LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27299 – 2020 R.G. proposto da:
Avvocato D.G.A., – c.f. ***** – da sé medesimo ai sensi dell’art. 86 c.p.c. rappresentato e difeso ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Laura Mantegazza, n. 24, presso Marco Gardin.
– ricorrente –
contro
MINISTERO della GIUSTIZIA, in persona del ministro pro tempore.
– intimato –
avverso il decreto n. 166 – 18/28.2.2020 della Corte d’Appello de L’Aquila, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 ottobre 2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex lege n. 89 del 2001 alla Corte d’Appello de L’Aquila depositato in data 10.7.2019 l’avvocato D.G.A. si doleva per l’irragionevole durata del giudizio di opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 promosso, con ricorso depositato il 18.2.2010, avverso la liquidazione disposta in favore del c.t.u. nominato nell’ambito del giudizio innanzi al Tribunale di Pescara iscritto al n. 124/2005 r.g..
Chiedeva ingiungersi al Ministero il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto n. 755/2019 il consigliere designato rigettava il ricorso.
3. D.G.A. proponeva opposizione. Il Ministero della Giustizia non si costituiva.
4. Con decreto n. 166/2020 la Corte de L’Aquila rigettava l’opposizione.
Premetteva la corte che il giudizio “presupposto” si era articolato in un primo grado, in due gradi di legittimità ed in due giudizi di rinvio e si era protratto dal 18.2.2010 al 6.9.2018, sicché aveva avuto uno sviluppo complessivo di 8 anni, 6 mesi e 18 giorni.
Indi evidenziava che correttamente il consigliere designato aveva determinato in 7 anni la durata ragionevole e correttamente aveva sottratto dalla durata complessiva il tempo intercorso tra il deposito delle decisioni via via succedutesi e la proposizione degli atti di impugnazione o di riassunzione.
Evidenziava dunque che ineccepibilmente il consigliere designato aveva escluso la sussistenza di frazioni di irragionevole durata e che non aveva rilievo la circostanza per cui il tribunale avesse provveduto a riassumere ex officio il secondo giudizio di rinvio.
5. Avverso tale decreto ha proposto ricorso D.G.A.; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.
6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza di tutti i motivi di ricorso.
7. Il ricorrente ha depositato memoria.
8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 13,41 e 46 della C.E.D.U. e della L. n. 848 del 1955 in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.; l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 2 bis e 2 quater, per contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma 1, in relazione agli artt. 6, par. 1, 13,41 e 46 C.E.D.U..
Deduce che la corte d’appello ha ingiustificatamente dilatato il periodo di ragionevole durata del processo ed ha così azzerato il periodo di irragionevole durata e l’indennizzo dovuto e ciò quantunque i criteri di determinazione dell’indennizzo stabiliti dalla Corte E.D.U. non possono essere ignorati dal giudice nazionale.
9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 13,41 e 46 della C.E.D.U. e della L. n. 848 del 1955 in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.; la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis; l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis, per contrasto con l’art. 3 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma 1, in relazione agli artt. 6, par. 1, 13,41 e 46 C.E.D.U..
Deduce che la corte di merito non ha considerato che nel primo grado del giudizio “presupposto” non è stata svolta alcuna attività istruttoria.
10. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 111 Cost., comma 6.
Deduce che la motivazione dell’impugnato dictum è incomprensibile.
11. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 13,41 e 46 della C.E.D.U. e della L. n. 848 del 1955 in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.; denuncia l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quater, per contrasto con l’art. 3 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma 1, in relazione agli artt. 6, par. 1, 13,41 e 46 C.E.D.U..
Deduce che è del tutto ingiustificata l’esclusione dalla durata irragionevole dell’arco temporale intercorrente tra la pubblicazione della sentenza e la proposizione dell’impugnazione.
12. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quater, in relazione agli artt. 392 e ss. c.p.c..
Deduce che ha errato la corte territoriale a ritenere che non ha rilievo la circostanza per cui il tribunale avesse provveduto all’iscrizione ex officio del secondo giudizio di rinvio.
13. Il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede, tanto più che le argomentazioni svolte dal ricorrente in memoria non sono – si dirà – da condividere.
I motivi di ricorso – da disaminare congiuntamente siccome i rilievi che la loro delibazione postula, tendono a sovrapporsi ed a riproporsi – sono dunque infondati e da respingere.
14. Con motivazione congrua, appieno comprensibile (contrariamente a quanto addotto con il terzo mezzo) ed in toto ineccepibile, siccome senz’altro conforme al dettato legislativo di riferimento (L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis), la Corte d’Appello de L’Aquila ha dapprima determinato la durata ragionevole del giudizio “presupposto”, ha poi defalcato dalla durata residua le frazioni “temporali” corrispondenti al tempo intercorso tra il deposito delle decisioni via via susseguitesi e la proposizione degli atti di impugnazione o di riassunzione, ha infine riscontrato l’assenza di frazioni di durata “irragionevole”.
E’ sufficiente, con riferimento in particolare alla durata ragionevole del giudizio di rinvio, richiamare l’insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. (ord.) 5.9.2019, n. 22299; Cass. 2.10.2015, n. 19769).
E’ sufficiente, con riferimento in particolare ai periodi di stasi del giudizio “presupposto”, del pari richiamare l’insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26833, secondo cui la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quater, introdotto dal D.Lgs. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 – secondo cui, ai fini del computo del termine ragionevole di durata, “non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l’impugnazione e la proposizione della stessa” – pur se destinato ad essere applicato ai giudizi introdotti successivamente all’11 settembre 2012, esprime un chiaro elemento interpretativo della “ratio” della legge sull’equa riparazione, da ritenersi operante, in assenza di una previsione legislativa di segno contrario, anche per i processi instaurati anteriormente alla sua entrata in vigore; sicché non può essere addebitato all’amministrazione della giustizia il lasso di tempo di stasi processuale, nel quale nessun giudice è incaricato della trattazione del processo, come quello relativo al decorso del termine (nella specie, c.d. “lungo”) per proporre impugnazione; Cass. (ord.) 23.8.2021, n. 23282).
15. In questo quadro non possono ricever seguito gli assunti del ricorrente.
Ovvero la deduzione secondo cui la decisione della Corte de L’Aquila costituisce risultato “ottenuto grazie ad una serie di micidiali sforbiciate, che hanno artificiosamente dilatato oltre ogni ragionevole misura proprio il periodo di durata ragionevole del processo” (così ricorso, pag. 9).
Ovvero la deduzione secondo cui è da escludere che la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 bis, prefiguri “una misura standard di durata ragionevole di TUTTI i giudizi (…) senza lasciare al Giudice alcuna facoltà di stabilire la stessa caso per caso” (così ricorso, pag. 11; nello stesso senso cfr. ricorso, pag. 17).
Ovvero la deduzione secondo cui non si è tenuto conto che nel primo grado del giudizio “presupposto” non è stata svolta alcuna attività istruttoria, sicché è del tutto incongruo commisurarne la durata ragionevole a tre anni (cfr. ricorso, pag. 16).
Ovvero la deduzione secondo cui l'”intervallo di una certa durata tra un grado e l’altro del giudizio deve in ogni caso considerarsi necessario alla luce della condizione in cui versano gli uffici giudiziari italiani” (così ricorso, pag. 23).
Ovvero la deduzione secondo cui “non è dato sapere, tuttavia, come si possa, in effetti, considerare di “durata ragionevole” il giudizio presupposto qui esaminato, considerato l’allucinante sviluppo di quest’ultimo” (così memoria, pag. 1).
Ovvero la deduzione secondo cui “non si può imputare al comportamento del ricorrente lo svolgimento di due procedimenti di legittimità e dei due giudizi di rinvio” (così memoria, pag. 5).
16. In pari tempo, a fronte dell’imprescindibilità dell’iniziativa di parte ai fini della riassunzione del giudizio di rinvio nel termine all’uopo disposto, ineccepibilmente la corte aquilana ha reputato irrilevante (tale che “non sposta i termini della questione”: così decreto impugnato, pag. 4) la circostanza per cui il tribunale avesse provveduto alla iscrizione ex officio del secondo giudizio di rinvio.
Ovviamente, ai fini dell'”equa riparazione”, non ha precipua valenza la doglianza – veicolata dal quinto mezzo – secondo cui la corte abruzzese non ha considerato i significativi disagi che l’iscrizione ex officio ebbe, al ricorrente, a cagionare.
17. Sono del tutto avulsi dalla “ratio decidendi” i rilievi concernenti il quantum dell’indennizzo (cfr. ricorso, pagg. 12 – 14).
18. Sono manifestamente infondate le questioni tutte di legittimità costituzionale reiteratamente sollevate dal ricorrente.
19. Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese; nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in punto di spese va pertanto assunta.
20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022