Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.1602 del 19/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 32030/2020 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso la sede dell’Avvocatura Regionale, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE ALLOCCA;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO FONDAZIONE SANTA LUCIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI PELLEGRINO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE DEL LAZIO QUALE COMMISSARIO AD ACTA DELLA REGIONE LAZIO, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, ASL ROMA *****;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3454/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 01/06/2020.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/12/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1.- La Regione Lazio propone ricorso, notificato il 9 dicembre 2020, nei confronti dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (I.R.C.C.S.) Fondazione Santa Lucia, nonché del Presidente p.t. della Giunta Regionale del Lazio quale Commissario ad acta della Regione, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della ASL Roma *****, per la cassazione, impugnando per motivi attinenti alla giurisdizione la sentenza n. 3454 del 2020, pronunciata dal Consiglio di Stato, Sezione Terza, in data 1.6.2020, non notificata.

2. – Resiste con controricorso illustrato da memoria l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (I.R.c.c.S.) Fondazione Santa Lucia.

3. – Gli altri intimati non hanno svolto attività difensive in questa sede.

4. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione in udienza pubblica con discussione orale, su conforme richiesta della Regione ricorrente. In prossimità della data di udienza le parti costituite hanno depositato istanza congiunta con la quale convengono che la causa possa passare in decisione richiamando i rispettivi scritti difensivi ai quali si riportano.

5. – In prossimità della data d’udienza, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

6. – La ricorrente così ricostruisce la vicenda giudiziaria, per quanto di interesse:

– nel 2017 l’IRCCS Fondazione Santa Lucia adiva il Tar del Lazio per ottenere l’annullamento della nota con cui la ASL Roma ***** (con la quale la Fondazione Santa Lucia operava in rapporto concessorio di accreditamento quale struttura di neuroriabilitazione), rilevate, all’esito dei controlli di appropriatezza, alcune incongruità nella qualificazione delle prestazioni erogate ai pazienti da parte della Fondazione, le intimava di effettuare un rimborso, in favore della amministrazione sanitaria, di oltre 9 milioni di Euro percepiti per prestazioni (che, qualificate dalla struttura come di riabilitazione, venivano riqualificate a seguito di controlli come semplice lungodegenza), e il pagamento di sanzioni per oltre 27 milioni di Euro;

– il TAR del Lazio, con sentenza n. 1420/2020, dichiarava inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito il ricorso della Fondazione Santa Lucia, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario (richiamando a tal fine il precedente di questa Corte di legittimità, Cass. S.U. n. 31029 del 2019), dinanzi al quale indicava alle parti che il processo avrebbe potuto essere proseguito, con le modalità e nei termini di cui all’art. 11 c.p.a.;

– la Regione Lazio proponeva appello al Consiglio di Stato sulla indicata giurisdizione ordinaria.

7. – Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3454/2020, qui impugnata, rigettava l’appello, concordando con le conclusioni del giudice di prime cure quanto alla indicazione della giurisdizione del g.o. (che identificava nel Tribunale civile di Roma). Individuava il petitum sostanziale della causa nella opposizione alla intimazione di pagamento rivolta dalla ASL all’Istituto in relazione alle obbligazioni nascenti dal rapporto concessorio di accreditamento, a seguito dei controlli eseguiti. Precisava che la controversia aveva ad oggetto gli esiti di un accertamento tecnico riguardante l’adempimento o meno da parte del Santa Lucia delle obbligazioni derivanti dal rapporto concessorio di accreditamento quale struttura di neuroriabilitazione: in particolare, le prestazioni, qualificate dalla struttura accreditata e retribuite dalla ASL come neuroriabilitative in alta specialità, venivano ritenute, all’esito dei controlli, inappropriate (quindi inappropriatamente qualificate perché non corrispondenti nel tipo e nella durata alla neuroriabilitazione di alta specialità) e dequalificate in lungodegenza, per la mancata indicazione nelle singole giornate di ricovero degli orari di effettuazione delle terapie riabilitative stesse, di talché non risultava documentata l’esecuzione della terapia per la durata minima richiesta. Il Consiglio di Stato precisava che nella “nota” impugnata si prospettava soltanto la possibilità della applicazione di sanzioni aggiuntive.

Il Consiglio di Stato declinava quindi la giurisdizione affermando che non fossero direttamente oggetto del giudizio i poteri di controllo conferiti del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 octies, alla Regione, ma gli esiti della verifica effettuata, ovvero l’intimazione di pagamento emessa dalla ASL, e gli atti di accertamento tecnico, non discrezionali, sulla base dei quali si era proceduto ad emettere l’intimazione, previo accertamento del non corretto operato della Fondazione S. Lucia nella fase di esecuzione del rapporto convenzionale, ed il consequenziale recupero di somme non dovute, a fronte di prestazioni non erogate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

8.- La Regione Lazio denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 37 c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 25,102 e 103 Cost., e del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 7 e art. 133, comma 1, lett. c).

8.1 – La ricorrente segnala che la materia della giurisdizione sui controlli di appropriatezza esercitati dalla Regione Lazio è stata oggetto recentemente di due diverse pronunce di legittimità, intervenute a breve distanza l’una dall’altra, una delle quali ha indicato la giurisdizione amministrativa (Cass. n. 23540 del 2019) e l’altra la giurisdizione del giudice ordinario (Cass. n. 31029 del 2019). Riporta ampia parte della motivazione delle due sentenze, aventi ad oggetto entrambe la questione della individuazione del giudice avente giurisdizione in relazione alle intimazioni di pagamento emesse dalla ASL nei confronti delle strutture private convenzionate, eroganti al pubblico prestazioni sanitarie, all’esito dei controlli di appropriatezza delle prestazioni erogate.

8.2 – La ricorrente fa proprie le conclusioni tratte dalla sentenza n. 23540/2019, laddove si afferma che, qualora l’accertamento incidentale presupposto all’accertamento del diritto soggettivo, necessario ai fini dell’accoglimento della domanda, poggi sulla verifica del legittimo esercizio o meno di un potere autoritativo, quale è quello di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 octies, ovvero il potere di controllo conferito alle Regioni e alle Unità Sanitarie Locali mediante un sistema di monitoraggio sul rispetto degli accordi contrattuali da parte dei soggetti interessati, nonché sulla qualità dell’assistenza e sull’appropriatezza delle prestazioni, l’accertamento dell’esistenza sia in astratto che in concreto del potere rientra, senza che rilevi la connotazione della situazione giuridica coinvolta sotto le categorie del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo, nella giurisdizione del giudice amministrativo.

8.3 – Afferma che gli atti con i quali le Asl procedono al recupero delle somme, richiedendo l’emissione di note di credito non possono essere assimilati a un’ordinanza ingiunzione, emessa ex lege n. 689 del 1981, perché sia il precetto che la sanzione non trovano la fonte in norme che prevedono sanzioni amministrative ma nei provvedimenti regionali sui controlli, che sono atti amministrativi a contenuto generale adottati sulla base della disciplina speciale di cui del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 octies.

8.4 – Afferma, in termini generali, che le domande proposte dalle varie società operanti in regime di accreditamento non attengono quasi mai alla sola contestazione di meri atti di recupero di un credito della Asl determinato in applicazione di criteri legali ma spesso è coinvolta la contestazione della valutazione operata dalla Asl, dalla quale scaturisce l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie, all’esito del controllo di congruità ed appropriatezza dei servizi erogati dalla struttura accreditata nell’ambito dei poteri di controllo esercitati dalla Asl.

8.5 – La Regione ricorrente sostiene poi che il decreto commissariale non è semplicemente un atto che indica un saldo contabile negativo che grava sulla struttura operante in regime di accreditamento e che costituisce l’esito finale dei controlli esternì non si limita a comunicare l’esito dei controlli ma li attesta e ne fa proprio l’esito, in particolare l’esito delle verifiche di inappropriatezza in ordine alle prestazioni fornite dalla struttura, quindi esso costituisce espressione di un potere autoritativo, collocandosi nella categoria delle attestazioni con carattere autoritativo. Afferma inoltre che il decreto del commissario rappresenta l’atto conclusivo dell’iter procedimentale in cui si sono articolati i controlli esterni e partecipa della natura pubblicistica dei controlli stessi in quanto espressione di funzioni pubblicistiche di vigilanza.

8. 6 – Aggiunge che i controlli di appropriatezza non esauriscono la loro funzione nella verifica dell’adempimento da parte dell’istituto che opera in regime di concessione alle obbligazioni derivanti a suo carico dal rapporto concessorio di accreditamento, ma sono volti a perseguire obiettivi di pubblico interesse, di economicità nell’utilizzo delle risorse nonché di verifica della qualità dell’assistenza erogata a tutela del diritto alla salute.

8. 7 – Aggiunge che la circostanza che il potere amministrativo sia vincolato e cioè che il suo esercizio sia predeterminato dalla legge nell’an o nel quomodo non trasforma il potere medesimo in una categoria civilistica perché esso rimane comunque espressione di supremazia o di esercizio di una pubblica funzione.

8. 8 – Evidenzia anche che la devoluzione alla giurisdizione ordinaria della materia in contestazione comporterebbe una segmentazione del procedimento di controllo in varie sottofasi con una conseguente frammentazione del contenzioso ad esso inerente in diversi plessi giurisdizionali, il che contrasta con il principio costituzionale di concentrazione della tutela esplicitato nel processo amministrativo all’interno dell’art. 7, comma 7 CPA.

8. 9 – Pertanto, conclude chiedendo che la giurisdizione in materia di controlli di appropriatezza delle prestazioni sanitarie erogate ai pazienti dalla strutture private operanti in regime di accreditamento sia complessivamente e nella sua interezza devoluta al giudice amministrativo.

9. – L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (I.R.C.C.S.) Fondazione Santa Lucia nel suo controricorso evidenzia preliminarmente che la ricorrente omette di riferire con la necessaria specificità i fatti di causa, fornendone una versione parziale e confusa, che non consente alla Corte di individuare limpidamente quale fosse il petitum sostanziale: evidenzia che in alcuni punti del ricorso si sostiene che sia stata impugnata una intimazione di pagamento, in altri che oggetto della opposizione sia stato un decreto commissariale. Chiede quindi preliminarmente che il ricorso sia dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

9.1 – Nel merito, l’Istituto controricorrente, che pur inizialmente aveva agito davanti al g.a., sostiene che bene abbia fatto il giudice amministrativo, sulla base dell’effettivo petitum sostanziale, a declinare la sua giurisdizione, perché la controversia in esame ha ad oggetto non la contestazione delle regole del rapporto concessorio ma esclusivamente la correttezza o meno dell’adempimento e la remunerazione dovuta per esso, nonché le eventuali sanzioni conseguenti all’inadempimento (conformemente al principio tracciato da Cass. n. 31029 del 2019).

10. – Il Procuratore generale, nelle sue ampie conclusioni, ritiene che debba confermarsi la pronuncia del Consiglio di Stato, con la conseguente affermazione della giurisdizione del Giudice ordinario.

10.1 – Premesso che è incontroverso che il regime intercorrente fra le parti abbia natura di concessione di pubblico servizio, il Procuratore ricorda che la giurisdizione rispetto alla controversia pendente è regolata dall’assetto normativo che è scaturito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, secondo i principi ormai consolidati espressi più volte dalle Sezioni Unite: la decisione della Corte costituzionale ha determinato il sostanziale ritorno al criterio di riparto a suo tempo operante nel regime della L. n. 1034 del 1971, art. 5, poi recepito senza sostanziali modifiche dal codice del processo amministrativo (art. 133, comma 1, lett. c).

10.2 – In quest’ottica, non si può sfuggire alla necessità di definire la linea di demarcazione che distingue gli atti che in via generale e vincolante dettano la disciplina dei controlli quali espressione di quei poteri autorizzativi tipizzati dalla legge da quelli che, in applicazione delle disposizioni generali, verificano in concreto il rispetto da parte del concessionario dei vincoli posti al suo agire.

10.3 – Sulla base di questo criterio discretivo, il P.G. ritiene del tutto condivisibili le affermazioni di cui alla sentenza oggetto di impugnazione, che riconduce la controversia alla contestazione del concessionario di quegli atti di accertamento tecnico che hanno investito il concreto operare dell’istituto nella fase di esecuzione del rapporto convenzionale e che hanno portato alla verifica del suo inadempimento nei confronti degli obblighi assunti.

11. – Il ricorso presenta alcune indeterminatezze espositive, superabili all’esito del vaglio preliminare di ammissibilità.

12. – Esso deve essere rigettato, rimanendo definitivamente confermata la giurisdizione del Giudice ordinario a decidere il caso di specie, conformemente alle conclusioni tratte dal P.G..

13. – Nel caso di specie oggetto di impugnazione è una “nota” della Asl che non esprime alcuna posizione autoritativa: come indicato dal Consiglio di Stato in motivazione, a seguito di una verifica tecnica è risultato che le prestazioni erogate e fatturate come prestazioni di neuroriabilitazione di alta specialità dall’Istituto Santa Lucia non fossero sufficientemente documentate nel loro effettivo svolgimento, che presuppone una prestazione erogata per un numero minimo indispensabile di minuti, e pertanto la Asl non le ha riconosciute retribuibili come tali, derubricandole in semplici prestazioni di lungodegenza e ha chiesto la restituzione delle somme erogate in eccesso. Inoltre, ha prospettato la possibilità che, in conseguenza di questo inadempimento sarebbero state comminate sanzioni.

13.1 – Con l’impugnazione proposta dall’Istituto, oggetto della contestazione non è la titolarità del potere di controllo da parte dell’amministrazione, né vengono contestate le modalità dell’esercizio del controllo, ma oggetto di impugnazione è esclusivamente l’esito di tale controllo, ovvero un accertamento privo di carattere autoritativo o discrezionale, che ha il limitato oggetto di esplicitare l’esito della verifica di correttezza tecnica dell’adempimento di una prestazione verso il pubblico. In conformità con quanto già affermato da Cass. S.U. n. 31029 del 2019, va data soluzione unitaria alla individuazione del giudice avente giurisdizione per tutte le azioni promosse dalle strutture sanitarie, operanti in regime di accreditamento presso il servizio sanitario regionale che contestino il giudizio di incongruità o inappropriatezza delle prestazioni fornite (in particolare per la durata dei ricoveri) all’esito del quale l’Azienda USL impone prestazioni patrimoniali in forma di “sanzioni amministrative” ovvero di penalizzazioni (ad esempio richiedendo, come nella specie, l’emissione di note di credito, o la compensazione dei relativi importi con quelli derivanti da corrispettivi fatturandi). Con la precisazione che il fatto che l’imposizione patrimoniale possa realizzarsi mediante la riscossione di una “sanzione” ovvero la detrazione del corrispettivo dovuto per l’ordinario svolgimento delle prestazioni, in effetti, non è decisivo ai fini della giurisdizione, trattandosi solo di una modalità attuativa di una pretesa che è intrinsecamente unitaria (in tal senso già Cass., sez. un., n. 12111 del 2013, e poi Cass., S.U. n. 31029 del 2019).

13.2 – Conformemente a quanto osservato dal Procuratore Generale, l’attribuzione al giudice ordinario di tutte le controversie che riguardano l’adempimento o il mancato adempimento di una delle parti del rapporto concessorio in regime di accreditamento, lungi dal comportare una segmentazione del procedimento di controllo in varie sottofasi con una conseguente frammentazione del contenzioso ad esso inerente avanti a giudici diversi (come paventato dalla ricorrente), risponde perfettamente a una logica razionale, conforme ai principi d’ordine generale, in particolare risultando attuazione della previsione legislativa di cui del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. c.

13.3 – Le contestazioni relative alla determinazione della remunerazione delle prestazioni effettuate dai soggetti privati accreditati rientrano dunque nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto non fa parte del thema decidendum alcun profilo legato all’esercizio da parte della pubblica amministrazione di poteri autoritativi e discrezionali. Esse si collocano a valle del rapporto concessorio di pubblico servizio, hanno ad oggetto solo gli esiti del controllo sulla attività esercitata, pongono in discussione un accertamento tecnico, e non una valutazione discrezionale dell’amministrazione, e pertanto non coinvolgono il controllo di legittimità dell’azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio.

13. 4 – Dando seguito alla consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto (da ultimo, Cass. S.U. n. 20161 del 2021, Cass. S.U. n. 16460 del 2020), le controversie aventi ad oggetto l’esito dei controlli di appropriatezza eseguiti dalle ASL sulle strutture private che erogano prestazioni sanitarie operando in regime concessorio di accreditamento, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario ex art. 133, comma 1, lett. c) del c.p.a. qualora oggetto della contestazione sia esclusivamente l’esito del controllo, il conseguente accertamento dell’inadempimento della concessionaria rispetto alle obbligazioni derivanti dal rapporto concessorio, le relative richieste pecuniarie, ovvero le sanzioni amministrative irrogate.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario.

Pone a carico della ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi Euro 8.000,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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