Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.177 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8499-2018 proposto da:

I.N.P.S., – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;

– ricorrenti –

contro

SSD – ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA DELFINO 93 S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 52, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO CERNIGLIA, rappresentata e difesa dall’avvocato ERMANNO ROSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 641/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 05/09/2017 R.G.N. 546/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.

Rilevato che:

1. si controverte dell’ambito di efficacia della disposizione dettata dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. m.) (T.U.I.R.) ed in particolare se la stessa sia applicabile o meno alla posizione previdenziale dei soggetti che svolgono attività di istruttori sportivi in favore di associazioni/società sportive dilettantistiche;

2. la Corte d’appello di Bologna, giudicando sull’impugnazione proposta dall’INPS, quale successore dell’ENPALS, avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto l’opposizione a cartella esattoriale dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Delfino 93 (di seguito, per brevità, anche associazione sportiva), in relazione alla posizione di due collaboratori, ha respinto l’appello dell’Istituto;

3. per quanto qui di rilievo, la Corte territoriale ha ritenuto di non condividere la tesi dell’Istituto secondo cui “le prestazioni remunerate d(ovessero) avere carattere non professionale e (…) rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” (v. penultimo ed ult. cpv. pag. 4 della sentenza impugnata);

4. per i giudici, era decisivo osservare che, nel caso di specie, le prestazioni erano state espletate da soci per il perseguimento di finalità istituzionali dell’associazione riconosciuta dal CONI. I compensi erogati erano, dunque, riconducibili alla nozione di “redditi diversi” di cui all’art. 67 TUIR e, pertanto, erano esenti da imposizione fiscale (e contributiva);

5. avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INPS, succeduto all’ENPALS D.L. n. 201 del 2011, ex art. 21 conv. in L. n. 214 del 2011, sulla base di un motivo; resiste la società con controricorso.

Considerato che:

6. con l’unico motivo di ricorso, l’INPS deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs.C.P.D. 16 luglio 1947, n. 708, artt. 3 e 4; dell’articolo unico del decreto ministeriale del 15 marzo 2005, n. 17445; del D.M. 15 marzo 2005, n. 17454, art. unico; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. m); del D.L. 30 dicembre 2008, art. 24, comma 5, conv. con modif. dalla L. n. 14 del 2009;

7. per l’istituto ricorrente, la Corte di appello avrebbe dovuto affermare l’obbligo di contribuzione, in relazione alla attività resa, in favore della associazione sportiva, dall’istruttore di nuoto, P.R., nel periodo maggio 2005/novembre 2007;

8. secondo la Corte d’appello, invece, per come già sinteticamente riportato nello storico di lite, il predetto collaboratore aveva percepito redditi ritenuti diversi a fini fiscali (ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. m), TUIR), e non suscettibili tanto di imposizione fiscale quanto contributiva, perché inferiori ad un determinato valore economico;

9. la decisione di esclusione dell’obbligo contributivo viene censurata in ragione del fatto che il D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3 ha imposto l’obbligo di iscrizione all’ENPALS, fra gli altri, al n. 21), agli addetti agli impianti sportivi; inoltre, il successivo comma 2 del medesimo articolo, al primo periodo e con disposizione di chiusura, ha rinviato a decreti ministeriali il compito di adeguare le categorie dei soggetti assicurati;

10. il decreto ministeriale n. 17445 del 2005 ha realizzato tale adeguamento, ricomprendendo nell’ambito della tutela previdenziale anche “(…) 20) impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi”. Ancora, il D.M. 15 marzo 2005, n. 17454 aveva ridefinito i tre gruppi dello spettacolo obbligatoriamente soggetti all’iscrizione all’ENPALS includendovi i lavoratori ora citati;

11. a fronte di tale evidente imposizione dell’obbligo assicurativo, scaturente dalla legge e dai successivi decreti di adeguamento, ritiene l’INPS che una ipotetica eccezione intesa quale esenzione parziale od integrale, avrebbe dovuto essere esplicita e riferita immediatamente e direttamente al sistema previdenziale; tuttavia, tale esplicito riferimento manca nel disposto dell’art. 67, comma 1, lett. m) TUIR, trattandosi di disposizione che si limita a disciplinare l’individuazione dei redditi sui quali va pagata l’imposta sul reddito delle persone fisiche;

12. rileva, ancora, il ricorrente che quando il legislatore ha inteso innervare nella materia previdenziale quella fiscale lo ha fatto esplicitamente, come nel caso del D.Lgs. n. 314 del 1997 per l’ipotesi del lavoro dipendente, e che l’irrilevanza del citato art. 67, comma 1 lett. m), TUIR emerge anche dalla peculiare diversa disciplina previdenziale dettata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 70 per il lavoro accessorio, e dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 49 per il lavoro occasionale, che evidenziano la volontà della legge di dare copertura assicurativa anche alle più minute attività lavorative;

13. il motivo va accolto anche se in ragione di considerazioni non coincidenti con l’impostazione suggerita dal ricorrente;

14. la questione prospettata implica la necessità di meglio definire, rispetto alle precedenti occasioni in cui questa Corte di cassazione si è occupata della materia previdenziale nell’area dilettantistica sportiva, quali siano i presupposti dell’obbligo di iscrizione al Fondo per i lavoratori dello spettacolo ex ENPALS relativamente agli “(…) impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi” qualora si tratti di prestazioni rese in seno all’organizzazione di soggetti riconosciuti dalle competenti autorità sportive quali esercenti attività dilettantistica;

15. la disamina va riportata, per quanto qui di interesse, all’assetto normativo riferito ai fatti causa (anni 2005/2007), non essendo ratione temporis applicabili le disposizioni relative alle società dilettantistiche, poi comunque abrogate, introdotte dalla L. n. 207 del 2017, art. 1, commi 353 e 354, (legge di bilancio 2018), né quelle successive di cui al D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36 non ancora entrate in vigore e che presuppongono una diversa organizzazione del lavoro sportivo;

16. è opportuno prendere avvio dalla considerazione che la tutela assicurativa dello sport fu, in origine, attribuita all’E.N. P.A.L.S. ad opera della L. n. 366 del 1973 per i soli calciatori ed allenatori di squadre di calcio, mediante una evoluzione dell’originaria tutela genericamente assicurata dalla Sportass (assicurazione privatistica), in ragione di una assimilazione dell’attività sportiva a quella degli spettacoli artistici basata sull’attrazione del pubblico, stimolato a partecipare agli eventi dall’impegno dei soggetti coinvolti;

17. l’ENPALS, come è noto, a sua volta, fu istituita dal D.Lgs.C.P.S. n. 167 del 1947, n. 708, ratificato con modifiche dalla L. 29 novembre 1952, n. 2388, ed il suo meccanismo di funzionamento, disciplinato inizialmente con il D.P.R. n. 26 del 1950, fu poi profondamente modificato ad opera del D.P.R. n. 357 del 2003, in attuazione della L. n. 289 del 2002, art. 43 e del D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010. L’Ente è poi confluito in INPS, ad opera del D.L. n. 201 del 2011 conv. con modif. in L. n. 214 del 27 dicembre 2011, con effetto dal primo gennaio 2012;

18. per quanto in particolare attiene alle concrete modalità di finanziamento di tale sistema previdenziale ed ai contenuti dell’obbligazione contributiva corrispondente, va ricordato che la normativa di settore, assecondando il processo di armonizzazione con l’assicurazione generale obbligatoria perseguito dalla legge di riforma del 1995 (L. n. 88 del 1995, n. 335, art. 2, comma 22), subì una incisiva modificazione ad opera del D.Lgs. attuazione 30 aprile 1997, n. 182 con la espressa previsione che il contributo versato presso l’ENPALS fosse stabilito in base all’aliquota di finanziamento e con i criteri di ripartizione in vigore nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’assicurazione generale;

19. fecero poi seguito, quanto alla integrazione della disciplina dell’obbligazione contributiva anche per gli autonomi, la L. n. 2712 del 2002, n. 289, art. 43 (legge finanziaria per il 2003), il D.P.R. 24 novembre 2003, n. 357 e la L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3 (legge finanziaria per il 2004);

20. tornando alla specifica posizione degli sportivi, l’iniziale limitazione dell’obbligo assicurativo solo agli allenatori ed ai giocatori di calcio, fu superata dalla estensione della tutela a tutti gli sportivi professionisti attraverso la L. 23 marzo 1981, n. 91;

21. per “professionisti”, la L. n. 91 del 1981 intende, all’art. 2, “gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione delle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”;

22. e’, dunque, evidente che l’obbligo di copertura previdenziale viene in concreto disciplinato dalla L. n. 91 del 1981 mediante l’esercizio dell’attività del CONI in tema di distinzione tra l’esercizio di attività professionistica e dilettantistica. Del resto, l’inquadramento dell’attività sportiva professionistica nell’ambito preferenziale del lavoro subordinato, derivato dalla L. n. 91 del 1981, artt. 2 e 3, come si è notato in dottrina, ha fatto sì che tutte le norme di tutela a questo collegate, siano divenute valide anche per il lavoro sportivo;

23. la legge in parola non ha disciplinato dunque il settore dilettantistico, ed i rapporti di collaborazione allo stesso riferiti vengono considerati solo per esclusione, mancando nell’ordinamento interno, almeno a quel tempo, una normativa dichiaratamente applicabile ai rapporti intercorrenti tra le associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD) e i soggetti che intervengono a vario titolo nello svolgimento delle attività (ad es. atleti dilettantistici, direttori di gara, operatori e collaboratori per lo svolgimento di iniziative sportive);

24. la disciplina previdenziale dell’attività sportiva dilettantistica, non attratta nell’area dei professionisti indicati dalla L. n. 91 del 1981, art. 2 e cioè gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, va quindi rinvenuta nell’ambito di regolamentazione posto dal D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947 e dalla disciplina allo stesso connessa sopra richiamata;

25. in questa direzione si è orientata la giurisprudenza di legittimità che ha riconosciuto l’attività degli istruttori sportivi soggetta all’obbligo assicurativo presso I’ENPALS (vd. da ultimo Cass. n. 11375 del 2020), rinvenendone le basi positive nel D.Lgs.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, art. 3, e nella Legge di ratifica 29 novembre 1952, n. 2388, n. 21, art. 3, rilevando che lo stesso ha previsto l’obbligatoria iscrizione, tra gli altri, degli “addetti agli impianti sportivi”;

26. tale disposizione ha costituito, come precisato dalla citata Cass. n. 11375 del 2020, una estensione della tutela previdenziale rispetto allo stretto limite della categoria dei lavoratori dello spettacolo, come del resto il legislatore aveva consapevolmente previsto avendo rimesso (art. 3) ad un decreto del Capo dello Stato su proposta del Ministro del lavoro, di estendere l’assicurazione ENPALS ad altre categorie di lavoratori dello spettacolo non contemplate nella medesima disposizione;

27. si è pure riconosciuto che a seguito della delega contenuta nella L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 22, sub d), il Governo ha proceduto all’armonizzazione delle prestazioni pensionistiche dei lavoratori dello spettacolo con il D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 182, art. 2, comma 1, che ha previsto la distinzione in tre gruppi dei lavoratori dello spettacolo iscritti all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei lavoratori dello spettacolo, ai fini dell’individuazione dei requisiti contributivi e delle modalità di calcolo delle contribuzioni e delle prestazioni;

28. inoltre, anche in relazione agli addetti agli impianti sportivi si è detto che l’obbligo contributivo presso l’ENPALS, ai sensi del D.M. 10 novembre 1997, vede operare il raggruppamento dei lavoratori dello spettacolo, iscritti all’ENPALS, indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, appartenenti alle categorie indicate al D.Lgs.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, art. 3, ratificato con modificazioni nella L. 29 novembre 1952, n. 2388, per le finalità di cui al D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 182, art. 2, comma 1, ed ha contemplato ancora, nell’ambito del gruppo B, gli “addetti agli impianti sportivi”;

29. la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 43, comma 2, ha poi sostituito il D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2, rimettendo ad un decreto del Ministro del lavoro (non più ad un decreto del Capo dello Stato), sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative di lavoratori e datori di lavoro e su eventuale proposta dell’Enpals che provvede periodicamente al monitoraggio “delle figure professionali operanti nel campo dello spettacolo e dello sport”, di adeguare le categorie dei soggetti assicurati presso l’ENPALS;

30. si è dunque affermato che in forza di detta delega è intervenuto da ultimo il D.M. 15 marzo 2005, che ha dichiaratamente “rimodulato la composizione dei citati tre gruppi, come individuati dal D.Lgs. n. 182 del 1997, a seguito dell’ampliamento delle categorie dei lavoratori dello spettacolo operata dal decreto interministeriale adottato ai sensi del predetto D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2, primo periodo, e sulla scorta di una verifica dell’evoluzione delle professionalità e delle forme di regolazione collettiva dei rapporti di lavoro di settore”, ed ha maggiormente dettagliato la preesistente previsione contemplando, nell’ambito del raggruppamento di cui alla lett. B), gli “impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi”;

31. in definitiva, attraverso l’adozione del decreto ministeriale indicato non si è delineata una nuova categoria di lavoratori assoggettati alla tutela dell’Enpals, ma è stata esplicitata la mera ricomprensione, nell’ambito della stessa, di figure emergenti nella pratica, che già in precedenza potevano esservi fatte rientrare (v. in senso analogo, con riferimento agli animatori turistici, Cass. n. 3219 del 2006 e Cass. n. 9996 del 2009);

32. in tal senso, gli istruttori di nuoto che svolgono la propria attività in corsi di nuoto svolgentisi in piscine sono stati ritenuti rientrare tra “gli addetti agli impianti sportivi” di cui al D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 1, n. 21 (Cass. n. 21245 del 2014);

33. in questo contesto va valutata l’applicabilità al sistema previdenziale dell’art. 67, comma 1, lett. m), del T.U.I.R. nel testo post riforma 2004;

34. la disposizione, con riguardo all’ambito temporale qui di interesse, va esaminata nel testo modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 253, a decorrere dal 1 gennaio 2005 ed in quello ancora modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 299, lett. a) e b), applicabile a decorrere dal 1 gennaio 2007;

35. secondo tale disposizione, nella prima versione (id est: nel testo modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 253) sono redditi diversi “(…) se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente (…) m): le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici”;

36. nel testo successivo (id est: nel testo modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 299, lett. a) e b), applicabile a decorrere dal 1 gennaio 2007) sono redditi diversi “(…) m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche (e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici)”;

37. va subito chiarito che, nonostante le intervenute modificazioni, il testo in esame non consente di includere all’interno dell’area dei redditi diversi le somme percepite da coloro i quali svolgono professionalmente le attività cui le somme si riferiscono;

38. ciò si desume chiaramente dall’incipit dell’art. 67 TUIR che esclude a priori i redditi di capitale, quelli conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente;

39. coerentemente con tale indicazione, è evidente che tali presupposti negativi devono sussistere anche là dove il soggetto percettore intervenga nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche;

40. peraltro, non può trarsi diversa indicazione dalla considerazione che, nel testo in vigore dal primo gennaio 2007, il riferimento al carattere “non professionale” sarebbe diretto ai soli direttori artistici ed ai collaboratori tecnici e non agli sportivi; infatti, è evidente che la specificazione della “natura non professionale” deve essere riferita alle prestazioni rese da bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche e che sono i soggetti che erogano le somme e non certo quelli che le ricevono;

41. successivamente, il D.L n. 207 del 2008, art. 35 comma 5, ha chiarito che “Nelle parole “esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” contenute nel testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, art. 67, comma 1, lett. m), sono ricomprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all'”attività sportiva dilettantistica”;

42. in ordine a tale chiarimento, che Cass. n. 24365 del 2019 ha riconosciuto di natura interpretativa, l’Agenzia delle entrate ha precisato, con la Ris. n. 38/E del 17 maggio 2010, che vanno ricompresi nella norma agevolativa “anche i soggetti che non svolgono un’attività durante la manifestazione, ma rendono le prestazioni indicate – formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva dilettantistica – a prescindere dalla realizzazione di una manifestazione sportiva” e ancora: “l’intervento normativo ha ampliato il novero delle prestazioni riconducibili nell’ambito dell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche nonché, di conseguenza, quello dei soggetti destinatari del regime di favore eliminando di fatto, il requisito del collegamento fra l’attività resa dal percipiente e l’effettuazione della manifestazione sportiva”;

43. la statuizione, nelle diverse formulazioni sopra riportate, consente dunque di erogare, ai collaboratori di attività sportiva dilettantistica in favore di enti sportivi della medesima natura, somme sussumibili nella nozione fiscale di “redditi diversi” che, entro la soglia prevista dall’art. 69, comma 2 del T.U.I.R. vigente ratione temporis (Euro 7500 per anno d’imposta) sono fiscalmente neutri;

44. la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha in più occasioni ritenuto che la disposizione in esame, in quanto sostanziale eccezione all’obbligo contributivo previsto per gli addetti agli impianti sportivi, sia rilevante anche in materia previdenziale;

45. si ricordano, in particolare, oltre alla già citate Cass. n. 11375 del 2020 e Cass. n. 24365 del 2019, Cass. n. 21535 del 2019 e Cass. n. 11492 del 2019, nonché Cass. n. 5904 del 2016, le quali hanno presupposto l’astratta applicabilità della disposizione in esame alla materia previdenziale fermo restando che ne ricorrano i presupposti concreti;

46. a tale orientamento va data continuità in quanto espressione di una corretta interpretazione dell’ambito del sistema previdenziale proprio dell’attività sportiva dilettantistica nel contesto temporale oggetto di causa;

47. l’assenza di una espressa disciplina previdenziale, in materia di collaborazione resa in favore di associazioni dilettantistiche, non esime l’interprete dal considerare l’impatto della neutralizzazione degli effetti tributari delle erogazioni corrisposte in tale contesto, anche relativamente al calcolo dell’imponibile contributivo;

48. si tratta invero di una relazione che seppure riferita espressamente ai soli effetti tributari, esprime il più generale intento della legge di reputare un determinato valore monetario, riferito ad una determinata attività umana, non espressivo di un valore economico utile alla produzione di un reddito suscettibile di realizzare la base imponibile di una obbligazione patrimoniale pubblica;

49. occorre, peraltro, rilevare che dall’affermazione della riferibilità dell’art. 67 TUIR anche ad effetti previdenziali, non discende certamente l’individuazione di una area di automatica esenzione dall’obbligo contributivo invocabile dalle associazioni o società formalmente riconosciute quali dilettantistiche, a prescindere cioè dalla effettiva e concreta riprova della presenza dei requisiti specifici richiesti dalla citata disposizione;

50. in questa prospettiva, rileva, dunque, a monte, la verifica, in sede giudiziale, della effettiva natura “dilettantistica” del soggetto (associazione e/o società sportiva) in favore del quale la collaborazione è stata esercitata;

51. questa Corte, soprattutto in ambito tributario, ha, in più riprese, osservato come l’accertamento a tale riguardo condotto dal giudice di merito derivi non (tanto) dall’elemento formale della veste giuridica assunta (associazione e/o società sportiva dilettantistica) e dal corretto inserimento in statuto di tutte le clausole riguardanti la via associativa, quanto piuttosto dal requisito di natura sostanziale, ossia dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro e, quindi, da una operatività concreta conforme a quanto indicato nelle clausole dell’atto costitutivo e dello statuto, il cui onere probatorio ricade sulla parte contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI (così Cass., sez.trib., n. 10393 del 2018; Cass. n. 23789 del 2016; Cass. n. 16449 del 2016; Cass. n. 2152 del 2020; negli stessi termini, Cass., sez. lav., n. 21535 del 2019 e n. 5904 del 2016 cit.);

52. si tratta, per l’appunto, di una ipotesi eccettuativa anche del generale obbligo di contribuzione connesso all’esercizio di attività compensate economicamente, di tal ché spetta a chi ne invoca l’applicazione fornire allegazione e prova dei presupposti applicativi;

53. si è detto che i compensi non devono essere conseguiti nell’esercizio di professioni né derivare da un rapporto di lavoro dipendente ed in proposito (v. Cass. n. 11375 del 2020 cit.) si è pure precisato che, per esercizio di arti e professioni, ai sensi dell’art. 53 del TUIR deve intendersi “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo” diversa dall’attività di impresa;

54. la normativa fiscale, nell’ambito delle attività di lavoro autonomo, infatti, distingue i redditi derivanti dall’esercizio di “arti e professioni” ovvero dall’esercizio “per professione abituale ancorché non esclusiva di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui all’art. 5, comma 3, lett. c)” (art. 53 t.u.i.r.), dai redditi diversi derivanti da “attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” (art. 67, lett. l, t.u.i.r.);

55. il reddito diverso, dunque, non può essere quello che deriva dall’esercizio abituale di una attività autonoma nel senso specificato, né il reddito tratto dall’esercizio professionale di attività coordinate e continuative, e per questo considerato assimilato a quello di lavoro dipendente (art. 50, lett. c, t.u.i.r.);

56. In tal senso, peraltro, si era già espressa anche la Sezione terza penale di questa Corte di cassazione, con la sentenza n. 31840 del 2014, affermando il principio secondo cui, fermo restando che le erogazioni qualificabili come redditi diversi non devono costituire redditi di capitale ovvero non devono essere state conseguite nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente:

– l’obbligo di denuncia di dati obbligatori a fini previdenziali da parte del datore di lavoro, la cui omissione è penalmente sanzionata dalla L. n. 689 del 1981, art. 37 (come modificato dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, comma 19), sussiste anche nei confronti dei responsabili delle società sportive dilettantistiche in relazione alle attività svolte, a beneficio degli associati, da istruttori, addetti alle strutture, ed altri collaboratori purché si tratti di attività svolte professionalmente;

– è irrilevante che le attività in questione siano espletate in vista della partecipazione degli associati a competizioni dilettantistiche ufficiali (riconosciute dal Coni e dalle federazioni sportive), ovvero a beneficio dei c.d. “amatori” delle varie discipline, o di semplici principianti;

– le somme che le società sportive dilettantistiche iscritte nell’apposito registro tenuto dal Coni corrispondano a soggetti che prestino la loro opera in favore delle stesse sono esenti da contribuzione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 67, lett. m), e art. 69 del t.u.i.r., fino alla soglia di Euro 7.500, alla duplice condizione che: – a) risultino erogate “nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” (quale specificato nel D.L. n. 207 del 2008, art. 35, comma 5 conv. con modif. in L. n. 14 del 2009), nulla rilevando in contrario l’assenza di uno specifico collegamento con la partecipazione a future manifestazioni o gare sportive: – b) le prestazioni a fronte delle quali viene effettuata l’erogazione non abbiano carattere di prestazioni professionali;

57. In definitiva, da quanto sin qui esposto, può trarsi il seguente principio di diritto:

“Il D.M. 15 marzo 2005, n. 17445, sulla base della preesistente previsione contenuta D.Lgs.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, comma 2, primo periodo, ha specificato che rientrano nell’ambito del raggruppamento di cui alla lett. B), gli “impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi” che dunque sono soggetti in via generale all’obbligo assicurativo presso la gestione ENPALS, ora confluita presso l’INPS.

Per effetto della previsione contenuta nell’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), che dunque determina effetti eccettuativi anche rispetto all’obbligo contributivo previdenziale, non risultano soggette agli obblighi predetti le prestazioni, se compensate nei limiti monetari di cui all’art. 69 TUIR, relative alla formazione, alla didattica, alla preparazione ed all’assistenza all’attività sportiva dilettantistica (D.L. n. 207 del 2008, art. 35, comma 5, conv. in L. n. 14 del 2009) a condizione che chi invoca l’esenzione, con accertamento rimesso al giudice di merito, dimostri che:

– le prestazioni rese non siano compensate in relazione all’attività di offerta del servizio sportivo svolta da lavoratori autonomi o da imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente assunta dal prestatore (art. 67, comma 1, TUIR);

– tali prestazioni siano rese in favore di associazioni o società che non solo risultano qualificate come dilettantistiche, ma che in concreto posseggono tale requisito di natura sostanziale, ossia svolgono effettivamente l’attività senza fine di lucro e, quindi, operano concretamente in modo conforme a quanto indicato nelle clausole dell’atto costitutivo e dello statuto, il cui onere probatorio ricade sulla parte contribuente, e non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto neutrale dell’affiliazione ad una federazione sportiva o al CONI;

– le prestazioni siano rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche e cioè che siano rese in ragione del vincolo associativo esistente tra il prestatore e l’associazione o società dilettantistica, restando esclusa la possibilità che si tratti di prestazioni collegate all’assunzione di un distinto obbligo personale;

– il soggetto che rende la prestazione e riceve il compenso non svolga tale attività con carattere di professionalità e cioè in corrispondenza all'”arte o professione” abitualmente esercitata anche se in modo non esclusivo (art. 53 TUIR)”;

58. sulla base delle esposte coordinate, va dunque esaminata la fattispecie concreta;

59. come riportato sinteticamente nello storico di lite, la decisione impugnata parte da una premessa teorica inesatta – che ai fini dell’applicazione dell’art. 67, lett. m) TUIR, non è necessaria (anche) la verifica del carattere non professionale della prestazione remunerata – e procede all’analisi del caso devolutole senza effettuare il conseguente accertamento (neppure desumibile implicitamente dalla descritta attività dei collaboratori, in particolare del M.) che, viceversa, la (corretta applicazione della) norma di legge avrebbe imposto;

60. in tale modo, la Corte di appello incorre in errore di diritto, configurabile anche quando il giudice di merito erri nelle modalità di conduzione dell’indagine demandatagli e proceda con metodo inesatto al giudizio di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta;

61. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rinviata, per un nuovo esame, alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, che nel deciderla si atterà al principio di diritto di cui innanzi e provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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