Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.173 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6189 – 2021 R.G. proposto da:

N.B.M., – c.f. ***** – M.R. – c.f.

***** – elettivamente domiciliate, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Vallerano (VT), alla via Don Minzoni, n. 33, presso lo studio dell’avvocato Mara Manfredi che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Ferdinando Emilio Abbate le rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA, – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma dei 22.6/20.7.2020;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 ottobre 2021 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex lege n. 89 del 2001 alla Corte d’Appello di Roma depositato nell’ottobre 2019 N.B.M. e M.R. si dolevano per l’irragionevole durata di un giudizio, in materia di lavoro, intrapreso dinanzi al Tribunale di Viterbo nel giugno/ottobre del 2004 e definito nell’aprile del 2018.

Chiedevano ingiungersi al Ministero il pagamento di un equo indennizzo.

2. Con decreto del 2.1.2020 il consigliere designato ingiungeva al Ministero della Giustizia il pagamento a N.B.M. della somma di Euro 830,57, oltre interessi dal 2.10.2019 al soddisfo, ed il pagamento a M.R. della somma di Euro 1.003,24, oltre interessi dall’8.10.2019 al soddisfo.

3. N.B.M. e M.R. proponevano opposizione. Resisteva il Ministero della Giustizia.

4. Con decreto dei 22.6/20.7.2020 la Corte di Roma accoglieva parzialmente l’opposizione e condannava il Ministero a pagare, a titolo di equo indennizzo, a N.B.M. la somma di Euro 857,51, oltre interessi dal 2.10.2019 al soddisfo, e a M.R. la somma di Euro 1.026,44, oltre interessi dall’8.10.2019 al soddisfo, nonché a pagare con distrazione le spese di lite.

Premetteva la corte che la medesima Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, a definizione del giudizio “presupposto”, aveva liquidato in favore di N.B.M. la somma di Euro 830,57, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 31.12.2003 al soddisfo, ed in favore di M.R. la somma di Euro 1.003,24, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 31.12.2003 al soddisfo.

Indi evidenziava che, ai fini di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, il valore dei diritti accertati nel giudizio “presupposto” doveva, ai sensi dell’art. 10 c.p.c., comma 2, determinarsi alla stregua, oltre che della sorte capitale, altresì degli interessi legali e della rivalutazione monetaria maturati sino al di della proposizione delle opposizioni, poi riunite, alle ingiunzioni pronunciate nell’ambito dello stesso giudizio “presupposto”, di coincidente con il 7.10.2004 per N.B.M. e con il 24.6.2004 per M.R..

Evidenziava dunque che il valore complessivo dei diritti accertati nel giudizio “presupposto” si specificava, rispettivamente, in Euro 857,51 ed in Euro 1.026,44.

5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso N.B.M. e M.R.; ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.

6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta fondatezza del motivo di ricorso.

7. Con l’unico motivo le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis e dell’art. 10 c.p.c..

Deducono che, ai fini della determinazione del valore dei diritti accertati nel giudizio “presupposto”, ha errato la Corte di Roma a tener conto degli interessi e della rivalutazione monetaria maturati sino alla data del 7.10.2004 ed alla data del 24.6.2004, di proposizione delle opposizioni alle ingiunzioni, rispettivamente, da parte di N.B.M. e di M.R. nel giudizio “presupposto”, anziché sino alla data del 24.4.2018, di deposito della sentenza n. 1306/2018 con cui la Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, ha definito il medesimo giudizio “presupposto”.

Deducono che in tal guisa il valore dei diritti accertati nel giudizio “presupposto” si specifica nelle maggiori somme di Euro 1.255,50, per N.B.M., e di Euro 1.516,50, per M.R..

8. Il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede, tanto più che il Ministero controricorrente non ha provveduto al deposito di memoria.

Il motivo di ricorso è dunque fondato e da accogliere.

9. Questa Corte spiega che, in tema di equa riparazione, il limite quantitativo dell’indennizzo, previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, va determinato sulla base del valore della vicenda oggetto del giudizio “presupposto”, includendovi gli interessi liquidati nella pronuncia con cui tale giudizio sia stato definito, ma non le spese legali in esso sostenute che, pur gravando sulla parte perché funzionali all’esercizio dell’azione, non rientrano nell’oggetto della causa (cfr. Cass. (ord.) 19.3.2019, n. 7695).

10. Su tale scorta si accreditano le dedotte violazioni della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 2 bis.

Il quantum dei diritti accertati nel giudizio “presupposto” non è propriamente Euro 830,57 ed Euro 1.003,24.

Il quantum e’, viceversa, costituito dagli anzidetti importi con l’incremento degli interessi e della rivalutazione maturati sino a quando si è compiuto, con la sentenza n. 1306/2018 della Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, l’accertamento – poi definitivo – nel giudizio “presupposto”.

Tanto, segnatamente, ai fini della modalità operativa del limite di cui all’art. 2 bis, comma 3 della legge “Pinto”.

Cosicché è da condividere l’assunto delle ricorrenti secondo cui l’art. 10 c.p.c. non esplica alcuna valenza nel caso di specie.

11. In accoglimento del ricorso il decreto della Corte d’Appello di Roma dei 22.6/20.7.2020 va cassato con rinvio alla stessa corte in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio.

In dipendenza del buon esito del motivo di ricorso, accolto nel segno della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si attende, giusta il disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 1, all’enunciazione del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – nel modo che segue:

ai fini di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3 l’ammontare del diritto accertato nel giudizio “presupposto” si determina tenendo conto dell’importo capitale e, altresì, dell’incremento derivante dal computo degli interessi e della rivalutazione maturati sino a quando si compie l’accertamento – poi definitivo – nel giudizio “presupposto”.

12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione, sicché è inapplicabile l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. cit. (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto della Corte d’Appello di Roma dei 22.6/20.7.2020; rinvia alla stessa corte, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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