Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.200 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22000-2019 proposto da:

C.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI, 44, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA STOPPANI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO PORCHERA;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 670/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 17/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. C.C.A. convenne in giudizio P.P., davanti al Tribunale di Crema, le cui funzioni furono poi trasferite al Tribunale di Cremona, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni da lui subiti nel corso di una partita di calcio amatoriale durante la quale, nell’assunto dell’attore, il convenuto l’aveva colpito al volto con una testata a gioco fermo e senza alcun motivo, causandogli la frattura del setto nasale.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Espletata una c.t.u. e svolta prova per testi, il Tribunale accolse la domanda e condannò il P. al risarcimento del danno liquidato nella somma di Euro 5.876, oltre interessi e con il carico delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dal convenuto soccombente e la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 17 aprile 2019, ha accolto il gravame e, in riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato la domanda del C., condannandolo alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Brescia ricorre C.C.A. con atto affidato ad un unico motivo.

P.P. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4), e dell’art. 111 Cost., comma 6, sul rilievo che la sentenza si caratterizzerebbe per l’inesistenza di un’adeguata motivazione e per la presenza di affermazioni tra loro inconciliabili, tali da determinarne la nullità.

In particolare, la doglianza ha ad oggetto la ricostruzione delle due principali deposizioni testimoniali, delle quali la Corte d’appello ha posto in luce la contraddittorietà; tale contraddizione, secondo il ricorrente, non sussisterebbe, per cui la sentenza impugnata verrebbe ad essere irrimediabilmente inficiata da simile errata impostazione, con conseguente sua nullità.

1.1. Il motivo non è fondato.

La Corte d’appello ha esaminato le deposizioni dei due testi rilevanti (posto che il terzo testimone, cioè l’arbitro della partita, non aveva visto il fatto in questione) ed ha rinvenuto tra queste una contraddizione, posto che dalla deposizione del teste B. risultava che la testata sul viso era avvenuta a gioco fermo, mentre secondo la deposizione del teste O. la testata si collocava in un momento successivo alla ripresa del gioco.

Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito aveva frainteso la deposizione del teste B., il quale avrebbe invece riferito (anche lui) che la testata in faccia era avvenuta dopo che la partita era ripresa. Osserva il Collegio che non ogni contraddizione nella motivazione si traduce in nullità della sentenza; se così fosse, infatti, si rivelerebbe vana la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avvenuta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

A prescindere da tale rilievo, però, la Corte osserva che, quand’anche fosse esistente quel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” che il ricorrente evidenzia, tale contrasto non si tradurrebbe comunque in un risultato per lui processualmente utile. E’ evidente, infatti, che, se anche la deposizione del teste B. dovesse essere letta nel senso indicato dal ricorrente – e cioè che il colpo era stato inferto dopo che il gioco era ripreso – le due deposizioni si troverebbero concordanti nel senso di escludere entrambe che il danno sia stato causato a gioco fermo; per cui la conclusione non avrebbe giovato al ricorrente.

Comunque sia, è appena il caso di osservare che, al di là del criticato confronto tra i testi, la sentenza impugnata, richiamando anche la precedente sentenza emessa in sede penale per lo stesso fatto, è chiaramente motivata nel senso che non è stato ritenuto dimostrato con certezza quale sia stato il reale svolgimento dei fatti, il che comportava l’ovvia conseguenza del rigetto della domanda risarcitoria, secondo i principi dell’onere della prova.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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