LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22916-2020 proposto da:
CREDITO FONDIAMO S.P.A. (quale mandataria della SIENA NPL 2018 S.R.L.), con sede in Roma, alla via Piemonte n. 38, in persona del procuratore speciale Dott. Artusi Gianluca, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Davide Romano, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla Via Giuseppe De Camillis n. 4.
– ricorrente –
contro
C.C. e F.N., rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’Avvocato Antonio Mancarella, con cui elettivamente domiciliano in Barletta, alla via F. D’Aragona n. 92/D.
– controricorrenti –
e FALLIMENTO ***** S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore pro tempore.
– intimato –
avverso la sentenza, n. cronol. 53/2020, della CORTE di APPELLO di BARI, depositata in data 16/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del giorno 11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. EDUARDO CAMPESE.
FATTI DI CAUSA
1. La Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. chiese ed ottenne, dal Tribunale di Trani, un’ingiunzione solidale di pagamento, nei confronti della ***** s.r.l. in liquidazione (debitrice principale), C.C. e F.N. (entrambi suoi fideiussori), per l’importo di Euro 98.809,83, oltre interessi e rivalutazione, a titolo di saldo debitore del conto corrente n. *****, e dei relativi conti collegati, intrattenuti dalla ***** s.r.l. presso l’agenzia di ***** della suddetta Banca.
1.1. Proposta opposizione ex art. 645 c.p.c. dagli ingiunti, il menzionato tribunale, nel contraddittorio con la MPS Gestione Crediti s.p.a. (non in proprio, ma esclusivamente per conto della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.), l’accolse, revocò l’ingiunzione e condannò l’istituto di credito al pagamento, in favore del Fallimento ***** s.r.l. (ivi costituitosi, ribadendo le originarie richieste della società in bonis, dopo che quest’ultima era stata dichiarata fallita dallo stesso tribunale), della somma di Euro 9.721,32, oltre interessi; dichiarò, inoltre, non dovute, perché derivanti dall’applicazione di condizioni contrattuali non pattuite, le somme addebitate dalla banca alla società opponente per interessi nella misura ultralegale, per la capitalizzazione di interessi, per le spese e la commissione di massimo scoperto; condannò, infine, la medesima banca a rettificare le segnalazioni alla Centrale Rischi effettuate in danno di tutti gli opponenti.
2. Il gravame proposto contro questa decisione dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. è stato respinto dalla Corte di appello di Bari, con sentenza del 16 gennaio 2020, n. 53, resa nel contraddittorio con il Fallimento ***** s.r.l. in liquidazione, C.C. e F.N..
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, dopo aver dato atto che l’appellante aveva depositato, “… con la comparsa conclusionale”, alcuni documenti (puntualmente indicati), “che assume estratti dal fascicolo monitorio”, ha ritenuto di condividere gli insegnamenti di Cass., SU, n. 14475 del 2015 ed ha considerato inappropriato il richiamo ad essi effettuato, nella specie, dalla parte appellante “… che non ha prodotto il fascicolo monitorio nella fase di opposizione né con l’atto di appello, né nel corso di questo secondo grado di giudizio”. “Nel contempo”, ha proseguito quel giudice, “pur assumendo la acquisibilità di ufficio del fascicolo monitorio, Monte Paschi non si duole del rigetto della istanza in tal senso formulata al giudice di prime cure, né mai ha formulato una richiesta di tal fatta in grado di appello, né, soprattutto, ha prodotto ilfascicolo monitorio di parte, che non è dato sapere se ritirato o meno, non essendo contestabile che il ritiro può essere certamente autorizzato dal giudice, specie ove domandato per la produzione in appello, quando il giudizio di opposizione sia oramai in secondo grado. Vero, dunque, che “la documentazione prodotta unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo su cui si fonda la pretesa vantata deve ritenersi acquisita al giudizio anche per le successive fasi di cognizione”(Cass. 28 settembre 2018, n. 23455), rientrando essa nella disponibilità del giudice dell’opposizione, senza che sia necessario che il ricorrente-opposto provveda all’innovazione della sua produzione, mentre, per altro verso, potrà essere prodotta anche nel giudizio di appello, quand’anche non acquisita nel giudizio di opposizione. Vero pure, però, che, come pure insegna la S.C, non può predicarsi esistente nel processo civile il principio di immanenza, in base ai quale i documenti prodotti in primo grado dalla parte risultata vittoriosa debbano ritenersi acquisiti per sempre al processo e al fascicolo di questo, non potendosi tener conto di documenti “fisicamente” assenti dal fascicolo al momento della decisione. Ne’, nella fattispecie, è invocabile il principio “di non dispersione della prova ormai acquisita”, posto che, non acquisito in primo grado il fascicolo monitorio, Monte Paschi non ha prodotto il fascicolo di parte monitorio con l’atto di appello, né all’udienza di prima comparizione, né successivamente, ma soltanto, con la comparsa conclusionale, copie di documenti dei quali nemmeno è dato sapere se effettivamente allegati nel fascicolo monitorio o se conformi a quelli allegati. Difatti, con la memoria di replica 9.2.2019, unico atto difensivo successivo alla suddetta produzione, gli appellati C. e F. hanno contestato tale produzione documentale, addirittura disconoscendo le sottoscrizioni ivi apposte ex art. 214 c.p.c. ed hanno altresì evidenziato il vano richiamo al principio giuridico “di non dispersione della prova”, non avendo Monte dei Paschi mai prodotto il proprio fascicolo monitorio con la prova del “deposito” in allegato al ricorso monitorio presso la Cancelleria del Tribunale di Trani. Certo quanto sopra, non essendoci prova che i documenti allegati alla comparsa conclusionale siano copie di documenti effettivamente presenti nel fascicolo monitorio di parte, dei suddetti non viene ammessa l’acquisizione al giudizio”.
3. Avverso questa sentenza ricorre per cassazione Credito Fondiario s.p.a., quale procuratrice della Siena NPL s.r.l., a sua volta cessionaria dei crediti di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., affidandosi ad un motivo. Resistono, con controricorso, Chiara C. e F.N., mentre il Fallimento ***** s.r.l. è rimasto solo intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico formulato motivo lamenta la “Violazione e/o falsa applicazione dei principi di unitarietà del giudizio monitorio e di opposizione a decreto ingiuntivo, di immanenza e di non dispersione della prova ormai acquisita”. In estrema sintesi, si deduce che la corte di appello, pur approvando e riconoscendo come imperanti i principi dell’unitarietà del giudizio monitorio e della successiva opposizione a decreto ingiuntivo, nonché della non dispersione della documentazione ormai acquisita, ha ritenuto di non doverli applicare nella odierna fattispecie con l’ineluttabile conseguenza di svuotare del contenuto essenziale l’intera dissertazione che occupa una rilevante parte introduttiva della sentenza de qua.
2. Una siffatta doglianza si rivela inammissibile.
2.1. Invero, giova premettere che deve considerarsi principio consolidato che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte, agli effetti dell’art. 638 c.p.c., comma 3, benché non prodotti nuovamente nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase, in forza del principio “di non dispersione della prova” ormai acquisita al processo, e non possono perciò essere considerati nuovi, sicché, ove siano in seguito allegati all’atto di appello contro la sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, devono essere ritenuti ammissibili Cass., SU, n. 14475 del 2015; Cass. n. 8693 del 2017; Cass. n. 23455 del 2018; Cass. n. 20584 del 2019; Cass. n. 16340 del 2020). Ciò spiega, peraltro, la mancanza di una norma che espliciti la necessità della trasmissione del fascicolo d’ufficio, con accluso il fascicolo di parte della fase monitoria contenente i documenti, al giudice dell’opposizione, e tanto più il difetto di un obbligo di acquisizione d’ufficio da parte del successivo giudice d’appello, essendo comunque onere delle parti allegare tale documentazione.
2.1.1. Costituisce, poi, interpretazione costante offerta da questa Corte quella secondo cui è proprio l’appellante tenuto a fornire la dimostrazione delle proprie censure, atteso che l’appello suppone una “revisio” fondata sulla denunzia di specifici “vizì di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata, individuati ai sensi dell’art. 342 c.p.c.. Ne consegue che è onere dell’appellante medesimo, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame, o comunque attivarsi perché questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, senza che gli stessi possano, peraltro, qualificarsi come “nuovi” agli effetti dell’art. 345 c.p.c. (r., ex aliis, Cass. n. 1462 del 2013; Cass., SU, 3033 del 2013; Cass. n. 11797 del 2016; Cass. n. 16340 del 2020). In quest’ottica, del resto, si inquadra anche l’indirizzo interpretativo secondo cui la perentorietà del termine entro il quale, ai sensi dell’art. 169 c.p.c., comma 2, deve avvenire il deposito del fascicolo di parte ritirato all’atto della rimessione della causa al collegio, va riferita solo alla fase decisoria di primo grado e non può in alcun modo operare una volta che il procedimento trasmigri in appello, stante il riferimento dell’art. 345 c.p.c. alle sole prove nuove e, quindi, ai documenti che nel giudizio si pretenda di introdurre come ” nuovi “, in quanto non introdotti prima del grado di appello, tra i quali non rientrano quelli contenuti nel fascicolo di parte di primo grado, ove prodotti nell’osservanza delle preclusioni probatorie di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c.Cass. n. 21571 del 2020; Cass. n. 29309 del 2017; Cass. n. 28462 del 2013).
2.2. Fermo quanto precede, nella specie, la Corte di appello di Bari, dopo aver evidenziato che la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., la quale “… non ha prodotto il fascicolo monitorio nella fase di opposizione, né con l’atto di appello, né nel corso di questo secondo grado di giudizio”, aveva depositato, “… con la comparsa conclusionale”, alcuni documenti, puntualmente indicati, “… che assume estratti dal fascicolo monitorio”, è giunta, poi, alla conclusione che, “non essendoci prova che i documenti allegati alla comparsa conclusionale siano copie di documenti effettivamente presenti nel fascicolo monitorio di parte, dei suddetti non viene ammessa l’acquisizione al giudizio”.
2.2.1. Una tale affermazione, evidentemente basata su di un accertamento fattuale nemmeno specificamente censurato in questa sede, impone di ricordare, innanzitutto, l’orientamento giurisprudenziale che considera come il fascicolo di parte che l’attore ed il convenuto debbono depositare nel costituirsi in giudizio dopo avervi inserito, tra l’altro, i documenti offerti in comunicazione, ai sensi dell’art. 165 c.p.c., comma 1, e dell’art. 166 c.p.c. (applicabili anche in appello giusta l’art. 347 dello stesso codice), pur essendo custodito, ex art. 72 disp. att. c.p.c., con il fascicolo di ufficio formato dal cancelliere (art. 168 c.p.c.), conserva, rispetto a questo, una distinta funzione ed una propria autonomia che ne impedisce l’allegazione di ufficio nel giudizio di secondo grado, ove, come in quello di primo grado, la produzione del fascicolo di parte presuppone la costituzione in giudizio di questa. Invero, dopo la conclusione del giudizio di primo grado, i fascicoli delle parti devono essere ritirati dalle medesime ed è esclusa la trasmissione di ufficio di essi alla cancelleria al giudice di appello, per effetto dell’art. 347 c.p.c., u.c., dovendo gli stessi, piuttosto, essere depositati a cura delle parti costituite in appello a ciò interessate Cass. n. 16340 del 2020; Cass. n. 78 del 2007; Cass. n. 8528 del 2006; Cass. n. 12351 del 2004; Cass. n. 5061 del 1993).
2.2.2. La censura in esame, poi, come anticipato, nemmeno confuta puntualmente l’affermazione della corte distrettuale riguardante l’assenza di qualsivoglia dimostrazione che la documentazione depositata dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., unitamente alla sua comparsa conclusionale di appello, fosse già contenuta nella originaria produzione monitoria del medesimo istituto di credito, ovvero fosse stata comunque sottoposta al contraddittorio successivamente. Non è pertinente, dunque, il richiamo effettuato in ricorso pag. 12) al principio, sancito da Cass. n. 23455 del 2018, secondo cui ove, “nel giudizio d’appello, la parte, dopo essersi costituita, ritiri il fascicolo di parte ed ometta di depositarlo nuovamente dopo la precisazione delle conclusioni, incorre in una mera irregolarità che il giudice di merito può fronteggiare attraverso una prudente valutazione delle veline a sua disposizione o, nel dubbio, attraverso la rimessione della causa sul ruolo”, che postula, invece, la sicura precedente sottoposizione al contraddittorio della documentazione non rinvenuta dalla corte di appello al momento della decisione.
2.3. Va rimarcato, infine, in via assolutamente dirimente, che: i) gli scritti difensivi successivi alla rimessione della causa al collegio possono contenere solo le conclusioni già fissate davanti all’istruttore (cfr. Cass. n. 18833 del 2016; Cass., n. 19727 del 2003. Si veda, pure Cass. n. 315 del 2012, a tenore della quale, da comparsa conclusionale assolve unicamente una funzione illustrativa delle domande e delle eccezioni ritualmente introdotte nel giudizio e sulle quali si sia già instaurato il contraddittorio fra le parti”), sicché agli stessi non possono accludersi mezzi di prova; i:) Credito Fondiario s.p.a., nella indicata qualità, alcunché ha specificamente dedotto nel proprio ricorso in merito al formale disconoscimento ex art. 214 c.p.c. formulato dagli odierni controricorrenti, nella loro prima difesa utile (memoria di replica del 9.2.2019) successiva alla comparsa conclusionale di appello della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in relazione alla (da essi comunque contestata) documentazione allegata a detta comparsa.
3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza tra le sole parti costituite e liquidate come in dispositivo, con attribuzione all’Avv. Antonio Mancarella, difensore dei controricorrenti, per dichiarazione di fattone anticipo.
3.1. Deve darsi atto, infine, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della banca ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna Credito Fondiario s.p.a., quale procuratrice della Siena NPL s.r.l., a sua volta cessionaria dei crediti di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge, con attribuzione all’Avv. Antonio Mancarella per dichiarazione di fattone anticipo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 11 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022
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