Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.1589 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1975/19 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC paololittera.ordineavvocatibo.pec.it, difeso dall’avvocato Domenico Sommario, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Unione Terre di Castelli, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Modena, viale Giuseppe Verdi n. 50, difeso dall’avvocato Enrico d’Avella, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché

Prefettura di Modena;

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Modena 30.5.2018 n. 987;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23 novembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

FATTI DI CAUSA

1. Il 9 maggio 2015 la polizia municipale dell’Unione Terre di Castelli (ente locale costituito dall’associazione di otto diversi comuni) irrogò a V.M. una sanzione amministrativa pecuniaria, nonché il sequestro del mezzo, per avere lasciato in sosta un motociclo privo di copertura assicurativa.

2. V.M. propose opposizione al prefetto avverso il provvedimento sanzionatorio, rigettato con provvedimento del 22 gennaio 2016.

V.M. impugnò allora dinanzi al Giudice di pace di Modena l’ordinanza-ingiunzione emessa dal prefetto della medesima città con un atto formalmente qualificato “opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e di accertamento negativo del credito”, concluso dalla richiesta di accertare l’inesistenza di propri debiti verso la prefettura e dichiarare l’annullamento della confisca.

Nel giudizio intervenne volontariamente l’Unione Terre di Castelli.

3. Il Giudice di pace di Modena con sentenza 24 maggio 2017 n. 460 rigettò l’opposizione.

Ritenne il Giudice di pace che:

-) il verbale di contestazione dell’infrazione e il verbale di sequestro del mezzo erano stati ritualmente notificati alla parte interessata il 25.5.2015;

-) l’opposizione amministrativa proposta dall’interessato avverso i suddetti verbali era stata rigettata dal Prefetto di Modena con ordinanza-ingiunzione del 22.1.2016, la quale essendo affetta da “alcuni errori materiali” venne sostituita da un nuovo provvedimento emesso in pari data, ritualmente notificato all’interessato il 25.2.2016;

-) l’ordinanza ingiunzione non era stata impugnata entro il termine di 30 giorni stabilito dall’art. 205 C.d.S., ed era diventata perciò definitiva. La sentenza venne impugnata dal soccombente.

4. Con sentenza 30 maggio 2018 n. 98 il Tribunale di Modena rigettò il gravame.

A fondamento della decisione il Tribunale osservò che:

-) colui il quale assuma che un’ordinanza-ingiunzione, irrogativa di sanzione amministrativa, non gli sia stata validamente notificata, può – ricorrendone i presupposti – proporre un’opposizione esecutiva c.d. “recuperatoria” una volta che gli sia stata notificata la cartella esattoriale;

-) con riferimento alla sanzione della confisca del mezzo, l’ordinanza-ingiunzione risultava ritualmente notificata; la circostanza che l’ente impositore a dimostrazione della ritualità della notifica avesse prodotto l’avviso di ricevimento in fotocopia era irrilevante, in quanto la conformità della fotocopia all’originale era stata contestata in modo generico.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da V.M. con ricorso fondato su otto motivi.

Ha resistito con controricorso la Unione Terre di Castelli.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta il vizio di omessa pronuncia.

Sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di pronunciare in merito all’invocato difetto di legittimazione passiva della Unione Terre di Castelli.

1.1. Il motivo è infondato.

Il Tribunale, condannando l’appellante alle spese di lite in favore della Unione Terre di Castelli, ha implicitamente rigettato la suddetta eccezione.

In ogni caso la Unione Terre di Castelli, in quanto ente che ha irrogato la sanzione, aveva un interesse concreto e giuridicamente rilevante ad intervenire nel giudizio e a chiedere il rigetto della domanda.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di quattro diverse norme procedurali, oltre che dell’art. 2697 c.c..

Il motivo, se pur formalmente unitario, affastella varie censure, così riordinabili e riassumibili:

-) il Tribunale ha fondato la propria decisione su prove inutilizzabili, in quanto prodotte da un terzo (la Unione Terre di Castelli) intervenuto in causa senza averne interesse;

-) all’opponente non era mai stata notificata validamente l’ordinanza-ingiunzione;

-) erroneamente il Tribunale ha ritenuto “non validamente contestata” l’attendibilità dell’avviso di ricevimento prodotto dalla Unione Terre di Castelli; -) non vi era prova di una valida notifica dei provvedimenti sanzionatori, e comunque tale prova doveva essere data dalla prefettura, che invece rimase contumace.

2.1. Il motivo è innanzitutto inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, in quanto non è consentito sovrapporre e mescolare censure diverse in un unico motivo.

In ogni caso:

-) correttamente il Tribunale ha utilizzato i documenti prodotti dal soggetto intervenuto in causa, essendo per quanto detto l’intervento dell’ente impositore legittimo ed ammissibile;

-) la censura secondo cui il Tribunale avrebbe errato nel ritenere “riconducibile al ricorrente” la relata di notifica prodotta dalla Unione Terre di Castelli è inammissibile, in quanto attiene ad un apprezzamento di fatto;

-) la censura secondo cui non vi era prova che l’avviso di ricevimento depositato dalla Unione Terre di Castelli fosse riferibile ad una busta contenente l’ordinanza-ingiunzione emessa dal prefetto di Modena è infondata, dal momento che è onere del destinatario dell’atto, e non del mittente, dimostrare che l’atto notificatogli avesse un contenuto diverso da quello preteso dal mittente.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe erroneamente fondato la propria decisione su un avviso di ricevimento prodotto solo in fotocopia, e come tale inutilizzabile.

3.1. Il motivo è inammissibile, e comunque infondato.

Innanzitutto il motivo è inammissibile perché non pertinente rispetto alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata.

Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che l’odierno ricorrente non avesse contestato in modo specifico le fotocopie prodotte dalla unione terre di castelli, limitandosi ad un disconoscimento effettuato “su un piano di totale astrazione dalle caratteristiche” del documento: ratio decidendi che non viene censurata dal ricorso.

3.2. In ogni caso, e nel merito, questa Corte ha più volte affermato che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche, quali ad esempio “impugno e contesto”; ovvero “contesto tutta la documentazione perché inammissibile ed irrilevante”.

L’eccezione di non conformità tra copia ed originale, al contrario, va sollevata in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Sez. 3, Sentenza n. 7775 del 03/04/2014, Rv. 629905 – 01; nello stesso senso, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 29993 del 13/12/2017, Rv. 646981 – 01; Sez. 2 -, Sentenza n. 27633 del 30/10/2018; Rv. 651376 – 01; Sez. 5 -, Sentenza n. 16557 del 20/06/2019, Rv. 654386 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14279 del 25/05/2021, Rv. 661573 – 01).

La contestazione della conformità all’originale degli atti prodotti in copia (art. 2719 c.c.), infatti, come qualsiasi domanda od eccezione, ha lo scopo di delimitare l’oggetto del contendere; e ciò non potrebbe avvenire se non quando quell’eccezione sia precisa e circostanziata.

Sarebbe infatti incoerente con elementari canoni di logica, oltre che col principio costituzionale ed Eurounitario di ragionevole durata del processo, supporre che nel processo fosse consentito sollevare eccezioni senza indicarne con chiarezza inequivoca il fondamento fattuale.

Così, ad esempio, della copia d’un documento si potrà sempre negare che differisca dall’originale quanto alla sottoscrizione, oppure al contenuto, od ancora alla data, od anche a tutti questi elementi insieme; non può per contro ammettersi che la parte controinteressata a quel documento possa limitarsi ad eccepire che “la copia non è conforme”, e null’altro.

Ciò ribalterebbe sulla controparte prima, e sul giudice poi, l’onere di intuire in cosa consista la difformità e di conseguenza su quali fatti occorra svolgere l’istruttoria: un esito incompatibile con la millenaria regola giuridica per cui in universo iure civili nemo divinare tenetur (tali principi generali, oggi pacifici, hanno formato tutti oggetto della fondamentale decisione pronunciata da Sez. U., Sentenza n. 761 del 23/01/2002, Rv. 551789).

Qualsiasi contestazione in ambito processuale non può dunque essere ambigua o generica, perché lascerebbe irrisolto il dubbio se i fatti contestati in modo ambiguo debbano essere provati o meno. Per queste ragioni la contestazione generica deve ritenersi tamquam non esset: e ciò sia per quanto attiene le modalità di contestazione dei fatti processuali allegati dalla controparte; sia per quanto attiene le modalità di contestazione della conformità all’originale della copia di un documento.

4. Col quarto motivo il ricorrente lamenta la “nullità della sentenza per omessa pronuncia ed omessa ammissione delle prove richieste da parte ricorrente”.

4.1. Il motivo è inammissibile perché il ricorrente non espone nel ricorso, in violazione dell’onere imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6, quali fossero i capitoli di prova e la formula del giuramento non ammessi.

5. Col quinto motivo il ricorrente prospetta il vizio di omessa pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Nella illustrazione del motivo, dopo aver premesso che “il ricorso, laddove la pubblica amministrazione non dia prova certa della notifica di un atto, non ha alcun termine di scadenza”, soggiunge che la sentenza è viziata per omessa pronuncia “circa alcuni punti del ricorso di primo grado che sono stati omessi di esaminare” (sic) dal giudice d’appello.

5.1. Nella prima parte (quella concernente la tardività dell’opposizione) il motivo è inammissibile per totale mancanza di una chiara censura avverso la sentenza impugnata.

Nella seconda parte (quella concernente l’omesso esame di alcuni motivi d’appello) il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

Il Tribunale, infatti, ha ritenuto tardiva l’opposizione ad ordinanza-ingiunzione proposta dall’odierno ricorrente, sicché non era tenuto ad esaminare la regolarità formale e sostanziale del provvedimento sanzionatorio.

6. Col sesto motivo il ricorrente deduce che erroneamente il Tribunale ha ritenuto valida l’ordinanza-ingiunzione oggetto del contendere, in quanto essa era sottoscritta da un viceprefetto aggiunto, non legittimato ad adottare il suddetto provvedimento.

6.1. Il motivo è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi, alla pari del quinto motivo di ricorso.

7. Col settimo motivo il ricorrente lamenta l’erroneità del provvedimento impugnato, per avere ritenuto valida un’ordinanza-ingiunzione priva di firma autografa.

7.1. Anche il motivo in esame è inammissibile per la medesima ragione indicata con riferimento al quinto ed al sesto motivo.

8. Con l’ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c.. Deduce che non poteva essere condannato alla rifusione delle spese nei confronti della Unione Terre di Castelli, in quanto egli aveva convenuto in giudizio solo la prefettura.

8.1. Il motivo è manifestamente infondato.

L’ente impositore per quanto già detto aveva un interesse concreto e legittimo all’intervento in giudizio, il quale andava qualificato come intervento adesivo dipendente.

E l’interventore adesivo dipendente ha diritto alla rifusione delle spese di lite in caso di soccombenza dell’attore (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 1105 del 20/01/2006, Rv. 587888 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 18944 del 11/12/2003, Rv. 569303 – 01; e via risalendo fino a Sez. 3, Sentenza n. 500 del 13/02/1968, Rv. 331561 – 01, ove già si affermò il principio secondo cui il soccombente e tenuto a pagare all’interventore le spese giudiziali, essendo sufficiente a tal fine la partecipazione dell’interventore al giudizio (Sez. 3, Sentenza n. 500 del 13/02/1968, Rv. 331561 – 01).

9. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna V.M. alla rifusione in favore di Unione Terre di Castelli delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfetarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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