Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.1493 del 18/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 641-2020 proposto da:

I.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPENNINI, 46, presso lo studio dell’avvocato STEFANO ISIDORI, che lo rappresenta e difende unitamente a se stesso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SRL;

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 4482/2019de1 TRIBUNALE di ROMA, depositato il 20/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento ***** s.r.l. (dichiarato esecutivo, quanto alle domande tempestive, in data 09/07/2014) proposta dall’avvocato I.I. contro la dichiarazione di inammissibilità della propria domanda “ultra-tardiva” di ammissione del credito di Euro 78.464,00 (o in subordine Euro 51.064,00) per prestazioni professionali rese alla società in bonis (compresa la domanda di ammissione a concordato preventivo).

1.1. In particolare il giudice a quo ha rilevato, “alla luce della documentazione in atti”, che “l’opponente, legale della società poi fallita, ha avuto sin dal 31 marzo 2014 la piena conoscenza dell’intervenuto fallimento” e che “può pertanto escludersi, nella ipecie, che il ritardo nella presentazione dell’istanza dia dipeso da causa al creditore non imputabile”, ai sensi dell’art. 101 l.fall..

2. Il ricorrente ha impugnato detta decisione con ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Fallimento intimato non ha svolto difese. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

3. Con il primo motivo si lamenta la “violazione di norme di diritto in relazione all’art. 101 l.fall.” in quanto: a) la domanda sarebbe stata considerata ultratardiva “sul presupposto errato che dies a quo per il computo del termine (..) fosse la prima dichiarazione di esecutorietà in relazione alle domande tempestive”, mentre si dovrebbe fare riferimento al “deposito del decreto di esecutività emesso dopo l’esame di tutte le istanze”; b) “la motivazione è fallace, giacché non viene provato che la data del 9 luglio 2014 fosse la data di esecutorietà dello stato passivo delle domande tempestive del fallimento”; c) il ritardo sarebbe scusabile perché il curatore aveva indicato “una data di esecutorietà diversa da quella poi dedotta in giudizio” (a pag. 5 del ricorso si deduce che nel parere fornito al giudice delegato 1 curatore aveva indicato che lo stato passivo era stato “dichiarato esecutivo il 9-12-2015”).

3.1. Il motivo, oltre ad essere inammissibile per difetto di autosufficienza, è anche infondato, poiché la tardività ai sensi dell’art. 101, comma 1, l.fall. si computa a decorrere dal decreto di esecutività delle domande tempestive, non già di tutte le domande che vengono successivamente esaminate come domande tardive.

4. Il secondo mezzo denunzia il medesimo vizio “sotto altro aspetto, per avere il Tribunale… dedotto che il ricorrente avesse piena conoscenza dal 31.3.2014 del fallimento… senza alcun documento e/o produzione di controparte che provasse questa circostanza”, in quanto “il mandato conferito dalla società venne revocato proprio contestualmente al deposito della domanda di Concordato preventivo e controparte non ha provato di aver comunicato all’Avv. I. il fallimento”.

4.1. La censura, oltre ad essere inammissibile perché di tipo meritale (in quanto afferente la valutazione delle risultanze istruttorie), risulta anche infondata, alla luce non solo della documentazione allegata al ricorso (v. mail del 31 marzo 2014 inviata dal curatore fallimentare all’avv. I., contenente tra l’altro la comunicazione dell’intervenuto fallimento – doc. D), ma anche del suo tenore testuale, laddove il ricorrente ammette di aver in un primo momento soprasseduto alla presentazione della domanda di insinuazione al passivo e di essersi poi determinato a farlo solo il 18 ottobre 2016, dopo che la curatela gli aveva chiesto la restituzione dei compensi corrisposti nel 2013 (v. pag. 7 e 9 del ricorso). Al di là delle imprecisioni nelle date, obiettivamente contenute nelle allegate comunicazioni del curatore, il decreto non merita perciò di essere cassato sotto questo profilo.

5. Con il terzo motivo si contesta la “Nullità del decreto o del procedimento”, in relazione all’art. 112 c.p.c., per la “mancata considerazione nella sentenza della domanda di compensazione svolta espressamente in via subordinata e completa mancanza di motivazione al riguardo”.

5.1. La censura è inammissibile poiché non coglie la ratio decidendi del decreto impugnato, essendo evidente che l’inammissibilità del ricorso precludeva l’esame nel merito (anche) delle domande subordinate.

6. Segue la declaratoria di inammissibilità senza statuizione sulle spese del presente giudizio, in assenza di difese della curatela intimata.

7. Ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2022

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