LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11860/2019 proposto da:
K.J., elettivamente domiciliato in Lecce Vico Piccinni 6, presso l’Avv.to Letizia Garrisi, che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 29/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/09/2021 da Dott. MELONI MARINA.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Lecce sezione specializzata per la protezione internazionale, con provvedimento in data 29/1/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce in ordine alle istanze avanzate da K.J. nato in *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.
Il richiedente asilo proveniente dallo Stato del Gambia aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce di essere fuggito dal proprio paese nel febbraio del 2016 perché era stato ingiustamente accusato di furto di denaro dal marito di sua nonna con la quale viveva e, su consiglio della sua stessa nonna, era stato indotto a fuggire per non essere arrestato.
Il Tribunale di Lecce in particolare ha escluso le condizioni previste per il riconoscimento del diritto al rifugio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 7 e 8, ed i presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per la concessione della protezione sussidiaria, non emergendo elementi idonei a dimostrare che il ricorrente potesse essere sottoposto nel paese di origine a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti. Nel contempo il collegio di merito ha negato il ricorrere di uno stato di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nonché una situazione di elevata vulnerabilità individuale.
Avverso il decreto del Tribunale di Lecce ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 18 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2 e 3, per non aver il tribunale ritenuto sussistenti i presupposti per concedere la protezione dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, lett. C) e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice di merito non ha concesso la protezione sussidiaria e, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente, non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria senza tener conto della integrazione raggiunta in Italia.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10 Cost., comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del principio di non refoulment.
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere il Tribunale valutato il processo di integrazione del richiedente asilo nel nostro paese in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonché i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria.
Il ricorso è inammissibile e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi. Tutti i motivi di ricorso sono inammissibili in quanto contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale territoriale e sollecitano un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.
La parte non può, invero, rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056) ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).
In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, la mancanza dei presupposti per concedere il diritto al rifugio nonché l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. C, avendo il Tribunale indagato sulla situazione del paese di provenienza sulla base di siti online puntualmente citati.
In riferimento alla disposizione dell’art. 10 Cost., questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 e di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione. (Cass. 10686 del 2012; n. 16362 del 2016).
In ordine poi alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria secondo l’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass. S.U. 2019/29460 e 14437/2021) il ricorrente censura l’accertamento di merito compiuto dal Tribunale in ordine alla insussistenza di una particolare situazione di vulnerabilità del ricorrente: tuttavia il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice di merito (in sé evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato e quale è il percorso di integrazione intrapreso e l’attività lavorativa svolta.
In ordine poi alla comparazione tra la situazione attuale e quella del paese di origine alla luce della pronuncia di questa Corte n. 4455/2018 e quella successiva Cass. 17169/2019, 14437/2021 la Corte ha affermato che non risulta dimostrato in alcun modo che il rimpatrio del ricorrente possa determinare la privazione della titolarità dei diritti umani al di sotto del nucleo ineliminabile della dignità personale né il ricorrente ha dimostrato che il grado di integrazione raggiunta nel nostro paese sia talmente elevato da integrare motivo sufficiente, secondo quanto accertato dal giudice di merito, ai fini dell’accoglimento del ricorso, a tutela di un maturato e consolidato inserimento sociale-lavorativo. Infatti la Corte ha accertato un percorso lavorativo frammentario, con brevi rapporti di lavoro generalmente stagionali presso stabilimenti balneari nel periodo estivo.
Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 24 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022