Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.17 del 04/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17834/2018 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso da sé medesimo;

– ricorrente –

contro

Riscossione Sicilia Spa;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1553/2017 della COMM. TRIB. REG. SICILIA SEZ. DIST. di MESSINA, depositata il 02/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/09/2021 dal consigliere Dott. VECCHIO MASSIMO.

Fatti rilevanti:

1. – La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 1.553/2/17 del 22 novembre 2016, depositata il 2 maggio 2017, in parziale riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Messina, n. 87/2008, di annullamento, colla compensazione delle spese processuali, del preavviso di fermo amministrativo, emesso a carico del contribuente M.F., ha accolto il gravame di costui, condannando l’Agente della riscossione al pagamento delle spese del giudizio di prime cure, liquidate in complessivi Euro mille, e ha dichiarato non ripetibili le spese relative al giudizio di appello.

2. – Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione mediante atto del 1 giugno 2018.

E, mediante memoria del 21 luglio 2021, ha insistito per l’accoglimento della impugnazione.

3. – Riscossine Sicilia Spa è rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La Commissione tributaria regionale ha motivato la declaratoria della irripetibilità delle spese processuali del grado, osservando che l’Agente della riscossione intimato non si era costituito nel giudizio di appello.

2. – Il contribuente denunzia, con unico motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, e in relazione all’art. 92 c.p.c., nonché nullità della sentenza per vizio di motivazione ritenuta “illogica e insufficiente e, quindi, sostanzialmente omessa o apparente”.

Il ricorrente deduce: l’accoglimento del gravame “doveva necessariamente comportare (…) in applicazione del principio generale di soccombenza (…) l’integrale carico delle spese processuali (…) in capo alla parte soccombente”, difettando nella specie alcuna ipotesi di compensazione, in carenza sia di soccombenza reciproca che di “giusti motivi”, tra i quali non deve essere annoverata, secondo la giurisprudenza di legittimità, la mancata costituzione in giudizio della parte soccombente.

3. – Il ricorso merita accoglimento.

3.1 – E’ assorbente il rilievo della violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, commi 1 e 2, (lex specialis rispetto all’art. 92 c.p.c.).

I primi due commi della disposizione, come novellati dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. f), nn. 1 e 2, (a decorrere dal 1 gennaio 2016 e, pertanto, applicabili rettone temporis nella specie) recitano:

1. La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza.

2. Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.

Orbene risulta palese cha la Commissione tributaria regionale è incorsa nella inosservanza della regola della soccombenza che preside il regolamento delle spese processuali senza che ricorresse alcuna delle ipotesi contemplate dalla legge per la compensazione.

In proposito – esattamente in termini – secondo consolidata giurisprudenza di legittimità “essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’aver dato causa al giudizio, per cui la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta, così da renderne necessario l’accertamento giudiziale” (così da ultimo ex plurimis: Sez. 62, ordinanza 55561 del 1/03/2021, n.m.).

3.2 – In applicazione del superiore principio di diritto – la Corte lo ribadisce ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, condividendo le ragioni che lo sorreggono, espresse nei pertinenti arresti – conseguono l’accoglimento del ricorso; la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio tenutasi da remoto, il 8 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022

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