LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11302/2020 proposto da:
M.Z., elettivamente domiciliato in Roma Via Del Casale Strozzi, 31, presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 10/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/06/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 10/2020 depositata il 2-1-2020, la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto da M.Z., alias M.J., cittadino del Bangladesh, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha rilevato che l’ordinanza impugnata era stata letta in udienza il 24-1-2018, mentre l’appello era stato introdotto il 18-4-2018, ossia oltre il termine di 30 giorni.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente denuncia, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 702 quater c.p.c.. Deduce di aver impugnato l’ordinanza del Tribunale entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione a mezzo pec da parte della Cancelleria dell’ordinanza impugnata. Ad avviso del ricorrente erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che il termine decorresse dalla data della lettura in udienza del provvedimento, mentre dal tenore del verbale d’udienza era dato desumere che il provvedimento decisorio era separato, tanto che era stato notificato, nel testo integrale, a mezzo pec il 19-3-2018 al difensore, e solo da detta data, ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., aveva decorrenza il termine per la proposizione dell’appello, che, pertanto, era da ritenersi proposto tempestivamente.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Il tenore testuale del verbale d’udienza del 24 gennaio 2018, riportato nella sentenza impugnata e nel ricorso, è il seguente: “Il Giudice si ritira in Camera di consiglio per la pronuncia e ad ore 18,15, le parti non presenti, decide come da separato provvedimento”.
Premesso che per inficiare le risultanze del verbale sarebbe stata necessaria la querela di falso (v. in questa materia, Cass. n. 6768/2021 e, più generale, Cass. n. 26105/2014), nella specie, per quanto risulta dagli atti, non proposta, nonché precisato che la verifica ed interpretazione del medesimo verbale d’udienza sono doverose in questa sede in cui, essendo stata dedotta una questione processuale, questa Corte è anche giudice del procedimento, il ricorrente pare sostenere, invero con un percorso argomentativo non lineare, che il provvedimento non sia stato letto in udienza e che ciò debba evincersi dalla locuzione “decide come da separato provvedimento”.
L’assunto è del tutto privo di fondamento, poiché i chiari riferimenti, nel citato verbale, alle due fasi (ritiro in camera in consiglio per la decisione e successiva ripresa dell’udienza alle ore 18,15, non presenti le parti) stanno inequivocabilmente ad attestare non che il giudice si sia riservato, ma che si sia ritirato in Camera di consiglio per deliberare, comunicando il provvedimento, alle parti non presenti”, alle ore 18,15, mediante lettura al termine dell’udienza.
Il ricorrente si limita a valorizzare la locuzione “separato provvedimento”, priva, invece, di rilevanza decisiva nel senso invocato in ricorso, dirimente essendo, invece, la comunicazione del provvedimento in udienza. Opinare diversamente si porrebbe in insanabile contrasto con la sopra indicata formulazione letterale del verbale d’udienza, stante, in particolare, l’inequivoca attestazione della riapertura del verbale d’udienza alle ore 18,15, le parti non presenti, e della contestuale decisione.
Quindi non si tratta di ordinanza “riservata”, ossia conosciuta della parte una volta che venga sciolta la riserva e che il provvedimento adottato a scioglimento della riserva sia comunicato alle parti, ma di ordinanza adottata in udienza, che il ricorrente avrebbe avuto modo di conoscere direttamente, e, pertanto, il termine per proporre l’impugnazione è iniziato a decorrere dall’udienza stessa.
Peraltro in caso di contrasto tra il contenuto del provvedimento ed il contenuto del verbale di udienza, farebbe fede il contenuto di quest’ultimo, che ha natura di atto pubblico e quindi fa fede fino a querela di falso dell’avvenuto svolgimento delle attività processuali ivi descritte. Nel caso di specie, il ricorrente non deduce che i due atti non siano convergenti, ossia non censura specificamente quanto affermato al riguardo dalla Corte d’appello.
Ciò posto, ribadito, ancora una volta, che per inficiare le risultanze del verbale sarebbe stata necessaria la querela di falso, nella specie non proposta, le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale sono regolate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, nel testo ratione temporis applicabile, dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 e quindi dal rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis c.p.c. e segg., ove non diversamente previsto (cfr. Cass. n. 16893/2018 sulla decorrenza del termine per appellare in caso di lettura in udienza dell’ordinanza, perché quest’ultima, ai sensi dell’art. 176 c.p.c., comma 2, si ritiene conosciuta dalle parti costituite e in senso conforme Cass. n. 7970/2020; Cass. S.U. n. 28757/2018 sulla decorrenza del termine di 30 giorni dalla comunicazione di cancelleria o dalla notifica ad istanza di parte, e solo in mancanza di queste sulla decorrenza del termine di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento; Cass. n. 22241/2019 e Cass. n. 6768/2021 già citata).
Pertanto, dovendosi avere per acquisita, in base a quanto si è detto, l’avvenuta lettura in udienza dell’ordinanza poi impugnata con l’appello, vale il principio, condiviso dal Collegio, al quale si è attenuta la Corte d’appello, secondo cui “in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non è stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.” (così Cass. n. 14478/2018; Cass. n. 16893/2018; Cass. n. 7970/2020 e, nella materia della protezione internazionale, Cass. n. 6768/2021, cit.).
Resta da aggiungere che la riferita comunicazione di cancelleria del provvedimento, intervenuta successivamente alla lettura in udienza, non può all’evidenza porsi come una sorta di impropria rimessione in termini, ossia non può incidere sul regime processuale impugnatorio di tipo pubblicistico e, quindi, su una preclusione processuale già verificatasi.
In conclusione, la decisione della Corte territoriale in merito all’avvenuto superamento dei termini per proporre l’appello è immune da censure.
3. Nulla sulle spese, in quanto il Ministero non ha svolto attività difensiva.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022
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