ad esso il collegio di merito deve giocoforza parametrare le censure prospettate dall’opponente al fine di accertarne la fondatezza. Si tratta allora di stabilire le modalità con cui il giudice dell’opposizione possa venire a conoscenza del provvedimento impugnato e, più precisamente, se tale conoscenza dipenda necessariamente da un’iniziativa di parte. La soluzione va cercata tenendo conto che l’opposizione allo stato passivo è un procedimento di impugnazione non qualificabile come appello che rimane regolato dalla precipua disciplina prevista dagli artt. 98 e 99 L. Fall., e però, nel contempo, si sviluppa in seno alla procedura fallimentare, dalla quale non può essere isolato (e nel cui orizzonte le statuizioni assunte rimangono confinate ex art. 96 L. Fall.). Appare perciò un fuor d’opera il ricorso a una norma, l’art. 347 c.p.c., propria del giudizio di appello che l’impugnazione contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo non integra. Piuttosto occorre considerare che gli atti e i provvedimenti attinenti al procedimento fallimentare, formati dagli organi della procedura o assunti dall’autorità giudiziaria nel progressivo evolversi del fallimento, sono raccolti nel fascicolo di cui all’art. 90 L. Fall., norma di portata generale che trova applicazione anche al procedimento di opposizione allo stato passivo (cfr. Cass. n. 16101 del 2014, Cass. n. 26639 del 2016). Questi atti e provvedimenti rimangono nella disponibilità del giudice delegato e del Tribunale fallimentare, i quali possono attingere al fascicolo della procedura al fine di verificare e prendere in esame le statuizioni adottate nel corso del procedimento concorsuale. Il decreto con cui il giudice delegato, ai sensi dell’art. 96 L. Fall., comma 4, forma lo stato passivo e lo rende esecutivo, una volta depositato, entra a far parte del fascicolo della procedura e, al pari degli altri documenti della medesima natura ivi contenuti, rimane acquisito nella sfera conoscitiva dell’autorità giudiziaria preposta al procedimento, liberamente (a differenza dei documenti già prodotti dal creditore istante in uno con la domanda di ammissione al passivo, che, pur essendo ora ricompresi nel fascicolo informatico della procedura, devono essere specificamente indicati, a pena di decadenza, all’interno dell’atto di opposizione ex art. 99 L. Fall., comma 2, n. 4, per poter poi essere utilizzati). Il decreto in discorso sfugge quindi nell’ambito del giudizio di impugnazione regolato dagli artt. 98 e 99 L. Fall., tanto alla specifica disciplina del giudizio di appello, quanto alle regole in materia di produzione dei documenti di parte, perché lo stesso, secondo la fisiologia propria del procedimento fallimentare, costituisce un atto del fascicolo della procedura consultabile da parte del Tribunale direttamente e senza impedimento alcuno (Cass. n. 3872 del 2020). Pertanto, non occorre che chi impugna il decreto di formazione dello stato passivo emesso dal giudice delegato produca necessariamente tale provvedimento nel corso del giudizio, perché il Tribunale, ove questi abbia mancato di renderlo disponibile, accederà direttamente al fascicolo di cui all’art. 90 L. Fall., per conoscere il contenuto della statuizione che l’impugnazione intende censurare”.

Gli opponenti, dunque, non dovevano incorrere in alcuna sanzione per aver omesso di produrre copia autentica del decreto reso dal G.D. ai sensi dell’art. 96 L. Fall., mentre il Tribunale, ove avesse ritenuto necessario prendere in esame il medesimo provvedimento, lo stato passivo formato all’esito delle operazioni di verifica ovvero il relativo verbale, avrebbe potuto accedere direttamente al fascicolo di cui all’art. 90 L. Fall., per conoscerne il contenuto.

6. Il decreto impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Roma, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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