LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7847-2016 proposto da:
I.N.A.I.L., – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, TERESA OTTOLINI che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
I.R.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1359/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 05/01/2016 R.G.N. 1791/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/11/2021 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MUCCI ROBERTO, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso incidentale di I.R., che aveva contestato la decisione del primo giudice in merito alla quantificazione del danno biologico dovutogli per i danni riportati in seguito all’infortunio sul lavoro, assumendo che lo stesso fosse stato liquidato in difetto; la Corte territoriale, recependo le conclusioni della consulenza medico legale circa la natura multipla delle menomazioni prodotte a carico dello stesso organo (“menomazioni concorrenti”), ha applicato il criterio della commisurazione del danno complessivo ai parametri contenuti nel D.M. 5 febbraio 1992, secondo il cd. calcolo “Salomonico”, che consente di mantenersi a metà strada tra la somma matematica applicata alle menomazioni plurime tabellate e il calcolo riduzionistico cd. di Balthazard utilizzato in caso di menomazioni a carico di organi distinti.
Avverso tale pronuncia l’INAIL ha proposto ricorso per cassazione deducendo un unico motivo di censura.
I.R. è rimasto intimato.
Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’istituto ricorrente deduce violazione del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, comma 2, e del Decreto ministeriale di approvazione delle tabelle di menomazioni del 12.7.2000, pubblicato in suppl. ordinario n. 119, alla Gazz. Uff. n. 172, del 25 luglio 2000"; denuncia l’erroneità della pronuncia d’appello per avere la stessa commisurato la rendita al grado d’inabilità del 16% sulla base delle tabelle previste per la valutazione dell’invalidità civile di cui al D.M. 5 febbraio 1992, non applicabili nella fattispecie ed in assenza di corretti e chiari criteri di valutazione, contrastanti con quelli utilizzati dal CTU.
Il motivo merita accoglimento.
Va ricordato in premessa che è consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui, nel regime di liquidazione del danno da infortunio occorso in epoca successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 il D.M. 12 luglio 2000 recante approvazione delle tabelle delle menomazioni, d’indennizzo del danno biologico e dei coefficienti, ha natura di norma regolamentare con rilevanza esterna, la cui violazione è denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (In tal senso cfr. Cass. n. 13574 del 2014, Cass. n. 990 del 2016, Cass. n. 23896 del 2021).
A seguito della modifica normativa, il sistema di determinazione e quantificazione della rendita previsto originariamente dal Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (T.U. n. 1124 del 1965) non trova più applicazione.
E’, dunque, unicamente al D.M. luglio 2000 che il Consulente tecnico incaricato e lo stesso giudice devono fare riferimento nel determinare la misura del danno, indicata, a seconda dei casi, con un valore unico ovvero in un intervallo di valori o ancora con locuzioni “superiore a” ovvero “fino a” ai fini del riconoscimento del beneficio di legge.
Ciò trova conferma nella lettera del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 che al comma 2, definisce l’ambito soggettivo di applicazione della nuova normativa, stabilendo che la stessa si applica ai danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali – verificatisi o denunciati – a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.M. di cui al comma 3 dello stesso D.Lgs..
Tale decreto ministeriale, approvato il 12 luglio 2000 in sede di prima attuazione dei principi sanciti dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 reca “Tabella indennizzo danno biologico”; “Tabella dei coefficienti”, relative al danno biologico ai fini della tutela dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali” e, avendo avuto luogo, l’infortunio di cui è causa, successivamente all’entrata in vigore delle nuove Tabelle delle menomazioni (2007), è dei parametri in esse contenuti che la Corte d’appello avrebbe dovuto fare applicazione; di contro, erroneamente, la stessa ha applicato gli indicatori sanciti nelle tabelle del 1992, al tempo non più in vigore.
In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, che statuirà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
In considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, che statuirà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, alla Pubblica Udienza, il 3 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022