LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14002-2020 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), quale successore dell’Agenzia del Territorio, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA ROMANA DEI PADRI SCOLOPI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIA N. 1606 presso lo studio dell’avvocato MARIALAURA LAPENNA che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5231/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 24/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 15/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di accertamento relativo a due immobili siti a *****, il quale aveva aumentato per entrambi la rendita catastale e aveva modificato per uno la categoria da B/5 (scuole e laboratori scientifici) a D/8 (fabbricati per esigenze di un’attività commerciale) e per l’altro – per il quale non sussiste più contenzioso lasciando inalterata la categoria D/6 (fabbricati per esercizi sportivi con fine di lucro);
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che l’avviso di accertamento è motivato in modo generico e il nuovo classamento e la nuova rendita catastale sono stati eseguiti con stima diretta spiegandosi nella relazione sintetica che la modifica si giustifica perché l’immobile è destinato a scuola privata i cui locali consistono in aule, biblioteca, palestra, aula magna, parcheggi coperti e scoperti ma non vengono indicati i motivi specifici della suddetta modifica: tale scuola non ha finalità commerciale perché le rette non costituiscono un utile ma solo una parziale copertura delle spese e i costi non coperti dalle rette restano a totale carico dell’ente religioso, come comprovato dalle dichiarazioni dei redditi in perdita economica presentate ogni anno all’Agenzia delle entrate, circostanza non contestata dall’Ufficio.
L’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione e falsa applicazione del D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, per avere l’Ufficio correttamente rideterminato il classamento e la rendita catastale dell’immobile in questione utilizzando quale parametro tecnico la consistenza lorda dell’immobile rilevata dalla planimetria depositata dalla parte tramite DOCFA.
Il motivo di impugnazione è inammissibile.
Le doglianze della parte ricorrente, infatti, pur formalmente volte a denunciare una violazione di legge e in particolare la scorretta applicazione dei principi in materia di determinazione del classamento e della rendita catastale, investono in realtà il merito della lite facendo riferimento a documentazione tecnica-estimale e ai relativi conteggi – e sono pertanto insuscettibili di poter essere valutate in Cassazione, in quanto con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Cass. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020).
A tal proposito, secondo questa Corte:
in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata (la quale invece, in maniera ragionevole, evidenzia che la sola circostanza che la scuola sia adibita ad una attività di scuola privata non può essere sufficiente ad una rideterminazione del classamento e della rendita catastale da B/5 – scuola – a D/8 – attività commerciale – in considerazione del fatto che l’immobile è naturalmente e funzionalmente destinato ad attività scolastica e le rette pagate dai privati non coprono nemmeno i costi di gestione della scuola stessa), che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., SU, n. 23745 del 2020);
in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 14986 del 2021; Cass. n. 3340 del 2019).
Deve altresì rilevarsi che, per contestare tali circostanze fattuali affermate dalla Commissione Tributaria Regionale, la ricorrente fa riferimento a elementi fattuali e tecnici che non sono trascritti nel corpo del ricorso, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso stesso: in effetti, il principio di autosufficienza – prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Cass. n. 24340 del 2018; Cass. n. 17070 del 2020).
Secondo questa Corte infatti il principio di autosufficienza prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Cass. n. 24340 del 2018; Cass. n. 17070 del 2020).
Nel merito, peraltro, non potrebbe neppure sostenersi che potrebbe trovare pacifica applicazione il principio secondo cui, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 13390 del 2021). L’Ufficio infatti, nell’avviso di accertamento, si è limitato ad osservare che trattasi di scuola “privata”, circostanza questa di per sé certo non dirimente per escluderne il classamento quale “scuola”, e ha omesso di censurare la circostanza fattuale, chiaramente enunciata dalla sentenza impugnata, secondo cui tale scuola privata non ha finalità commerciale perché le rette non costituiscono un utile ma solo una parziale copertura delle spese e i costi non coperti dalle rette restano a totale carico dell’ente religioso, come comprovato dalle dichiarazioni dei redditi in perdita economica presentate ogni anno all’Agenzia delle entrate.
Pertanto, inammissibile l’unico motivo di impugnazione, il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza.
PQM
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.100, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022