LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20322/2017 proposto da:
N.R.: nella qualità di erede di I.G.;
M.L.; elettivamente domiciliati in Roma, Via C. Fea n. 4, presso lo studio dell’avvocato Colesanti Adelelmo, rappresentati e difesi dall’avvocato De Maio Carlo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
S.I.G.A.L. Società Italiana Gestione Alberghi S.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Villa Massimo, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 278/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/10/2021 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 278/2017 depositata il 24.1.2017, sull’appello proposto dalla S.I.G.A.L. (Società Italiana Gestione Alberghi) s.r.l. nei confronti di N.R. e M.L., in parziale accoglimento del gravame ed in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli – Sezione Specializzata in materia di Impresa – n. 13488/2015 del 30.9.2015, ha dichiarato inefficace nei confronti della S.I.G.A.L., socio al 50% della Villa Savoia s.r.l., la cessione da M.L. a I.G. dell’altra quota di partecipazione del 50 % nella predetta società, avvenuta con la scrittura privata (con sottoscrizioni autenticata dal Notaio Mo.) dell’8.2.2012 (rep. *****; raccolta n. 36117), in quanto stipulata in violazione delle clausole di prelazione e gradimento contenute nell’art. 13 dello Statuto sociale.
Il giudice di secondo grado ha evidenziato che il mandato fiduciario (pactum fiduciae) conferito da I.G. a M.L. in data 10.10.2010 per l’intestazione fiduciaria della quota di partecipazione pari al 50% della costituenda società Villa Savoia s.r.l., e con l’obbligo di retrocederla a richiesta del fiduciante, – che ha dato luogo ad una interposizione reale di persona, con l’attribuzione al fiduciario della titolarità effettiva della quota sociale in oggetto – avendo natura meramente obbligatoria, vincola solo le parti ed è privo di qualsiasi efficacia nei confronti della SIGAL e dei terzi in generale, ai sensi del generale principio di cui all’art. 1272 c.c., u.c..
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione N.R. (erede di I.G., deceduto nel *****) e M.L. affidandolo a tre motivi.
La S.I.G.A.L. s.p.a ha resistito in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 24 Cost..
Espongono i ricorrenti che, nel corso del giudizio di primo grado, sulla difesa svolta dagli stessi nella comparsa di costituzione e risposta, con cui avevano affermato la validità ed efficacia dell’atto di trasferimento di quote di cui è causa stipulato tra il M. e I.G. (non rappresentando che un atto di retrocessione effettuato in esecuzione di un mandato fiduciario tra gli stessi intervenuto), la Sigal aveva dedotto, nella memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 3, la sopravvenuta inefficacia dell’atto di intestazione fiduciaria per essere lo stesso superato da altre scritture.
Nell’atto di appello, la S.I.G.A.L. aveva, invece, mutato la propria strategia difensiva, non richiedendo più la sopravvenuta inefficacia dell’intestazione fiduciaria, bensì l’inopponibilità nei suoi confronti di tale intestazione.
La S.I.G.A.L. aveva quindi introdotto nel giudizio d’appello una domanda nuova che la Corte d’Appello avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio inammissibile ex art. 345 c.p.c..
2. Il motivo è infondato.
Va osservato che questa Corte, nella sentenza n. 5471/2008, ha già affermato che “..Il mutamento della causa petendi determina un mutamento della domanda, tale da renderla inammissibile come domanda nuova in appello, nei soli casi in cui vengano alterati l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia mediante la prospettazione di nuove circostanze o situazioni giuridiche che, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e decisione, pongano in essere una pretesa nuova e diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado (cfr.: Cass. civ. sez. un., sent. 15 ottobre 2003, n. 15408). Una tale inammissibilità non è configurabile, quindi, tutte le volte che, fermi tra il primo ed il secondo grado i fatti costitutivi della pretesa azionata e le ragioni giuridiche ad essi ancorate, vengano sollevate in appello delle ulteriori questioni di diritto, all’esame delle quali il giudice, salva la formazione di un giudicato sul punto, sia comunque tenuto per il principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, essendo suo dovere ricercare le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e porre a fondamento della decisione principi di diritto anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti”.
Va, altresì, osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. n. 25319/2017) secondo cui (persino) nel giudizio di cassazione si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione purché non implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito.
Nel caso di specie, la S.I.G.A.L., nell’atto di appello, non ha affatto modificato i fatti costitutivi posti a fondamento della propria pretesa, né ha alterato l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia.
La società controricorrente, come emerge dalle conclusioni dalla stessa formulate sia nell’atto di citazione (vedi pagg. 2 e 3 ricorso per cassazione), sia nell’atto di appello (vedi pagg. 2 e 3 sentenza impugnata), aveva, in modo identico, richiesto che fosse accertato e dichiarato “che l’atto di cessione di quote sociali stipulato il giorno 08 febbraio 2012 tra il sig. M.L. (cedente) ed il sig. I.G. (cessionario) è stato posto in essere in violazione dei diritti di prelazione e gradimento, previsti e disciplinati dall’art. 13 dello statuto sociale della società Villa Savoia s.r.l.; ” 2) per l’effetto dichiarare che il medesimo atto di cessione del giorno 8 febbraio 2012 è radicalmente nullo, illegittimo, invalido e comunque inefficace..”.
Dunque, sia il petitum che la causa petendi della domanda proposta dalla odierna controricorrente non hanno differito in nulla sia nel primo che nel secondo grado, essendo mutata esclusivamente la strategia difensiva con cui la S.I.G.A.L. contrastato l’eccezione sollevata dai ricorrenti in comparsa di risposta, secondo cui il trasferimento di quote dal M. a I.G. era, invece, valido, non rappresentando altro che un atto di retrocessione effettuato in esecuzione di mandato fiduciario tra gli stessi intervenuti.
Orbene, mentre, in primo grado, la S.I.G.A.L. aveva dedotto nuovi fatti, finalizzati a provare la sopravvenuta inefficacia dell’atto di intestazione fiduciaria, in quanto superato da successivi accordi, nell’atto di appello ha implicitamente rinunciato a tale controeccezione, limitandosi a sollevare, per contrastare l’eccezione avversaria, la questione di mero diritto dell’opponibilità del pactum fiduciae stipulato da un socio con un terzo all’altro socio. Come sopra anticipato, la S.I.G.A.L., senza minimamente modificare le coordinate fattuali della controversia, si è limitata a svolgere una mera difesa, prospettando una nuova questione di diritto – che, peraltro, già il giudice di primo grado avrebbe dovuto affrontare d’ufficio a norma dell’art. 113 c.p.c. – e senza quindi proporre una domanda nuova.
3. Con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 5, n. 5, circa un fatto decisivo per il giudizio.
Lamentano i ricorrenti che la Corte d’Appello di Napoli ha erroneamente interpretato la sentenza di primo grado, ritenendo che il Tribunale aveva individuato, nel caso di specie, una fattispecie di simulazione.
4. Il motivo è inammissibile.
A prescindere dal rilievo che la dedotta eventuale erronea interpretazione della sentenza di primo grado non può in alcun modo farsi rientrare nella fattispecie dell’omesso esame di fatto decisivo a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non essendo stato indicato alcun fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte d’Appello, la censura dei ricorrenti è priva di decisività ai fini della decisione della causa.
5. Con il terzo motivo è stata dedotta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per carente motivazione.
Lamenta il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata è carente, se non addirittura assente, essendosi soffermata sulla questione pacifica dell’effettivo trasferimento della proprietà al fiduciario senza esaminare la questione sottoposta al suo esame dell’applicabilità della clausola di prelazione e di gradimento alla retrocessione delle quote effettuata dal fiduciario al fiduciante. La sentenza impugnata e’, inoltre, contraddittoria per avere ritenuto erroneamente applicabile tale clausola alla prelazione fiduciaria.
6. Il motivo è infondato.
Va, in primo luogo, osservato che, come enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Dunque, non può più essere censurata la eventuale “carente” motivazione.
Inoltre, la Corte d’Appello non ha comunque reso una motivazione al di sotto del “minimo costituzionale”, avendo spiegato in modo adeguato le ragioni della non opponibilità all’altro socio del pactum fiduciae stipulato tra fiduciante e fiduciario, rinvenendole nella natura meramente obbligatoria di tale patto, come tale vincolante solo per le parti dello stesso.
7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022
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