LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5567 – 2021 R.G. proposto da:
P.F., – c.f. ***** – elettivamente domiciliata, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Vallerano (VT), alla via Don Minzoni, n. 33, presso lo studio dell’avvocato Mara Manfredi che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Ferdinando Emilio Abbate la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
MINISTERO della GIUSTIZIA, – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.
– controricorrente –
avverso il decreto n. 3500 – 10.2/9.7.2020 della Corte d’Appello di Roma, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre 2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex lege n. 89 del 2001 alla Corte d’Appello di Roma depositato nel settembre 2019 P.F. si doleva per l’irragionevole durata di un giudizio, in materia di lavoro, intrapreso dinanzi al Tribunale di Viterbo nel settembre del 2004 e definito nell’aprile del 2018.
Chiedeva ingiungersi al Ministero il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto del 19.11.2019 il consigliere designato ingiungeva al Ministero della Giustizia il pagamento della somma di Euro 570,22, oltre interessi dal 23.9.2019 e spese di lite.
3. P.F. proponeva opposizione.
Resisteva il Ministero della Giustizia.
4. Con decreto n. 3500/2020 la Corte di Roma accoglieva parzialmente l’opposizione e condannava il Ministero a pagare all’opponente, a titolo di equo indennizzo, la somma di Euro 594,45, oltre interessi legali dalla domanda, nonché a pagare con distrazione le spese di lite.
Premetteva la corte che la medesima Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, a definizione del giudizio “presupposto”, aveva liquidato in favore della ricorrente la somma di Euro 570,22, “oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dal 31/12/2003 fino all’effettivo saldo”.
Indi evidenziava che, ai fini di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, il valore del diritto accertato nel giudizio “presupposto” doveva, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., comma 2, determinarsi alla stregua, oltre che della sorte capitale, altresì degli interessi legali e della rivalutazione monetaria maturati sino al di – 3.11.2004 – della proposizione della domanda nell’ambito dello stesso giudizio “presupposto”.
Evidenziava dunque che il valore complessivo del diritto accertato nel giudizio “presupposto” si specificava in Euro 594,45.
5. Avverso tale decreto ha proposto ricorso P.F.; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta fondatezza del motivo di ricorso.
7. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis e dell’art. 10 c.p.c..
Deduce che, ai fini della determinazione del valore del diritto accertato nel giudizio “presupposto”, ha errato la Corte di Roma a tener conto degli interessi e della rivalutazione monetaria maturati sino alla data del 3.11.2004, di proposizione dell’opposizione all’ingiunzione pronunciata nell’ambito del giudizio “presupposto”, anziché sino alla data del 24.4.2018, di deposito della sentenza n. 1306/2018 con cui la Corte di Roma, sezione lavoro, ha definito il medesimo giudizio “presupposto”.
Deduce che in tal guisa il valore del diritto accertato nel giudizio “presupposto” si specifica nella maggior somma di Euro 861,95.
8. Il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede, tanto più che il Ministero controricorrente non ha provveduto al deposito di memoria.
Il motivo di ricorso è dunque fondato e da accogliere.
9. Questa Corte spiega che, in tema di equa riparazione per la durata irragionevole del processo, il limite quantitativo dell’indennizzo, previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, va determinato sulla base del valore della vicenda oggetto del giudizio “presupposto”, includendovi gli interessi liquidati nella pronuncia con cui tale giudizio sia stato definito, ma non le spese legali in esso sostenute che, pur gravando sulla parte perché funzionali all’esercizio dell’azione, non rientrano nell’oggetto della causa (cfr. Cass. (ord.) 19.3.2019, n. 7695).
10. Su tale scorta si accreditano le dedotte violazioni della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis.
Il quantum del diritto accertato nel giudizio “presupposto” non è propriamente Euro 570,22.
Il quantum e’, viceversa, costituito dall’anzidetto importo con l’incremento degli interessi e della rivalutazione maturati sino a quando si è compiuto, con la sentenza n. 1306/2018 della Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, l’accertamento – poi definitivo – nel giudizio “presupposto”.
Tanto, segnatamente, ai fini della modalità operativa del limite di cui all’art. 2 bis, comma 3 della legge “Pinto”.
Cosicché è da condividere l’assunto della ricorrente secondo cui l’art. 10 c.p.c. non esplica alcuna valenza nel caso di specie.
11. In accoglimento del ricorso il decreto della Corte di Appello di Roma n. 3500/2020 va cassato con rinvio alla stessa corte in diversa composizione.
In dipendenza del buon esito del motivo di ricorso, accolto nel segno della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si attende, giusta il disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 1, all’enunciazione del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – nel modo che segue:
ai fini di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3 l’ammontare del diritto accertato nel giudizio “presupposto” si determina tenendo conto dell’importo capitale e, altresì, dell’incremento derivante dal computo degli interessi e della rivalutazione maturati sino a quando si compie l’accertamento – poi definitivo – nel giudizio “presupposto”.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, sicché è inapplicabile l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. cit. (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto della Corte di Appello di Roma n. 3500/2020; rinvia alla stessa corte, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022