Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.1601 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30885/2020 proposto da:

CM SERVICE, in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con la Impresa Piemonte s.r.l., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.P. DA PALESTRINA 47, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CARDARELLI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SAPIENZA UNIVERSITA’ DI ROMA, in persona del Rettore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTEZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BERNARDI, che la rappresenta e difende;

T. S.R.L., in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo con il Consorzio Stabile Istant Service, nonché del medesimo CONSORZIO STABILE ISTANT SERVICE, in proprio e quale mandante del raggruppamento temporaneo di imprese, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato ANGELO CLARIZIA, che le rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA ALBANESE, ENZO PERRETTINI, e GAETANO ZURLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4832/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 29/07/2020.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/12/2021 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

FATTI DI CAUSA

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4832/2020, pubblicata il 29 luglio 2020, decidendo sul ricorso proposto dalla T. srl contro la C.M. Service s.r.l. e su quello incidentale presentato dalla società C.M. Service, accoglieva l’appello principale e rigettava quello incidentale ed in riforma della sentenza resa dal T.A.R. Lazio n. 12511/2017, con la quale era stato annullato l’atto di aggiudicazione definitiva al RTI T. srl – Consorzio Stabile Istant Service della procedura di gara per l’affidamento del servizio di pulizia da espletarsi nei locali in uso dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” per la durata di cinque anni e per un importo complessivo di Euro a base d’asta 46.300.968,40, respingeva il ricorso proposto dalla CM Service, compensando le spese del giudizio.

Il giudice di appello premetteva che l’accoglimento in primo grado del ricorso proposto dalla seconda classificata nella procedura di gara era scaturito, per un verso, dalla riconosciuta fondatezza delle doglianze sollevate in ordine all’assenza di una attendibile disamina in concreto delle modalità con le quali era stato fatto massicciamente ricorso alle cooperative sociali di tipo B, mediante subappalto, per giustificare l’elevato ribasso d’asta. Per altro verso, il Tar del Lazio aveva riscontrato la violazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 4, in ragione della prevista retribuzione con corrispettivi ribassati di oltre il venti per cento (29,9%) rispetto a quelli praticati dal medesimo RTI nei confronti dei propri dipendenti diretti.

Ora, secondo il Consiglio di Stato, a sostegno della fondatezza del primo motivo di appello principale, assumeva valore dirimente l’esito del rinvio pregiudiziale proposto dallo stesso decidente, quale giudice di ultima istanza, con ordinanza n. 3553 resa in data 11 giugno 2018 innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea in ordine all’interpretazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118. Disposizione nella quale era prevista la limitazione al trenta per cento della parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi ed al venti per cento dell’appalto quanto alla possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate, rispetto a quelli risultanti dall’aggiudicazione. E poiché la Corte di giustizia, con sentenza depositata il 27 novembre 2019 -C-402/18-, aveva riconosciuto che la direttiva 2004/18/CE in materia di appalti pubblici andava interpretata nel senso che ostava alla ricordata normativa nazionale, per l’effetto la disciplina di cui all’art. 118 ult. cit. posta a base delle censure accolte in primo grado dal TAR Lazio non potendo più dirsi applicabile in quanto contraria al diritto Europeo, ciò elideva ogni vizio in ordine alla presunta anomalia dell’offerta, attesa l’ammissibilità dell’affidamento in subappalto alle predette cooperative.

Secondo il Consiglio di Stato era parimenti fondato il secondo motivo di appello principale, concernente la predisposizione dell’organigramma offerto dal RTI T. per l’esecuzione dei servizi oggetto di appalto, al cui interno risultavano previsti soltanto addetti inquadrati al 2 livello del CCNL Multiservizi. Secondo il giudice di appello, infatti, dall’esame della lex specialis e delle relative clausole (capitolato tecnico) non era dato riscontrare alcuna disposizione relativa alla precisa configurazione dell’organigramma, invece lasciata alle scelte organizzative e di opportunità riservate a ciascun operatore partecipante alla gara, con conseguente insussistenza della connessa causa di esclusione, anche in ragione della mancata verifica, in termini di prova di resistenza, della rilevanza circa l’effettiva anomalia dell’offerta. Peraltro, secondo il giudice amministrativo di appello le attività previste dall’art. 2 del capitolato tecnico rientravano nelle competenze degli addetti inquadrati nel 2 livello e lo stesso organigramma previsto dal RTI T. aveva previsto un addetto di quarto livello idoneo allo svolgimento di eventuali prestazioni più complesse. Anche gli elementi invocati dalla società appellata in ordine alla fase esecutiva dovevano, secondo il Consiglio di Stato, reputarsi irrilevanti, dovendo invero tenersi in considerazione l’affidabilità dell’offerta al momento dell’aggiudicazione.

Il Consiglio di Stato rigettava, inoltre, l’appello incidentale proposto dalla C.M. Service avverso il capo della decisione di primo grado con riferimento al superamento della soglia di subappaltabilità delle prestazioni oggetto dell’appalto nella misura massima prevista in capitolato come pari al 30% negato dal Tar. Sul punto, il Consiglio di Stato, nel confermare la decisione impugnata, escludeva la violazione del limite del 30% della quota subappaltabile, condividendo le argomentazioni esposte in merito dal Tar del Lazio circa il parametro di riferimento sul quale calcolare la quota subappaltabile.

La C.M. Service, in qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con l’Impresa Piemonte srl, ha proposto innanzi a queste Sezioni Unite ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8 e art. 362 c.p.c., comma 1, affidato ad un’unica complessa censura.

La T. srl e la Sapienza Università di Roma si sono costituite con controricorso, altresì depositando memorie.

La causa è stata posta in decisione all’udienza camerale del 7.12.2021.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata alla pubblica amministrazione e per violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa.

Il Consiglio di Stato, nel disapplicare le regole contenute nella lex specialis di gara, oltre ad obliterare le doglianze esposte nel corso del giudizio – per le quali era stato proposto autonomo ricorso per revocazione innanzi allo stesso Consiglio di Stato -, si sarebbe per quel che qui rileva sostituito alla pubblica amministrazione nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali. La decisione della Corte di giustizia, a dire della ricorrente, nel ritenere sussistente il contrasto con il diritto Europeo della disciplina interna concernente la soglia invalicabile per il subappalto e per la riduzione dei prezzi praticati al subappaltatore, avrebbe inciso unicamente sul quadro normativo interno, spettando invece al giudice nazionale la verifica dell’applicabilità dei principi fissati pur sempre nel rispetto dei limiti processuali della cognizione e dei poteri sollecitati. Secondo la ricorrente spetterebbe unicamente alla stazione appaltante il potere di confermare o rimodulare il bando ed il capitolato e con essi il programma negoziale originariamente assunto dall’appaltatore all’esito della sentenza interpretativa del giudice UE.

In definitiva, il Consiglio di Stato avrebbe disapplicato la lex specialis contrastante con il diritto sovranazionale nonostante quest’ultima non fosse stata impugnata in giudizio, sostituendosi all’Amministrazione anche nella modifica del contenuto dell’offerta dell’aggiudicataria e del contratto, così finendo per imporre condizioni contrattuali diverse da quelle contenute nella proposta negoziale irrevocabile del RTI, poi confluite nel contratto.

Ne’ per giustificare l’operato del g.a. sarebbe possibile inquadrare la violazione anticomunitaria sotto la patologia dell’atto nullo, integrando il contrasto con il diritto UE un vizio di legittimità da far valere secondo le ordinarie regole in tema di impugnazione nel rispetto del termine di decadenza.

La T. srl si è costituita con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso, riguardando le censure prospettate vizi in procedendo o in iudicando, involgendo il modo con cui è stata esercitata la giurisdizione del giudice amministrativo.

In subordine la controricorrente ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso, in quanto le previsioni del bando e del capitolato amministrativo riprodurrebbero la disciplina dettata del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, dovendo pertanto escludersi che il Consiglio di Stato abbia proceduto alla disapplicazione della lex specialis o alla verifica dell’avvenuto superamento da parte dell’aggiudicataria dei limiti previsti per il ricorso al subappalto.

Anche l’Università La Sapienza di Roma, costituitasi con controricorso, ha dedotto la manifesta inammissibilità del ricorso, integrando le censure prospettate dalla ricorrente un error in procedendo, e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso.

Il ricorso è inammissibile.

Le censure esposte dalla ricorrente attengono, a ben considerare, a veri e propri errores in iudicando e in procedendo, nei quali sarebbe incorso il giudice amministrativo di ultima istanza che si sottraggono, per consolidato orientamento giurisprudenziale, al sindacato consentito dall’art. 111 Cost., comma 8, a queste Sezioni Unite (cfr., ex plurimis, Cass. S.U., 20 marzo 2019 n. 7926, Cass. S.U., 11 novembre 2019 n. 29082, Cass. S.U., 15 aprile 2020 n. 7839).

Occorre per un verso evidenziare che non si ravvisa alcuna errata applicazione della sentenza della Corte di giustizia da parte del Consiglio di Stato, se solo si consideri che, con il proposto quesito pregiudiziale, il Consiglio di Stato aveva espressamente richiesto alla Corte di Lussemburgo di chiarire “Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 49 e 56 TFUE, l’art. 25 della direttiva 2004/18 e art. 71 della direttiva 2014/24, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio di diritto dell’Unione Europea di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del D.Lgs. n. 163 del 2006, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20%”.

Quesito al quale la Corte di Giustizia, con la ricordata sentenza del 27 novembre 2019, ha risposto in termini inequivoci, dichiarando che la direttiva 2004/18/CE dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, tanto laddove limita al 30% la quota – parte dell’appalto – che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi, quanto nella parte in cui vieta di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.

Ora, nel caso di specie il Consiglio di Stato, riformando la decisione di prime cure resa dal Tar del Lazio, ha rigettato il ricorso giurisdizionale proposto dalla ditta esclusa senza sostituirsi all’amministrazione, ma unicamente verificando, all’interno dei poteri allo stesso riservati per effetto della definizione del rinvio pregiudiziale e dell’efficacia vincolante delle decisioni rese dal giudice dell’Unione Europea nel giudizio a quo – Corte giust., 9 marzo 1978, Simmenthal; Corte Giust. 5 ottobre 2010, causa C-173/09, Elchinov; Corte giust., 9 settembre 2003, causa C-198/01, Consorzio Industria Fiammiferi – che la censura esposta dalla ditta esclusa si era fondata su una disposizione normativa non più applicabile alla fattispecie, così disapplicando non già l’atto amministrativo, bensì la legge – cfr. pag. 7 p. 3.2. sent. impugnata:…Una volta ammesso il ricorso al subappalto oltre il predetto limite legislativo, da disapplicare, non residua alcuna concreta censura in ordine alla presunta anomalia dell’offerta, attesa la ammissibilità dell’affidamento in subappalto alle previste cooperative…-. Ciò il Consiglio di Stato ha dunque fatto pienamente conformandosi alla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia ed ai poteri dei quali lo stesso giudice nazionale gode in fase discendente all’esito del rinvio pregiudiziale.

In definitiva, il giudice amministrativo di ultima istanza si è doverosamente allineato alla sentenza della Corte di Giustizia, disapplicando la disciplina normativa interna sulla cui violazione si erano invece fondati tanto la censura della ditta esclusa – cfr., infatti, TAR Lazio n. 12511/2017, p. 5: “con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto che dai giustificativi emergerebbe che l’ATI T. intende affidare a terzi (le menzionate cooperative di servizi di tipo 8) in regime di subappalto, quota parte del servizio, in misura eccedente il limite del 30% previsto dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 2…”; cfr., ancora, p. 11.1 della medesima sentenza: “con il primo parte ricorrente deduce l’erronea quantificazione dell’ammontare del subappalto rispetto al prezzo complessivo del contratto, come emergente dalle giustificazioni prodotte dalla T. S.r.l. (cfr. note del 2.11.2016 e del 2.12.2016, docc. 10 e 12 ric.), con conseguente violazione del limite di quota subappaltabile pari al 30% dell’importo complessivo del contratto ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 2; con il secondo si deduce invece la violazione del medesimo art. 118 cit., comma 4, laddove prevede che l’affidatario debba praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento (nella specie la tariffa oraria offerta dal raggruppamento aggiudicatario è pari a Euro 12,88 Euro/ora, corrispondenti a 12,42 Euro/ora ove si volesse valorizzare la sola manodopera; viceversa le prestazioni degli addetti appartenenti alle coop. sociali, secondo la ricorrente, sono valorizzate in Euro 8,92 ovvero 8,70 Euro l’ora, importi che comportano, entrambi, un ribasso superiore al 20%)” – che l’accoglimento del ricorso deciso dalla sentenza del TAR del Lazio poi gravata di appello.

Ne consegue che il giudice di appello abbia dato piena e puntuale attuazione alla pronunzia resa dalla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 TFUE, in alcun modo esorbitando dalle prerogative riservate al giudice nazionale.

Quanto all’asserita disapplicazione delle clausole del bando e del capitolato da parte del giudice amministrativo che, secondo parte ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe posto in essere in assenza di specifica impugnazione da parte dell’aggiudicataria e travalicando i poteri al medesimo conferiti, tali questioni attengono, a ben considerare, alla dedotta scorretta applicazione delle regole processuali interne al giudizio amministrativo per nulla afferenti al superamento dei limiti esterni alla giurisdizione del giudice speciale, ma semmai al modo con il quale il giudice amministrativo ha esercitato il suo sindacato giurisdizionale. Senza dire che quando il giudice amministrativo esclude l’illegittimità di un atto amministrativo non si sostituisce mai all’amministrazione, non potendosi dunque profilare il vizio di eccesso di potere giurisdizionale – cfr. Cass. S.U., 9 novembre 2001 n. 13927, Cass. S.U., 17 dicembre 2018 n. 32619. Il che è accaduto nel caso concreto laddove il giudice di appello ha ritenuto che il subappalto alle cooperative sociali fosse pienamente ammissibile, non venendo in rilevo il superamento dei limiti del subappalto invece invocato dal RTI CM Service, né risultando convincenti le restanti considerazioni esposte dall’appellante incidentale quanto all’avvenuto superamento dei detti limiti al ricorso al subappalto.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in favore delle due controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di C.M. Service srl e dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, liquidandole per ciascuna parte vittoriosa in Euro 15.000,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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