Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.230 del 05/01/2022

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35150/2019 proposto da:

D.M.S., domiciliato ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefano Moniotto;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno in persona del Ministro p.t. elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui è difeso per legge;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 16/10/2019.

RILEVATO

che:

1. D.M.S., proveniente dalla *****, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis).

La Commissione territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento D.M.S. propose ricorso dinanzi il Tribunale di Torino, che, con decreto n. 7114/2019 del 16 ottobre 2019, ha rigettato il reclamo.

Il Tribunale ha ritenuto:

– non attendibile il racconto della richiedente asilo in quanto lacunoso e contraddittorio sotto molteplici profili (caratteristiche dell’associazione; ragioni delle divergenze nate al suo interno; esistenza o meno di un figlio);

– infondata la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato stante la non credibilità del richiedente e mancando la prospettazione di un fondato timore di persecuzione “personale e diretta” nel paese d’origine a causa della razza, della religione, della nazionalità, dell’appartenenza ad un gruppo sociale ovvero per le opinioni politiche professate;

– infondata la domanda di protezione sussidiaria non essendo ravvisabile il rischio di subire un danno grave in caso di rimpatrio secondo le previsioni di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 né la presenza di un conflitto armato generalizzato nel paese d’origine;

– infondata, la domanda di protezione umanitaria per non aver il richiedente asilo allegato alcuna condizione di particolare vulnerabilità e non essendo la documentazione prodotta dal richiedente sufficiente a dimostrare l’effettiva integrazione all’interno del territorio italiano.

3. Il decreto è stato impugnato per cassazione da D.M.S. con ricorso fondato su due motivi.

Il Ministero dell’Interno si costituisce per resistere al ricorso senza spiegare alcuna difesa.

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo il ricorrente investe il decreto nella parte in cui ha rigettato la domanda di riconoscimento di protezione sussidiaria o, in alternativa, di permesso di soggiorno per motivi umanitari per aver il Tribunale richiamato fonti non più attuali omettendo di considerare il mancato mutamento del contesto politico e sociale della ***** in seguito alle vicende che hanno coinvolto il presidente A.C..

4.1. Con il secondo motivo il ricorrente investe il decreto nella parte in cui ha rigettato il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari per non aver il Tribunale attribuito alcuna rilevanza all’attività di servizio civile su base volontaria prestata all’interno del territorio italiano, stante la finalità del progetto di promuovere la coscienza civica e sociale, favorendo la solidarietà e la cooperazione.

5. Deve premettersi che la decisione viene assunta sulla base del principio della “ragione più liquida” (cfr. Cass. SU 9936/2014; Cass. SU 26242/2014; Cass. 26243/2014; Cass. 12002/2014; Cass. 11458/2018; Cass. 363/2019), prescindendo cioè dalle conseguenze derivanti dai controlli preliminari relativi alla procura speciale rilasciata al difensore del ricorrente, in relazione alla quale, assente la certificazione della data in cui essa è stata conferita al difensore, sarebbe stato necessario un rinvio a nuovo ruolo in attesa della decisione della Corte Costituzionale conseguente alla recente ordinanza di rimessione Cass. 17970/2021.

In relazione al principio sopra richiamato, tuttavia, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. Sez. Un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. Sez. Un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Nel caso di specie tale requisito è del tutto carente e manca una esposizione delle ragioni che hanno portato il richiedente ad abbandonare il paese d’origine, del rischio di persecuzione e del grado di integrazione nel territorio italiano.

6. L’indefinsio degli intimati non richiede la condanna alle spese.

7. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 29 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022

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