LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 688-2020 proposto da:
C.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO GAVIRAGHI;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** SAS;
– intimati –
avverso il decreto n. 20/2019 del TRIBUNALE di PISTOIA, depositato il 15/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Pistoia ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento ***** s.a.s. (già Termoblok di Cecchini Fabrizio & C. s.n.c.) proposta dal Dott. C.S. contro il diniego di ammissione del credito di Euro 19.742,04, con il privilegio ex art. 2751-bis c.c., n. 2, a titolo di “compenso per la redazione delle attestazioni ex art. 161 e 186-bis L. Fall. come da lettere di incarico del 07/07/2015 e 10/11/2015”.
1.1. Nel decreto impugnato si afferma, tra l’altro: i) che il giudice delegato ha adeguatamente motivato il diniego di ammissione al passivo, dando atto che la domanda di concordato preventivo del 15/11/2015 (come integrata alla luce della novella del D.L. n. 83 del 2015 convertito in 1. 132/2015 “vigente dal 20.8.2015”) era stata dichiarata inammissibile “in quanto carente dell’assicurazione del pagamento del 20% dei crediti chirografari e della conferente attestazione stilata dal doti. C.”, e che la relazione del professionista attestatore era stata ritenuta inidonea “rispetto agli scopi ordinamentali per i quali è normativamente prevista, anche secondo i parametri di cui al regime previgente la novella 2015”, con conseguente accoglimento dell’eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela; li) che la tesi difensiva del C. – per cui sarebbe “stata proprio la non certezza eipressa in modo chiaro, in ordine alla fattibilità del piano dall’attentatore, che ha consentito al Tribunale di PISTOIA di dichiarare inammissibile il concordato” – non coglie nel segno, in quanto il Dott. C. aveva concluso che “il piano concordatario… è fattibile sia per ciò che concerne i tempi che le modalità di soddisfazione dei creditori”, però senza “fare alcun riferimento alla sua inidoneità ad assicurare la soddisfazione di una percentuale minima del venti per cento dei creditori chirografari, come invece richiesto dall’art. 160 L. fall., u.c., introdotto dal D.L. n. 83 del 2015 convertito con modcazioni dalla L. n. 132 del 2015”, e che una simile omissione non avrebbe potuto costituire “una semplice dimenticanza del professionista”, visti i contenuti delle sue relazioni, trascritti a pag. 6 e 7 del decreto impugnato; che pertanto “il giudizio positivo di fattibilità del piano contenuto nella prima relazione, peraltro ambiguamente egresso (..) avrebbe dovuto essere revocato dal professionista proprio in ragione delle considerazioni esposte nella relazione integrativa, ovvero per la mancanza di garanzie circa il raggiungimento della percentuale minima concordataria”; iv) che le linee guida all’epoca vigenti prescrivevano un giudizio di fattibilità positivo o negativo, sicché non vi è dubbio che “il risultato di incertezza ingenerato dalle due relazioni del professionista si ponga in contrasto proprio con la funzione precipua dell’attività di attestazione” e che le relazioni “risultino ab origine prive di alcuna utilità per la massa dei creditori”; v) che secondo il dovere di diligenza media esigibile ex art. 1176 c.c., comma 2, “il Dott. C. avrebbe dovuto informare il cliente della non fattibilità del piano di concordato preventivo, se non dal momento del conferimento dell’incarico, quantomeno a far data dall’entrata in vigore della legge di conversione L. n. 132 del 2015 del D.L. n. 83 del 2015 (avvenuta il 20.8.2015)”, al fine di impedire non solo l’integrazione della domanda di concordato, ma, più a monte, la stessa presentazione di “una domanda di concordato dall’esito sfavorevole scontato”.
2. Il Dott. C.S. ha impugnato il decreto con due motivi di ricorso per cassazione. La curatela intimata non ha svolto difese.
3. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.
CONSIDERATO
che:
3.1. Con il primo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, e D.L. n. 83 del 2015, art. 4, comma 1, lett. a) (convertito dalla L. n. 132 del 2015, in vigore dal 20.8.2015), poiché alla domanda di concordato preventivo presentata con ricorso ex art. 161, comma 6, L. fall. del 15/07/2015 (cui ha fatto seguito il deposito della proposta e del piano in data 15/11/2015 e l’integrazione, su richiesta del giudice delegato, in data 12/02/2016) non era applicabile la nuova disposizione sulla soddisfazione minima del 20% dei crediti chirografari (art. 160, u.c., L. fall.) e, in ogni caso, non sussisteva alcun “grave inadempimento”, poiché l’attestazione integrativa illustrava a beneficio dei creditori che l’apporto di nuova finanza non avrebbe potuto assicurare il raggiungimento della suddetta percentuale.
3.2. Il secondo mezzo denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., art. 135 c.p.c. e art. 98 penult. comma, L. fall., nonché la nullità del decreto, anche in relazione all’art. 112 c.p.c., poiché il curatore aveva concluso nel progetto di stato passivo per l’ammissione del credito “come richiesto” e solo all’udienza di verifica aveva eccepito “un non meglio precisato inadempimento dell’attentatore”; dal canto suo il giudice delegato aveva ritenuto l’inidoneità della relazione dell’attestatore rispetto agli scopi ordinamentali, in ragione del suo contenuto “incerto e incoerente”; infine il tribunale aveva ritenuto che il C. non avesse attestato chiaramente la fattibilità del piano, ma ciò avrebbe costituito, a ben vedere, “una presa d’atto della bontà del suo operato”.
5. I motivi, esaminabili unitariamente per la loro connessione, meritano accoglimento nei termini che si vanno ad illustrare.
5.1. La motivazione addotta dal tribunale a sostegno del diniego di ammissione del credito di Euro 19.742,04 – insinuato dell’attestatore non già in prededuzione, ma solo con il privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2 – appare incongruente rispetto agli stessi contenuti delle relazioni attestative riportati in decreto (v. pag. 6 e 7), che non rivelano affatto un grave inadempimento tale da giustificare la totale esclusione del compenso per l’opera prestata dal professionista attestatore.
5.2. Da quei passaggi delle relazioni risulta anzi come l’attestatore avesse chiaramente affermato che “in base agli accertamenti eseguiti lo scrivente ritiene che la percentuale di soddisfazione dei creditori chirografari sia inferiore a quella indicata nel piano, esattamente pari al 22,61%, anziché al 24,89%” ed avesse altresì messo in guardia i creditori della presenza di “innumerevoli elementi, eventi ed incertezze aventi ad oggetto il verificarsi degli scenari previsti dal Piano, di cui ne sono assunzioni di base, che dipendono anche da eventi esogeni”, sottolineando che “la fattibilità del piano è essenzialmente legata al realizzo dell’azienda comprensivo dell’immobile sociale a valori non inferiori a quelli indicati dall’Architetto Ce.”, valori ritenuti congrui, ma con l’avvertenza che, “essendo la percentuale stimata di soddisfazione dei creditori chirografari prossima alla soglia del 20%, un realizzo dell’asset, anche per valori se pur di poco inferiori a quelli di stima, non consentirebbe il raggiungimento di tale soglia” (v. relazione del 15/11/2015, riportata a pag. 6 del decreto); anche a fronte della successiva promessa di apporto di risorse esterne da parte dei genitori dei soci (nella misura di Euro 50.000,00) l’attestatore ha osservato come ciò integrasse “certamente un fatto positivo che tuttavia non può rappresentare una garanzia di raggiungimento della percentuale minima concordataria del 20%. Crea nella sostanza un fondo rischi destinato ad assorbire eventuali e non auipicabili minusvalenre di realizzo dell’attivo o l’emersione di maggiori passività” (v. relazione integrativa del 09/02/2016, riportata a pag. 7 del decreto).
5.3. A fronte di simili avvertenze, non si comprende come il tribunale possa aver sostenuto che il Dott. C. avesse attestato “la fattibilità del piano sotto il profilo dei tempi e delle modalità di soddisfazione dei creditori, senza tuttavia fare alcun riferimento alla sua idoneità ad assicurare la soddisfazione di una percentuale minima del venti per cento dei creditori chirografari”, tanto più che a pag. 6 del decreto viene trascritto l’ulteriore passaggio della relazione del 15/11/2015 per cui “si tratterebbe comunque di una percentuale superiore al 20% che rappresenterebbe la soglia minima di soddisfazione qualora il concordato sia ritenuto sostanzialmente liquidatorio”. Appare da ciò evidente, infatti, come l’attestatore ritenesse quantomeno dubbia sotto il profilo giuridico l’applicabilità della soglia minima del 20% ex art. 160, comma 4, L. fall., trattandosi di novità introdotta in sede di conversione del D.L. n. 83 del 2015 ad opera della L. n. 132 del 2015 e perciò applicabile solo ai procedimenti di concordato introdotti successivamente al 21 agosto 2015 e non presentati nelle forme della continuità aziendale ex art. 186-bis L. fall. (diversamente da quanto risultava all’apparenza dalla domanda di insinuazione al passivo trascritta a pag. 6 del ricorso).
5.4. Infine, l’attestazione che eventuali variazioni di realizzo dei beni sul mercato avrebbero potuto far scendere la soddisfazione dei creditori chirografari al di sotto di quella soglia – rendendo così incerta, in termini di garanzia assoluta, la fattibilità del concordato – non integra un’ambiguità tale da assurgere a grave inadempimento della prestazione, denotando semmai l’intenzione dell’attestatore di prospettare ai creditori ogni possibile evenienza, in vista dell’espressione del voto.
6. Per concludere, il tribunale, nel sostenere che le due relazioni attestative risultano “ab origine prive di alcuna utilità per la massa dei creditori”, sembra fare una qualche confusione tra il piano dell’inadempimento o inesatto adempimento dell’obbligazione dell’attestatore (cfr. Cass. 14050/2021 in caso di adempimento solo parziale) e quello della funzionalità dell’attestazione alle finalità istituzionali della procedura concordataria, che giustifica, secondo un giudizio di utilità ex ante, la prededucibilità del credito.
7. La decisione va quindi cassata per un esame più puntuale dei profili di inadempimento dell’obbligazione assunta dall’attestatore, distinti da quelli della sua funzionalità in relazione all’art. 111 L. fall..
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Pistoia, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022