L’accertamento nei confronti del socio è indipendente da quello svolto nei confronti della società, costituendo quest’ultimo unicamente il presupposto di fatto, ma non condizione dell’accertamento nei confronti del socio stesso. Il socio, nel procedimento che lo riguarda, può, infatti, confutare non solo l’avvenuta distribuzione degli utili, ma finanche la stessa ricorrenza della loro formazione in capo alla società.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 758/2015 R.G., proposto da:
G.C.M., rappresentato e difeso dall’avv.to Antonella Giugliano e dall’avv.to Giovanni Murano, elettivamente domiciliato in Nola, Via Giacomo Imbroda, n. 80, scala A, int. 4, giusta procura in margine al ricorso, domiciliato in roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
nonché sul ricorso iscritto al n. RG 17384/2015 R.G., proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
G.C.M.;
– intimato –
– N. RG. 758/2015: Avverso la sentenza n. 4415/28/14 della Commissione tributaria Regionale della Campania (di seguito, CTR), depositata in data 07/05/2014 e non notificata;
– N. RG. 17384/2015: Avverso la sentenza n. 37/01/15 della Commissione tributaria Regionale dell’Umbria (di seguito, CTR), depositata in data 13/01/2015 e non notificata;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa D’Angiolella Rosita nella camera di consiglio del 15 ottobre 2021;
viste le conclusioni del sostituto procuratore generale, Dott. Basile Tommaso, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8 bis, con. conv. con mod. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, di rigetto del ricorso recante il n. RG. 758/15 e di accoglimento del ricorso recante il n. RG 17384/15.
FATTI DI CAUSA
1. Con il ricorso iscritto al numero di ruolo generale 758/2015, G.C.M. impugna, con sette motivi, la sentenza della CTR della Campania n. 4415/28/14 con la quale – pronunciando in sede di appello in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento relativo a maggiore Irpef, per redditi di capitale non dichiarati dovuti dal contribuente per l’anno d’imposta 2007, socio della società a ristretta base sociale “Arco Romano s.r.l.” – veniva accolto l’appello dell’Agenzia dell’entrate, riformandosi integralmente la decisione di primo grado. Con tale sentenza, la CTR della Campania, in via preliminare, ha affermato che non ricorrevano i presupposti per la sospensione necessaria del giudizio instaurato da G.C.M. in quanto non vi è era prova agli atti dell’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Perugia riguardante l’avviso di accertamento, per il maggior reddito di capitale, emesso nei confronti della società Arco Romano s.r.l., per l’anno 2007 nonché che, in ogni caso, la sentenza della CTP di Perugia, riguardante l’accertamento nei confronti della società, “ove anche passata in giudicato” (v. sentenza pag. 2, primo cpv.), si era limitata a statuire sulla nullità dell’avviso di accertamento nei confronti di società ormai estinta, ma senza riguardare “la sussistenza o meno della contestata evasione del soggetto estinto”. Nel merito, nella premessa che nei confronti del socio il fisco vantava un credito diretto e personale per il reddito di capitale percepito e non dichiarato, sulla base di un accertamento in fatto esplicitato a pagina 2 della sentenza, ha ritenuto fondata la contestazione erariale dei maggiori ricavi non dichiarati dal socio.
1.2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
2. Con il ricorso iscritto al numero di ruolo generale 17384/2015, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR dell’Umbria, n. 37/01/15, con la quale era stato rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Perugia che, in accoglimento del ricorso proposto da G.C.M., liquidatore e socio della società “Arco Romano s.r.l.” e da D.L.L., socio della “Arco Romano s.r.l.”, aveva dichiarato la nullità dell’accertamento fiscale emesso nei confronti della società presso i ricorrenti dopo che questa era stata cancellata dal registro delle imprese. Con tale sentenza, la CTR dell’Umbria ha ritenuto di dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento notificato agli ex soci di società cancellata, ritenendo l’improcedibilità del ricorso, ex art. 2945 c.c., per difetto, ab origine, di legittimazione attiva, non potendo il processo tributario proseguire né nei confronti della persona giuridica, non più esistente, né nei confronti dell’ex liquidatore e dell’ex socio amministratore; inoltre, pur affermando la legittimazione attiva degli ex soci D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36, comma 3, ha ritenuto di escludere il loro subentro nei rapporti della società cancellata, trattandosi di obbligazione propria ex lege, di natura civilistica e non tributaria, da azionarsi direttamente nei confronti dei soci al verificarsi delle condizioni previste dalla norma in parola.
2.1. Nel giudizio in cassazione instaurato dall’Agenzia delle entrate, G.C.M. è rimasto intimato. Risulta dagli atti che l’ex socio D.L.L. ha impugnato autonomamente l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti per i redditi di partecipazione e che a seguito dell’impugnazione della sentenza della CTP n. 501/38/13, la CTR della Campania ha sospeso il processo in attesa del (presente) giudizio riguardante la società estinta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., dei procedimenti in epigrafe trattandosi di procedimenti relativi a cause connesse (cfr., Sez. U., 13/09/2005, n. 18125).
1.1. Il ricorso recante il numero di ruolo generale 17384/2015-ritualmente notificato con PEC al difensore di entrambi gli ex soci superstiti – è logicamente e giuridicamente pregiudiziale, considerato che la questione posta col ricorso erariale, che riguarda l’accertamento del reddito della società estinta a ristretta base, si riflette, per connessione, sulla questione agitata con l’altro ricorso riguardante la posizione processuale e sostanziale del socio beneficiario di utili occulti.
1.2. Giova premettere, in fatto, che l’Agenzia delle entrate ha emesso nei confronti della società Arco Romano s.r.l., per l’anno 2007, avviso di accertamento (n. T3N031302093/2012) per il maggior reddito di capitale, notificato nelle mani degli ex soci, G.C.M. e D.L.L., in data 23 e 24 agosto 2014, in quanto la società era stata cancellata dal registro delle imprese in data 31/12/2009, al termine della procedura di liquidazione volontaria. Tale avviso di accertamento, a seguito dell’impugnazione dell’avviso di accertamento da parte degli ex soci, ha dato luogo ad autonomo giudizio che ha visto i ricorrenti vittoriosi sia in primo grado (sentenza della CTP di Perugia n. 87/01/2013) che in secondo grado (sentenza della CTR dell’Umbria n. 37/01/2015).
2. Con il ricorso numero di ruolo generale 17384/2015, l’Amministrazione erariale propone un unico motivo di ricorso, col quale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2945 c.c., del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36, comma 3, del del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, per aver la sentenza impugnata escluso che la cancellazione della società dal registro delle imprese, pur provocando l’estinzione dell’ente debitore, determini, al tempo stesso, la spartizione dei debiti insoddisfatti tra gli ex soci, determinandosi un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno limitatamente ai responsabili.
2.1. Il ricorso è fondato e va accolto.
2.2. Secondo un orientamento di questa Sezione (Cass., sez. 5, 23/11/2016, n. 23916; Cass., sez. 5, 26/06/2015, n. 13259; Cass., sez. 5, 31/01/2017, n. 2444), a seguito di società cancellazione della società dal registro delle imprese consegue: a) la definitiva estinzione dell’ente; b) l’insorgenza di una comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione qualora non fosse stato ripartito l’intero attivo nella fase liquidatoria; c) la successione, in termini giuridici, per l’operare di un meccanismo di tipo “derivativo-successorio” ex art. 110 c.p.c., degli ex soci nei debiti della società, nei limiti ed alle condizioni previste dalla legge, ossia dall’art. 2495 c.c. (v. Sez. 6, 28/09/2016, n. 19142; Cass., Sez. 5, 26/06/2015, n. 13259; Cass., Sez. 5, 31/01/2017, n. 2444).
2.3. Altro orientamento di questa Sezione, facendo capo alle sentenze delle Sezioni Unite del 12/03/2013, nn. 6070 e 6072 che individuano sempre nei soci coloro che sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, perviene a diverse conclusioni, secondo le quali gli ex soci della società estinta sono successori indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione (cfr., Cass., Sez. 5, 7/04/2017, n. 9094; Cass., Sez. 5, 16/06/2017, n. 15035; cass., Sez. 5, 21/01/2018 n. 1713).
2.4. In particolare, con la sentenza n. 9094 del 2017, questa Sezione ha affermato che: “La possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono, dunque, di escludere l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti”.
2.5. Secondo tali principi, dunque, è sempre ammissibile il ricorso nei confronti dei soci che sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cance’llata, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione.
2.6. Che i soci abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione, non è dirimente neanche ai fini dell’esclusione dell’interesse ad agire del fisco creditore, potendovi essere la possibilità di sopravvenienze attive, o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio, per i quali sorge l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci (v. Sez. 5, n. 9094 del 2017; id. Sez. 6-5, 05/06/2018, n. 14446 e Sez. 5, 16/01/2019, n. 897).
2.7. Le Sezioni Unite, con la sentenza del 15/01/2021 n. 619, nel condividere la “svolta” di cui alla sentenza n. 9094 del 2017, ha ribadito, con un obiter – svincolato dalla ratio decidendi riguardante il regolamento di giurisdizione – la legittimità della pretesa azionata dall’ufficio fiscale nei confronti dell’ex socio della società cancellata, rimarcando “l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti”.
2.8. Tanto premesso, sulla questione agitata in ricorso della legittimazione degli ex soci destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, la questione della limitazione della responsabilità dei soci alle sole somme riscosse in sede di liquidazione, non risulta dirimente nel caso di specie in cui si verte di ricavi occultati e, dunque, non rilevabili documentalmente, ma che, in ragione della ristrettezza della base societaria, si presumono distribuiti a favore dei soci “essendo palese che l’assenza di evidenza contabile di utili non rendeva necessarie particolari rilevazioni ai fini della legittimazione dei soci, né ai fini dei requisiti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36” (così, Cass. Sez. 5, 17/12/2020, n. 28955; conf., Sez. 5, 20/06/2019 n. 16546 (in motivazione p. 3.8) e Sez. 5, 14/12/2020 n. 27791 (in motivazione p. 5.2)).
2.9. La decisione impugnata non ha fatto buon governo di tali principi con conseguente accoglimento del ricorso erariale.
3. L’accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle entrate si riflette inevitabilemente sul ricorso proposto dal socio G.C.M. (RG. 758/15) per il proprio reddito conseguenziale (Irpef), che resta sub iudice come sub iudice – a seguito dell’accoglimento del ricorso n. 17384/15 – è quello della società estinta (Ires).
3.1 G.C.M. era socio, per una quota pari al 50%, del capitale sociale della società Arco Romano s.r.l. e proprio su tale elemento di fatto – determinante un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale – i giudici di appello della Campania, con la sentenza n. 4415/28/14, hanno ritenuto operante la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili e, quindi, del maggior reddito a carico del socio, così confermando l’avviso di accertamento (n. *****) emesso nei confronti di G.C.M. (giudizio n. 758/2015).
3.2. Con il primo motivo di ricorso G.C.M. censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver tenuto conto del rapporto di pregiudizialità logica e giuridica tra il giudizio instaurato avverso l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società Arco Romano s.r.l. e quello instaurato da esso ricorrente, in qualità di socio della “Arco Romano s.r.l.”, avverso l’avviso di accertamento per i redditi di partecipazione occulti, e, quindi, per non aver sospeso il giudizio riguardante il socio in attesa della definizione della lite pregiudiziale riguardante la società.
3.3. E’ principio consolidato che “in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvo i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336 c.p.c., comma 2” (così, Sez. U, 29/07/2021, n. 2763; conf. Sez. U, Sentenza 19/06/2012, n. 10027; nel contenzioso tributario vedi: Sez. 5, Sentenza 17/07/2014, n. 16329; Sez. 6 – 5, 05/09/2016, n. 17613; Sez. 6 – 5, 06/10/2017, n. 23480).
3.4. Tuttavia, in considerazione della connessione tra i due giudizi all’esame, la questione posta col primo motivo e’, sì, fondata, avendo la CTR trascurato di applicare i superiori principi appena esposti, ma rimane una questione per così dire “endoprocedimentale”, non ponendo concretamente una questione di sospensione, stante gli esiti determinati dalla riunione dei due giudizi.
3.5. La restante parte dei ò motivi di ricorso proposti dal contribuente risultano inammissibili censurandosi con essi questioni estranee alla fattispecie concreta, ove si discute del reddito personale da partecipazione agli utili ritratti dalla società poi cancellata e occultamente distribuiti, e non di legittimazione e di conseguente responsabilità degli ex soci di società estinta.
3.6. Ed infatti, con il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del “principio dell’estensione della nullità dell’atto presupposto agli atti derivati” (art. 159 c.p.c.) nonché la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 10, 11, 27, stante la nullità dell’atto impositivo rivolto a società estinta, la violazione della legge processuale, e segnatamente dell’art. 295 c.p.c., riguardante la sospensione del processo. Col terzo, denuncia l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la mancanza di qualsiasi interferenza della sentenza della CTP di Perugia sulla pretesa azionata nei confronti del socio, anche per violazione dell’art. 2909 c.c., nonché per avere ritenuto la mancanza di contestazione dei maggiori ricavi, avendo il contribuente “sempre” contestato la percezione di redditi occulti. Col quarto motivo di ricorso, denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 36, per aver la CTR considerato il determinarsi di un fenomeno successorio, nei debiti tributari, a seguito di estinzione della società, e non aver considerato, invece, la diversa responsabilità del liquidatore scaturente dalla disposizione in parola. Col quinto motivo di ricorso, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 dello Statuto del contribuente, nella parte in cui pur riconoscendo l’essenzialità dell’attivazione del contraddittorio nella fase endoprocedimentale, ha poi escluso la sua necessità nel caso di società estinta. Col sesto motivo di ricorso, deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa ed insufficiente motivazione circa il punto decisivo della controversia, non contestato, riguardante il fatto che “l’art. 36 prevede che i soci rispondono limitatamente alle somme incassate nei due anni precedenti la liquidazione e che il liquidatore risponda delle somme che avrebbero trovato capienza nell’attivo di liquidazione”. Con l’ultimo motivo di ricorso, si deduce la violazione delle regole di riparto dell’onere probatorio, per non aver i secondi giudici considerato che l’Ufficio non ha in alcun modo provato la responsabilità del socio nella distribuzione dell’attivo, in mancanza di prova del passaggio di ricchezza dalla società al socio.
3.7. Tutte tali questioni risultano palesemente decentrate rispetto all’oggetto della controversia ed alla ratio decidendi della decisione impugnata, avendo l’Ufficio azionato legittimamente l’autonoma pretesa tributaria nei confronti del socio, correlata ad un maggior reddito di partecipazione conseguito dai soci, non avendo dato esiti l’accertamento emesso nei confronti della società per effetto della sua cancellazione dal registro delle imprese. L’accertamento nei confronti del socio è indipendente da quello svolto nei confronti della società, costituendo quest’ultimo unicamente il presupposto di fatto, ma non condizione dell’accertamento nei confronti del socio stesso. Il socio, nel procedimento che lo riguarda, può, infatti, confutare non solo l’avvenuta distribuzione degli utili in “nero”, ma finanche la stessa ricorrenza della loro formazione in capo alla società (cfr., ex multis, Cass., 19/12/2019, n. 33976; Cass., 11/08/2020, n. 16913).
3.9. Peraltro, la CTR ha basato l’accertamento dei redditi di partecipazione del socio su specifico e motivato esame delle emergenze processuali valutate secondo una corretta ricostruzione logico-giuridica, anche in un punto di onere della prova, traendone il convincimento, motivato, della distribuzione “a nero” dei ricavi in favore dei soci.
3.9. Ed invero, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati, costituisce ius receptum (da Sez. 5, 18/10/2017, n. 24534, a Sez. 5, 11/08/2020, n. 16913, Sez. 5, 24/06/2021, n. 18200) che opera la presunzione di attribuzione “pro quota” ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria, gravante sul contribuente, che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti.
3.10. E’ stato chiarito che il ricorso a tale presunzione, non viola il cd. divieto di doppia presunzione, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria (ex pluribus, cfr. Cass. Sez. 5, 29/07/2016, n. 15824; Sez. 5, 20/12/2018, n. 32959; id. Cass., 24/01/2019, n. 1947).
4. Conclusivamente, riuniti i ricorsi di cui in epigrafe, essi vanno accolti nei limiti innanzi esposti, con cassazione delle sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti.
4.1. Stante le ragioni economia processuale che hanno determinato la riunione dei giudizi ex art. 274 c.p.c., va disposto il rinvio, a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 1, alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione (sul rinvio cd. proprio o prosecutorio, che contiene una statuizione di competenza funzionale nella parte in cui individua l’ufficio giudiziario davanti al quale dovrà svolgersi il giudizio rescissorio, che potrà essere lo stesso che ha emesso la pronuncia cassata o un ufficio territorialmente diverso, ma sempre di pari grado, ed una statuizione sull’alterità del giudice rispetto ai magistrati persone fisiche che hanno pronunciato il provvedimento cassato, cfr. Sez. U, 27/02/2008, n. 5087).
5. Il giudice del rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie nei termini di cui in motivazione; cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta sezione civile, il 15 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2022
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