Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.1523 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4509/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Eurofondazioni s.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 119/38/15 depositata il 15 gennaio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate notificò a Eurofondazioni s.r.l. un avviso di accertamento, relativo al periodo d’imposta 2003, con il quale recuperava a tassazione, tra l’altro e per quanto qui ancora rileva, i seguenti componenti negativi: a) spese di manutenzione per Euro 63.557,95, in quanto ritenute non di competenza del periodo d’imposta 2003 ma del periodo d’imposta 2002, nel quale erano state sostenute; b) perdite su crediti per Euro 38.144,71, in quanto ritenute non di competenza del periodo d’imposta 2003 ma dei precedenti periodi d’imposta in cui i debitori della società contribuente erano stati assoggettati a procedure concorsuali;

Eurofondazioni s.r.l. impugnò l’avviso di accertamento davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma (hinc anche: “CTP”), che accolse il ricorso della società contribuente;

avverso la parte di tale pronuncia concernente le due sopra menzionate riprese a tassazione, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò con la motivazione che: “(l)’Agenzia ha appellato la sentenza di primo grado senza nulla aggiungere alle argomentazioni già addotte in primo grado circa la regolarità del proprio operato, in rispetto dei principi contabili di “cassa” e di “competenza”, ma nulla ha aggiunto in merito alla presunta evasione d’imposta pretesa o ad errori contabili eventuali. La Commissione, esaminati i dati sottoposti ad esame, seppur vi siano incertezze interpretative contabili, ritiene valida e regolare la contabilità della società, a nulla incidendo le presunzioni semplici dell’Ufficio, non riscontrandosi alcun intento evasivo o simile. La Commissione sposa le motivazioni già esaminate dai primi giudici e le fa proprie. Ogni altra argomentazione addotta dalle parti viene assorbita da questa”;

avverso tale decisione – depositata in segreteria il 15 gennaio 2015 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 12/15 febbraio 2016, a tre motivi;

Eurofondazioni s.r.l. non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61 e dell’art. 132 c.p.c., per essere la sentenza impugnata motivata in modo solo apparente, inidoneo a rivelare la ratio decidendi, atteso che essa: consiste “unicamente in apodittiche e generiche affermazioni, nelle quali è all’evidenza assente qualsivoglia motivazione circa la reiezione dell’impugnazione dell’Agenzia delle entrate”; è “priva di qualsivoglia nesso con i (…) motivi dell’impugnazione erariale, e meramente confermativa della decisione di primo grado”; “si è concretamente risolta in clausole sostanzialmente “di stile”, puramente assertiva della conferma del decisum di prime cure, e ciò senza che siano realmente enucleate le ragioni della decisione”; “non consente dunque in alcun modo di individuare l’Iter logico seguito, nonché delle ragioni che stanno a fondamento della decisione”;

con il secondo motivo, relativo al recupero a tassazione delle spese di manutenzione per Euro 63.557,95, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 102 e 109 e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR, ritenuto la deducibilità delle suddette spese di manutenzione nell’anno d’imposta 2003, nonostante le stesse, essendo state sostenute nel 2002, e non costituendo spese “incrementative”, dovessero essere interamente imputate a quest’ultimo periodo d’imposta;

con il terzo motivo, relativo alle perdite su crediti per Euro 38.144,71, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 101 e 109 e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR ritenuto la deducibilità delle suddette perdite su crediti nell’anno d’imposta 2003 nonostante il fatto che i debitori della società contribuente fossero stati assoggettati a procedure concorsuali in periodi d’imposta precedenti al 2003 e senza che la stessa società contribuente avesse “off(erto) e documenta(to) alcun elemento in base al quale – a fronte delle sentenze dichiarative di fallimento dei propri debitori, tutte incontestabilmente anteriori al 2003 – potersi verificare che la perdita fosse definitivamente maturata, in relazione sia all’an che al quantum – in quell’anno”;

il primo motivo è fondato;

le Sezioni unite di questa Corte hanno chiarito che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232);

con riguardo, in particolare, alla sentenza pronunciata in grado di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado impugnata, e con specifico riferimento al processo tributario, questa Corte ha altresì affermato che “e’ nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame” (Cass., 05/10/2018, n. 24452; nello stesso senso, Cass., 26/06/2017, n. 15884, 11/06/2014, n. 13148, 16/12/2013, n. 28113, 24/01/2007, n. 1573);

l’impugnata sentenza della CTR rientra in modo paradigmatico in tale grave anomalia argomentativa, concretizzando, perciò, un caso di motivazione apparente, chiaramente al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054);

essa, infatti – senza neppure esporre le ragioni delle due riprese a tassazione né i motivi dell’appello dell’Agenzia delle entrate – si è limitata, da un lato, ad asserzioni del tutto anapodittiche (“ritiene valida e regolare la contabilità della società, a nulla incidendo le presunzioni semplici dell’Ufficio, non riscontrandosi alcun intento evasivo o simile”), dall’altro lato, ad affermare di aderirire alla motivazione della sentenza di primo grado, rendendo così impossibile comprendere sia il thema decidendum sia le ragioni poste a fondamento della decisione, non potendosi, in particolare, ritenere che la predetta adesione alla motivazione della sentenza di primo grado sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dei motivi di impugnazione;

da ciò consegue la fondatezza del motivo;

l’esame del secondo e del terzo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo;

pertanto, il primo motivo deve essere accolto, assorbiti il secondo e il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, perché provveda, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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