Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.214 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21272/2014 R.G. proposto da:

IPAR Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Villani, con domicilio eletto presso lo stesso in Lecce, via Cavour n. 56, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia sez. staccata di Lecce n. 1406/24/14, depositata il 18 giugno 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 ottobre 2021 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

RILEVATO

che:

IPAR Srl presentava interpello disapplicativo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 bis, comma 8, che veniva rigettato dall’Agenzia delle entrate – Direzione Regionale della Puglia (DRE).

L’impugnazione dell’atto di rigetto da parte della contribuente era accolta dalla CTP di Lecce. La sentenza era riformata dalla CTR in epigrafe che riteneva l’incompetenza della CTP di Lecce a favore della CTP di Bari.

La società contribuente propone ricorso per cassazione con quattro motivi. L’Agenzia delle entrate ha depositato atto ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per lesione del contraddittorio e del diritto di difesa ex art. 24 Cost., comma 2, e del diritto di manifestazione ex art. 18 Cost..

Deduce, in particolare, che la CTR, nonostante la dichiarazione del difensore di adesione all’astensione dalle udienze proclamata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di *****, aveva disposto il prosieguo della trattazione, portando a decisione la causa.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Il verbale dell’udienza del 7 maggio 2014 innanzi alla CTR, riprodotto per autosufficienza dalla contribuente, prevede: “si dà atto che, preliminarmente l’Avv. Villani dichiara di aderire all’astensione delle udienze proclamata dall’ordine degli avvocati di *****. L’Ufficio chiede trattarsi l’udienza. La Commissione osserva che l’astensione per come oggi esercitata viola la disciplina normativa che regola quella dei liberi professionisti; né può ritenersi ragionevolmente che vi siano in gioco interessi di rango costituzionale, sicché, competendo al giudice adito davanti al quale viene invocata la predetta astensione, il potere di deliberare la conformità alla disciplina legislativa di riferimento, PQM, dispone il proseguirsi la trattazione. L’Ufficio si riporta ai motivi di appello e ne chiede l’accoglimento. L’Avv. Villani dichiara di non svolgere attività difensiva in quanto, come preannunciato, è in astensione.”.

2.2. Emerge, con chiarezza, dunque, che la CTR ha ritenuto di non accogliere la richiesta (implicita) di differimento della trattazione dell’udienza per l’intervenuta adesione all’astensione deliberata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce in base ad una duplice argomentazione: a) l’astensione “per come oggi esercitata” è illegittima perché “viola la disciplina normativa che regola quella dei liberi professionisti”; b) non è ragionevole che vi siano in gioco interessi di rango costituzionale.

Le due argomentazioni, in realtà, paiono integrare, nel loro complesso, un unitario fondamento, ossia la richiesta di rinvio non può essere accolta poiché le modalità di esercizio dell’astensione sono illegittime e questa illegittimità, in sé, non può essere superata invocando che vi siano in gioco interessi di rango costituzionale.

2.3. Come chiarito da questa Corte, infatti, il difensore – che aderisca all’astensione delle udienze legittimamente deliberata dal competente organismo forense – ha diritto di ottenere un differimento della trattazione della causa, sicché lo svolgimento della suddetta attività, in presenza di tale impedimento, ben può determinare, ove ne sia da esse derivato pregiudizio al diritto di difesa, una nullità degli atti assunti. Nondimeno l’impedimento in oggetto deve essere previamente portato a conoscenza dell’Ufficio giudiziario, in quanto si tratta di una facoltà del difensore che, pur avendo origine o fonte in un deliberato “collettivo”, si esercita mediante un atto di esternazione individuale, la cui presenza è indefettibile, appartenendo alla sfera dei diritti personali la facoltà di aderire, o no, ad una decisione di astenersi dall’attività (Cass. n. 1567 del 23/01/2013; Cass. n. 684 del 12/01/2018).

E’ poi da sottolineare che – come ripetutamente affermato sia dalle Sezioni civili che da quelle penali – è tardiva, in quanto viola il termine minimo di “almeno due giorni prima della data stabilita” previsto dal Codice di “Autoregolamentazione, art. 3, delle astensioni dalle udienze degli avvocati”, adottato il 4 aprile 2007, la dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze, che sia stata effettuata il giorno stesso dell’udienza da parte del difensore (v. tra le tante Cass. sez. 2 pen., n. 13215 del 20/02/2014; Cass. sez. 2 pen., n. 51053 del 11/11/2016; Cass. sez. 2 pen. 39001 del 18/07/2017; Cass. sez. 1 pen. 48433 del 10/10/2019; Cass. Sez. 6 – 2, civ. n. 684 del 12/01/2018).

2.4. Orbene, la CTR ha esplicitamente dichiarato l’illegittimità per l’astensione “per come oggi esercitata”, e, dunque, sull’evidente presupposto che solo in quella sede (ossia, nel corso della stessa udienza di discussione) la parte avesse comunicato la dichiarazione di astensione.

Questa esplicita statuizione, tuttavia, non è stata in alcun modo censurata dalla società, da cui l’inammissibilità della censura.

Ne’, del resto, appare pertinente l’asserita violazione dei principi costituzionali, atteso che, proprio in ragione di essi, sono state disciplinate e procedimentalizzate le modalità per l’esercizio del diritto.

3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e n. 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 2, prima parte, e n. 4, per aver la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccepita inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione per essere stato l’atto proposto dalla Direzione Regionale della Puglia anziché dalla Direzione Provinciale di *****.

3.1. Il motivo è inammissibile e per più ragioni.

In primo luogo, la ricorrente pur lamentando la violazione dell’art. 132 c.p.c., si duole, in realtà, di una omessa pronuncia, e quindi, di una violazione dell’art. 112 c.p.c., che fa valere, anziché ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, come vizio ex art. c.p.c., nn. 3 e 5.

La lamentata omissione poi è inammissibile atteso che, per costante giurisprudenza, il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non anche, come nella specie, in caso di mancato esame di eccezioni pregiudiziali di rito (v. Cass., 25/1/2018, n. 1876; Cass., 26/9/2013, n. 22083; Cass., 23/1/2009, n. 1701).

La censura e’, inoltre, carente in punto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto l’eccezione asseritamente formulata in grado d’appello.

4. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, per aver la CTR escluso l’impugnabilità del diniego di disapplicazione ex art. 37 bis.

4.1. Il motivo è inammissibile, investendo un mero obiter della decisione, in alcun modo riferibile alla ratio della sentenza, incentrata univocamente sulla declaratoria sulla competenza.

Occorre osservare, del resto, che ove il giudice declini la propria competenza (come quando dichiari il proprio difetto di giurisdizione ovvero dichiari inammissibile il ricorso), tale statuizione concreta un venir meno della potestas iudicandi, sicché ogni altra statuizione deve ritenersi inutiliter data (v. Cass. n. 6985 del 11/03/2019).

5. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 4, per aver la CTR declinato la propria competenza e dichiarato la competenza in primo grado della CTP di Bari.

5.1. Il motivo è fondato.

5.2. Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 4, comma 1, nel testo ratione temporis vigente, dispone che “Le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli uffici delle entrate o del territorio del Ministero delle finanze ovvero degli enti locali ovvero dei concessionari del servizio di riscossione, che hanno sede nella loro circoscrizione; se la controversia è proposta nei confronti di un centro di servizio è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso”.

Nella sua originaria formulazione la norma non contemplava l’ipotesi di controversie proposte nei confronti di Uffici delle entrate o loro articolazioni con competenza in tutto o parte del territorio nazionale, previsione che è stata introdotta solamente con il D.L. n. 78 del 2010, art. 28, che ha stabilito, per questa evenienza, la stessa regola prevista per i centri di servizio (ossia “la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso”).

Orbene, va sottolineato che, nella vigenza del testo originario dell’art. 4 cit., sussisteva la competenza territoriale della CTP di Bari come correttamente affermato dalla CTR in quanto:

– la L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4-bis, prevede che “la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, comma 8”;

– quest’ultima disposizione stabilisce: “a tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l’operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione”;

– Il D.M. n. 259 del 1998, art. 1, infine, ha precisato che l’istanza “e’ rivolta al direttore regionale delle entrate competente per territorio ed è spedita, a mezzo del servizio postale, in plico raccomandato con avviso di ricevimento, all’ufficio finanziario competente per l’accertamento in ragione del domicilio fiscale del contribuente. Tale ultimo ufficio trasmette al direttore regionale l’istanza, unitamente al proprio parere, entro trenta giorni dalla ricezione della medesima”;

– è pacifico, poi, che il provvedimento è stato emesso dalla DRE, mentre, per contro, è privo di rilievo che l’istanza sia stata presentata alla Direzione provinciale di *****, che non poteva né rifiutare l’atto, né deciderlo, ma, come dovuto, solo curarne l’inoltro alla sede competente.

5.3. Occorre tuttavia sottolineare che lo ius superveniens di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 28, ha determinato il superamento della originaria regola, attribuendo la competenza non più alla CTP di Bari ma a quella di Lecce, ove il contribuente aveva il suo domicilio fiscale e che, quindi, individuava il luogo in cui “ha sede l’ufficio al quale spettano le attribuzioni sul tributo controverso” e per il quale era stata presentata l’istanza di disapplicazione.

E’ ben vero che l’art. 5 c.p.c., in tema di competenza, priva di rilevanza le modifiche sopravvenute poiché si deve guardare “alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo”.

Reputa il collegio, peraltro, di dare continuità all’orientamento di questa Corte, per cui “Ai fini della determinazione della competenza, l’art. 5 c.p.c., quando esclude la rilevanza dei mutamenti normativi in corso di causa, va interpretato in conformità alla ratio di favorire – non già di impedire – la perpetuatio iurisdictionis, sicché, ove sia stato adito un giudice incompetente al momento della domanda, l’incompetenza non può essere dichiarata se quel giudice è diventato competente in forza di una legge entrata in vigore nel corso del giudizio” (Cass. n. 16667 del 16/07/2010; Cass. n. 4059 del 01/03/2016; Cass. n. 29218 del 12/11/2019).

6. In accoglimento del quarto motivo, inammissibili i primi tre, dunque, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per l’ulteriore esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Puglia sez. staccata di Lecce per l’ulteriore esame.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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