Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza Interlocutoria n.160 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 27564/2020 proposto da:

M.Z., rappresentata e difesa dall’Avv. Albina Nucera, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato in calce al ricorso per cassazione, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Francesco Calabrese, in Roma, via Ulpiano, n. 29.

– ricorrente –

contro

D.L., nella qualità di tutore e di curatore speciale della minore Mi.Ma.Pa., nonché nella qualità di rappresentante e difensore ai sensi dell’art. 79 c.p.c., rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata su atto separato allegato al controricorso, dall’Avv. Prof. Francesca Panuccio Dattola, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Mario Albano, sito in Roma, via Adda, n. 87.

– controricorrente –

e Mi.An., rappresentato e difeso dall’Avv. Albina Nucera, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato in calce al ricorso per cassazione, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Francesco Calabrese, in Roma, via Ulpiano, n. 29.

– ricorrente –

contro

D.L., nella qualità di tutore e di curatore speciale della minore Mi.Ma.Pa., nonché nella qualità di rappresentante e difensore ai sensi dell’art. 79 c.p.c., rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata su atto separato allegato al controricorso, dall’Avv. Prof. Francesca Panuccio Dattola, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Mario Albano, sito in Roma, via Adda, n. 87.

– controricorrente –

e V.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Albina Nucera, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato in calce al ricorso per cassazione, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Francesco Calabrese, in Roma, via Ulpiano, n. 29.

– ricorrente –

contro

D.L., nella qualità di tutore e di curatore speciale della minore Mi.Ma.Pa., nonché nella qualità di rappresentante e difensore ai sensi dell’art. 79 c.p.c., rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata su atto separato allegato al controricorso, dall’Avv. Prof. Francesca Panuccio Dattola, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Mario Albano, sito in Roma, via Adda, n. 87.

– controricorrente –

e V.A. e G.A.S., rappresentati e difesi dall’Avv. Albina Nucera, giusta procura speciale rilasciata su foglio separato in calce al ricorso per cassazione, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Francesco Calabrese, in Roma, via Ulpiano, n. 29.

– ricorrente –

contro

D.L., nella qualità di tutore e di curatore speciale della minore Mi.Ma.Pa., nonché nella qualità di rappresentante e difensore ai sensi dell’art. 79 c.p.c., rappresentato e difeso, giusta procura speciale rilasciata su atto separato allegato al controricorso, dall’Avv. Prof. Francesca Panuccio Dattola, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Mario Albano, sito in Roma, via Adda, n. 87.

– controricorrente –

e nei confronti di:

N.V. e Mi.Gi.Br.; Procura Generale presso la Corte di Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di REGGIO CALABRIA n. 10/2020, depositata il 18 settembre 2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 7 luglio 2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 18 settembre 2020, la Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato i reclami presentati nei confronti della sentenza del Tribunale per i minorenni n. 99/2019, depositata il 16 marzo 2019, che aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore Mi.Ma.Pa., nata a *****, da N.V. e Mi.Gi.Br. (zii paterni della minore), Mi.An. (padre naturale della minore), M.Z. (madre della minore), da V.M. (nonna paterna della minore) e da V.A. e G.A.S. (la prima germana della nonna paterna della minore e il di lei coniuge).

2. La Corte di appello di Reggio Calabria, dopo avere disposto consulenza tecnica di ufficio al fine di valutare l’idoneità educativa dei reclamanti, ad eccezione dei genitori naturali della minore (che avevano chiesto entrambi che la propria figlia fosse affidata alla coppia V. – G.), ha precisato che nel giudizio non era in discussione la declaratoria di decadenza della responsabilità genitoriale, avverso la quale non era stato proposto reclamo, quando piuttosto la dichiarazione di adottabilità della minore.

3. I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto, alla luce delle risultanze peritali acquisite, la non idoneità degli zii Mi.Gi.Br. e N.V. e dei prozii V.A. e G.A.S., nonché della nonna paterna V.M., evidenziando che la minore, dal ***** era stata affidata ad una coppia di coniugi che aveva dimostrato la volontà di proseguire la strada di un legame familiare definitivo, nonché la positività della dimensione familiare in cui la minore era inserita e dei legami affettivi significativi nel frattempo instaurati con gli affidatari.

4. Mi.An., M.Z., V.M. e i coniugi V.A. e G.A.S., avverso la detta sentenza, hanno proposto separati ricorsi per cassazione con atti affidati a due motivi.

5. D.L., nella qualità di tutore e di curatore speciale della minore Mi.Ma.Pa., ha depositato separati controricorsi.

CONSIDERATO

Che:

1. Ricorso M.Z..

1.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1993, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante l’omessa convocazione, innanzi la Corte di appello di Reggio Calabria, dei genitori affidatari nell’ambito del procedimento d’appello.

1.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza ritiene legittimo il giudizio in ordine allo stato di abbandono della minore e l’inidoneità dei parenti entro il quarto grado a ricevere l’affidamento, così violando il diritto di ogni bambino di crescere nella propria famiglia di origine, non considerando che entrambi i genitori avevano intrapreso percorsi riabilitativi presso strutture specializzate nel trattamento delle dipendenze; che nessun intervento di sostegno era stato posto in essere nei confronti dei genitori della minore e nulla era stato dichiarato in merito al percorso riabilitativo che gli stessi avrebbero dovuto affrontare e ai tempi di recupero della loro capacità; e non era stata operata una valutazione sull’attualità della situazione di abbandono perché i giudici di secondo grado si erano attenuti alla consulenza d’ufficio espletata in primo grado, senza considerare il recupero delle capacità genitoriali della ricorrente e che non assumevano rilievo i legami affettivi significativi che la minore aveva creato con gli affidatari; che la minore avrebbe potuto essere affidata agli zii paterni tenuto conto della consulenza tecnica di ufficio svolto in secondo grado e dell’inconferente richiamo della giurisprudenza richiamata dalla Corte d’appello che si riferiva ad un caso in cui erano stati fatti dei tentativi di affido endo-familiare che avevano riscontrato l’inidoneità dei parenti entro il quarto grado; che era assente ogni autonoma valutazione da parte dei giudici di secondo grado che si erano limitati a riproporre il ragionamento offerto dal giudice di primo grado; la Corte non aveva valutato in termini di attualità i rapporti attualmente in essere tra gli zii paterni e i genitori e che gli zii non avevano più avuto alcun contatto con questi ultimi, così essendo infondati i timori evidenziati dal Tribunale in ragione della mancanza di obiettività nella valutazione delle condotte poste in essere da Mi.An..

2. Ricorso Mi.An..

2.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1993, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante l’omessa convocazione, innanzi la Corte di appello di Reggio Calabria, dei genitori affidatari nell’ambito del procedimento d’appello.

2.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza ritiene legittimo il giudizio in ordine allo stato di abbandono della minore e l’inidoneità della coppia V. – G. a riceverne l’affidamento; la Corte non aveva considerato la presenza di parenti entro il quarto grado e il diritto della minore a vivere e crescere nella famiglia d’origine, né aveva formulato un giudizio attuale sulla situazione di abbandono della stessa, né rilevavano i legami affettivi significativi stretti con gli affidatari; la Corte non aveva valutato i rapporti attualmente in essere tra il ricorrente e la coppia V. – G. e che questi ultimi non avevano avuto più alcun contatto coni genitori della minore; che nessun intervento di sostegno era stato posto in essere nei confronti dei genitori della minore e nulla era stato detto sul percorso riabilitativo che gli stessi avrebbero dovuto affrontare; la Corte, inoltre, aveva operato un richiamo ai contenuti della consulenza d’ufficio, senza alcuna valutazione autonoma; la Corte non aveva valutato la capacità genitoriale della coppia V. – G., già genitori, e non aveva nemmeno ascoltato, a tali fini, la figlia, G.L., così come richiesto con le deduzioni inoltrate al consulente in data 30 gennaio 2020.

3. Ricorso V.M..

3.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1993, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante l’omessa convocazione, innanzi la Corte di appello di Reggio Calabria, dei genitori affidatari nell’ambito del procedimento d’appello.

3.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza ritiene legittimo il giudizio in ordine allo stato di abbandono della minore e l’inidoneità dei parenti entro il quarto grado a ricevere l’affidamento, non avendo la Corte presa in considerazione la possibilità dell’affidamento della minore ai parenti entro il quarto grado e omettendo ogni valutazione prognostica che considerasse le circostanze fattuali in termini di attualità; né aveva rilievo il fatto che la minore avesse stretto dei legami affettivi significativi con gli affidatari, tenuto conto del preminente principio di fare crescere la minore nella famiglia d’origine; che nessun intervento di sostegno era stato posto in essere nei confronti dei genitori della minore e nulla era stato detto sul percorso riabilitativo che gli stessi avrebbero dovuto affrontare.

4. Ricorso V.A. e G.A.S..

4.1 Con il primo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1993, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, stante l’omessa convocazione, innanzi la Corte di appello di Reggio Calabria, dei genitori affidatari nell’ambito del procedimento d’appello.

4.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza ritiene legittimo il giudizio in ordine allo stato di abbandono della minore e l’inidoneità della coppia V. – G. a riceverne l’affidamento, avendo la Corte di appello, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio di secondo grado, ritenuto i ricorrenti inidonei per la mancanza di obiettività manifestata a più riprese dalla coppia richiedente in relazione alle gravi problematiche del padre della minore, senza tenere in considerazione che i parenti non hanno esitato a chiedere l’intervento della forza pubblica, quando il comportamento dei genitori si era manifestato allarmante e che la madre e il fratello del Mi. avevano presentato numerose denunce nei confronti di quest’ultimo, sicché l’argomento dissimulatorio dei parenti appariva del tutto destituito da ogni fondamento; che, in ogni caso, esisteva un profondo legame affettivo tra i prozii e il Mi. e che questo non aveva alcuna attinenza con l’inidoneità all’affidamento pronunciata dalla Corte; era inconferente il richiamo della giurisprudenza operato dalla Corte d’appello che si riferiva ad un caso in cui erano stati fatti dei tentativi di affido endo-familiare che avevano riscontrato l’inidoneità dei parenti entro il quarto grado; la Corte, inoltre, aveva operato un richiamo ai contenuti della consulenza d’ufficio, senza alcuna valutazione autonoma; la Corte non aveva valutato la capacità genitoriale della coppia V. – G., già genitori, e non aveva nemmeno ascoltato, a tali fini, la figlia, G.L., così come richiesto con le deduzioni inoltrate al consulente in data 30 gennaio 2020; la Corte non aveva considerato la presenza di parenti entro il quarto grado e il diritto della minore a vivere e crescere nella famiglia d’origine, né aveva formulato un giudizio attuale sulla situazione di abbandono della stessa, né rilevavano i legami affettivi significativi stretti con gli affidatari; la Corte non aveva valutato i rapporti attualmente in essere tra il ricorrente e la coppia V. – G. e che questi ultimi non avevano avuto più alcun contatto con i genitori della minore.

5. Tutti i ricorrenti, con il primo motivo di ricorso, hanno dedotto la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, per la mancata audizione, nel giudizio di appello, degli affidatari, presso i quali la minore risulta collocata con decreto del Tribunale per i minorenni del 10 luglio 2018, depositato in data 27 luglio 2018.

La L. n. 184 del 1983, art. 5, stabilisce espressamente che “L’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore”.

Questa Corte ha specificamente affermato la cogenza di tale norma anche nel giudizio di secondo grado, nel corso del quale gli apporti della famiglia affidataria o collocataria assumono rilievo nell’ottica di una completa valutazione dell’interesse del minore (Cass., 7 giugno 2017, n. 14167).

Al riguardo, tuttavia, sussiste la necessità di chiarire l’ambito di applicazione della nullità della L. n. 184 del 1983, ex art. 5, che, nella giurisprudenza di legittimità, non ha avuto una applicazione univoca, tenuto conto delle diverse forme di affidamento previste dalla stessa legge e sotto tale specifico profilo appare, dunque, opportuno che il presente ricorso sia trattato in pubblica udienza.

PQM

La Corte rimette la causa in pubblica udienza.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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