Il promissario acquirente può rifiutarsi di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo del certificato di abitabilità o di agibilità?
La Cassazione, con l'ordinanza n. 24317 depositata il 5 agosto 2022 risponde di sì.
La Suprema Corte richiama il consolidato orientamento secondo cui in tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, la mancata consegna o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità), pur non incidendo sul piano della validità del contratto, integra però un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c.
Il certificato di abitabilità rappresenta documento essenziale poiché consente all'acquirente di ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale, nonché a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene.
A nulla rileva la circostanza riscontrata nel caso di specie che il mancato rilascio del certificato dipenda dall'inerzia del Comune, nei cui confronti comunque il promittente venditore è obbligato ad attivarsi.
Nessuna rilevanza in senso contrario può dedursi dall'asserita conoscenza, da parte del promissario acquirente, circa la mancanza del suddetto certificato, essendo un obbligo del venditore quello di consegnare tutti i documenti relativi all'uso della cosa venduta.
È parimenti irrilevante l'asserita conoscenza, da parte del promissario acquirente, circa la mancanza del suddetto certificato, essendo un obbligo del venditore quello di consegnare tutti i documenti relativi all'uso della cosa venduta.
La Corte infine ricorda che l'unica deroga all'obbligo di consegna del certificato si verificherebbe nel caso in cui il promissario acquirente avesse rinunciato espressamente al requisito dell'abitabilità o comunque esonerato il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza.
In tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, la mancata consegna o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità), pur non incidendo sul piano della validità del contratto, integra però un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, salvo che quest'ultimo non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o comunque esonerato il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n. 24317 del 05/08/2022
Presidente Bertuzzi – Relatore Trapuzzano
FATTI DI CAUSA
1.- Con citazione notificata il 1 giugno 2005, S.F. - in qualità di promissario acquirente - conveniva, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Sezione distaccata di Aversa), la Cogefer S.r.l. - in qualità di promittente venditrice -, chiedendo che fosse pronunciata sentenza costitutiva, volta a produrre gli effetti traslativi della proprietà, in esecuzione specifica della scrittura privata stipulata il 19 luglio 2003, avente ad oggetto il preliminare di vendita dell'appartamento in corso di costruzione, sito in *****, frazione di *****, località *****, ubicato al piano terra, contrassegnato con la sigla "F3", con la riduzione proporzionale del corrispettivo originariamente pattuito, previo accertamento dei vizi, delle difformità e di tutte le differenze peggiorative dell'unità abitativa, del box e delle parti comuni, e con la condanna della società convenuta al risarcimento di tutti i danni subiti, ivi compresi quelli derivanti dalla ritardata consegna dell'immobile, da compensare con l'eventuale prezzo residuo.
In proposito, l'attore esponeva: che nel preliminare il prezzo della vendita era stato convenuto in Euro 90.000,00, oltre iva; che aveva versato Euro 20.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, al momento della sottoscrizione del preliminare; che il rimanente prezzo avrebbe dovuto essere corrisposto, quanto a Euro 40.000,00, mediante accollo di un mutuo contratto dalla promittente alienante, e quanto a Euro 30.000,00, in contanti, al momento della consegna dell'immobile, contestualmente alla stipula del definitivo, previsto tra il febbraio e l'aprile 2004; che aveva corrisposto alla promittente alienante gli ulteriori importi di Euro 750,00 per l'allacciamento Enel, Euro 434,00 per l'anticipo sui consumi di acqua ed energia elettrica, Euro 2.520,00 ed Euro 2.437,67 per il pagamento delle prime due rate di mutuo.
Si costituiva in giudizio la Cogefer S.r.l., la quale resisteva alla domanda principale e spiegava domanda riconvenzionale, atta ad ottenere la dichiarazione di risoluzione di diritto del contratto preliminare di vendita per inadempimento del promissario acquirente, con la condanna al risarcimento del danno per il pregiudizio derivante dalla trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica e con l'accertamento che nulla era dovuto a titolo restitutorio in favore del promissario acquirente, in quanto le somme da quest'ultimo pagate dovevano ritenersi imputate a titolo di caparra confirmatoria o a titolo di corrispettivo per il concesso godimento del bene ovvero, ancora, a titolo di ulteriore danno.
All'uopo, sosteneva: che, pur avendo ripetutamente sollecitato ed invitato il promissario acquirente alla stipula del definitivo, questi non era comparso dinanzi al notaio per concludere il rogito; che il contratto doveva intendersi risolto, in quanto aveva notificato, in data 1 giugno 2005, atto di diffida a comparire dinanzi al notaio per la conclusione del definitivo e l'attore non si era presentato.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 311/2012, depositata il 7 giugno 2012, previo accertamento dell'inadempimento imputabile a colpa del promissario acquirente nella stipula del definitivo, rigettava la domanda principale di esecuzione in forma specifica e, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta, dichiarava la risoluzione del preliminare di vendita immobiliare, accertando il diritto della Cogefer a trattenere le somme ricevute dallo S. a titolo di risarcimento danni.
2.- Sul gravame interposto da S.F., con citazione notificata il 31 luglio 2012, cui resisteva la Cogefer, la Corte d'appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l'appello e, per l'effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che il rifiuto del promissario acquirente di ricevere la consegna delle chiavi - offerte nell'aprile-maggio 2004 - era ingiustificato, non potendo essere messo in correlazione con l'esistenza dei vizi dedotti, poiché questi erano stati riscontrati e denunciati alla Cogefer solo successivamente, ossia il 30 maggio 2005; b) che, benché alla data fissata nel preliminare per la stipula del definitivo - ossia nel febbraio-aprile 2004 - mancasse il certificato di abitabilità, tuttavia, nelle more del suo rilascio, richiesto in data 19 ottobre 2004 e ottenuto nell'agosto 2005, la Cogefer aveva offerto a tutti i promissari acquirenti, ivi compreso lo S., il "possesso" anticipato degli immobili, mediante la consegna delle chiavi, e solo dopo aver depositato la richiesta di rilascio di tale certificato di abitabilità aveva invitato il promissario acquirente alla stipula del definitivo nello stesso ottobre 2004, appena cinque mesi più tardi del termine fissato nel preliminare, termine peraltro non essenziale; c) che, pertanto, il comportamento del promissario acquirente era contrario a buona fede, essendo egli consapevole della mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile in costruzione; d) che parimenti ingiustificato era il rifiuto di adempiere del promissario acquirente, a seguito della diffida della Cogefer del 1 giugno 2005, in ragione degli ulteriori vizi denunciati, i quali non apparivano di gravità tale da legittimare lo scioglimento del vincolo contrattuale, in quanto non incidevano sulla utilizzabilità del bene ed erano stati significativamente denunciati contestualmente alla ricezione della diffida ad adempiere; e) che anche l'affermazione circa il diritto della Cogefer di trattenere le ulteriori somme versate dallo S., per l'allacciamento Enel, per l'anticipo dei consumi e per le prime due rate del mutuo, era esente da censure, poiché il Giudice di prime cure aveva ritenuto che il danno patito dalla Cogefer, in conseguenza dell'inadempimento dello S., fosse corrispondente alle somme da quest'ultimo sino ad allora sborsate, senza che sul profilo specifico della sussistenza effettiva del danno e della sua quantificazione la decisione fosse stata impugnata.
3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, S.F.. Ha resistito con controricorso l'intimata Cogefer S.r.l..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell'art. 1477 c.c., comma 3, art. 1460 c.c., e art. 115 c.p.c., per avere la Corte d'appello escluso che il certificato di agibilità o abitabilità fosse requisito essenziale dell'immobile, con l'effetto che, contrariamente all'assunto della pronuncia impugnata, qualora il promittente venditore non lo avesse consegnato, il promissario acquirente avrebbe potuto rifiutare la stipula del definitivo, senza che la mera conoscenza dell'insussistenza di detta attestazione, al momento del rogito, valesse a negare l'inadempimento del promittente alienante per consegna di aliud pro alio.
Sul punto, l'istante deduce che il rifiuto del promissario acquirente di stipulare l'atto definitivo di vendita sarebbe stato, pertanto, giustificato, in quanto l'immobile era privo del certificato di abitabilità o di agibilità.
Del resto, soggiunge il ricorrente, il fatto che il promissario acquirente fosse a conoscenza dell'insussistenza del certificato di agibilità, in quanto l'immobile era in via di costruzione, avrebbe costituito una mera supposizione, sfornita del benché minimo supporto probatorio, e sarebbe stato, comunque, inconferente, in difetto di alcuna rinuncia, da parte dello stesso, al requisito dell'abitabilità o della di lui volontà di esonerare il promittente venditore dal relativo obbligo.
1.1.- Il motivo è fondato.
Infatti, sulla scorta del quadro fattuale dedotto, non ricorreva l'inadempimento imputabile del promissario acquirente affinché potesse essere dichiarata la risoluzione del contratto preliminare, per effetto della diffida ad adempiere inviata dal promittente alienante il 1 giugno 2005.
Risulta, al riguardo, che il promittente venditore il 19 ottobre 2004 ha richiesto al Comune il certificato di abitabilità dell'immobile oggetto della promessa di cui alla scrittura privata del 19 luglio 2003 e che, all'esito dell'inoltro di tale istanza, la correlata attestazione è stata ottenuta solo nell'agosto 2005.
Ne consegue che, alla data indicata nella citata diffida, per la stipula davanti al notaio individuato del contratto definitivo di vendita - ossia il 20 giugno 2005 -, tale certificato non era stato ancora rilasciato, con l'effetto che il rifiuto opposto dal promissario acquirente di addivenire alla conclusione del rogito - contrariamente all'assunto della Corte distrettuale - era giustificato.
1.2.- E ciò perché, in tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, la mancata consegna o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità), pur non incidendo sul piano della validità del contratto, integra però un inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, salvo che quest'ultimo non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o comunque esonerato il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 19749 del 22/09/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 12324 del 23/06/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 10665 del 05/06/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 23265 del 18/09/2019).
Sicché il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo del certificato di abitabilità o di agibilità, pur se il mancato rilascio dipenda da inerzia del Comune nei cui confronti, peraltro, è obbligato ad attivarsi il promittente venditore - è giustificato, poiché il predetto certificato è essenziale, avendo l'acquirente interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale nonché a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2196 del 30/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 10820 del 11/05/2009; Sez. 2, Sentenza n. 15969 del 19/12/2000).
1.3.- Ne' a tale conclusione può derogarsi in ragione dell'asserita conoscenza, a cura del promissario acquirente, del difetto di tale attestazione.
E tanto in quanto se, per un verso, l'eccezione di inadempimento basata sulla mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile non può essere proposta qualora risulti che il promissario acquirente era a conoscenza di tale situazione, per altro verso, il presupposto dell'obbligo che l'art. 1477 c.c., u.c., pone a carico del venditore (e non del promittente venditore), in ordine alla consegna dei documenti relativi all'uso della cosa venduta, è che tali documenti siano necessari all'uso della medesima e si trovino in possesso del venditore, il quale, in caso negativo, dovrà comunque curarne la formazione al momento della conclusione del contratto, sicché, in caso di preventiva conclusione del contratto preliminare, è necessario che tali documenti siano acquisiti e consegnati al promissario acquirente all'atto della stipula del contratto definitivo di vendita (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20426 del 02/08/2018; Sez. 2, Sentenza n. 25427 del 12/11/2013; Sez. 2, Sentenza n. 16024 del 14/11/2002).
Ebbene, nella fattispecie risulta appunto che la mancanza del certificato di abitabilità ha costituito la ragione preminente che ha indotto il promissario acquirente a disattendere l'invito del promittente alienante, come da diffida inoltrata, a stipulare il definitivo nella data indicata.
Ne discende che, se la conoscenza di tale difetto non poteva determinare in sé la risoluzione del preliminare prima che fossero maturate le condizioni per la stipulazione del definitivo, in ogni caso, tale conoscenza non poteva legittimare la pretesa del promittente alienante di concludere il definitivo prima che il certificato di abitabilità fosse rilasciato.
Ne' emerge dalle argomentazioni su cui si fonda la sentenza impugnata che il promissario acquirente abbia rinunciato al requisito dell'abitabilità o comunque abbia esonerato il promittente venditore dall'obbligo di ottenere la relativa attestazione.
2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1490,1491,1492,1497,1460 e 1465 c.c., per avere la Corte territoriale respinto la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di vendita e la contestuale domanda di riduzione del prezzo pattuito nel preliminare nonché di risarcimento del danno subito, escludendo che i vizi afferenti all'abitazione e alle parti comuni, come denunciati dall'esponente, fossero di gravità tale da giustificare lo scioglimento del contratto.
Secondo l'istante, il Giudice del gravame avrebbe escluso la gravità dei vizi denunciati senza il supporto di una consulenza tecnica d'ufficio che ne verificasse l'entità. E comunque, quand'anche detti vizi fossero stati ritenuti non gravi, la loro sussistenza avrebbe comunque giustificato l'accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica, con la contestuale riduzione del prezzo, in esito alla verifica dell'incidenza di tali difetti sulla misura del corrispettivo concordato.
2.1.- La censura è fondata nei termini che seguono
In primis, è pacifico che in sede di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., il promissario acquirente possa contestualmente chiedere la riduzione del prezzo per i vizi da cui è affetta la cosa oggetto della promessa, ai sensi del combinato disposto dell'art. 1490 c.c., e art. 1492 c.c., comma 1.
Ad avviso della consolidata giurisprudenza di legittimità, nel contratto preliminare di compravendita, qualora la cosa pattuita risulti difforme o alterata o presenti comunque vizi, il promittente acquirente può, in sede di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto, domandare, oltre alla sentenza di cui all'art. 2932 c.c., la riduzione del prezzo pattuito o in alternativa la condanna del promittente venditore all'eliminazione dei vizi; l'ammissibilità di tali rimedi di carattere generale, previsti per i contratti sinallagmatici, discende dalla violazione dell'impegno traslativo assunto dal promittente venditore col preliminare, costituente la sola fonte dei diritti e degli obblighi contrattuali delle parti, la quale esige che il bene oggetto del contratto sia trasferito in conformità alle previsioni e senza vizi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3855 del 26/02/2016; Sez. 2, Sentenza n. 19984 del 30/08/2013; Sez. 2, Sentenza n. 1562 del 26/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 26943 del 15/12/2006; Sez. 2, Sentenza n. 9636 del 16/07/2001).
Tanto premesso, la Corte di merito ha ritenuto ingiustificato il rifiuto del promissario acquirente di addivenire alla stipulazione del definitivo anche in ragione della prospettata carenza di gravità dei vizi denunciati, tali da non legittimare lo scioglimento del vincolo contrattuale, in quanto non incidenti sulla utilizzabilità del bene e, comunque, significativamente portati a conoscenza del promittente alienante contestualmente alla ricezione della diffida ad adempiere.
Senonché, in primo luogo, all'esito del riscontro processuale, si rileva che il promissario acquirente ha denunciato i vizi, non già nella prospettiva di ottenere la risoluzione del preliminare, bensì in vista della sua esecuzione in forma specifica, con la connessa pretesa di quanti minoris.
In secondo luogo, sul piano sostanziale, in base al dettato normativo (art. 1490 c.c., comma 1), la garanzia per i vizi della cosa venduta impone al venditore di assicurare che la res sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
Rispetto alle azioni edilizie, contemplate nell'ambito della disciplina speciale della garanzia per i vizi della cosa venduta, non opera, invece, la ponderazione comparata sulla non scarsa importanza dell'inadempimento di cui alla previsione generale dell'art. 1455 c.c., ai fini dell'azione di risoluzione per inadempimento regolata dall'art. 1453 c.c..
Infatti, in tema di garanzia della cosa venduta, qualora ricorrano i presupposti richiesti dall'art. 1490 c.c. (inidoneità della cosa all'uso cui è destinata o apprezzabile diminuzione del suo valore), il compratore ha la facoltà di scegliere liberamente fra la risoluzione del contratto e la riduzione del prezzo, prescindendo dal minore o maggior grado di gravità del vizio denunziato. E tanto perché la regolamentazione della garanzia per i vizi nella vendita inserisce una disciplina della materia completa e non integrabile con le regole dell'art. 1455 c.c., sull'importanza dell'inadempimento (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19802 del 22/09/2020; Sez. 2, Sentenza n. 17138 del 26/08/2015; Sez. 2, Sentenza n. 22415 del 29/11/2004; Sez. 2, Sentenza n. 1153 del 01/02/1995; Sez. 3, Sentenza n. 2188 del 06/05/1978; Sez. 3, Sentenza n. 3362 del 09/10/1976; contra Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21949 del 25/09/2013; Sez. 2, Sentenza n. 914 del 15/02/1986).
In questa sede si aderisce all'indirizzo prevalente, secondo cui i presupposti indicati dall'art. 1490 c.c., affinché possa essere fatta valere la garanzia speciale per i vizi, sono suppletivi - e non già integrativi rispetto al presupposto generale dell'azione di risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1455 c.c., cosicché - esclusa l'ipotesi della ricorrenza di un vizio incidente sulla idoneità all'uso cui è destinata la cosa, che, per definizione, non può essere non grave anche ai sensi dell'art. 1455 c.c. -, tuttavia, potrebbe prospettarsi l'ipotesi di un difetto che incide in modo apprezzabile sul valore della cosa venduta e che non rientri però nel parametro, oggettivo e soggettivo, della non scarsa importanza dell'inadempimento, avuto riguardo all'interesse della controparte, di cui all'art. 1455 c.c., ipotesi, quest'ultima, in cui - ove appunto si opti per la concezione suppletiva e non integrativa del rapporto tra gli artt. 1455 e 1490 c.c. - ugualmente spetterebbero le azioni edilizie (redibitoria, quanti minoris.
In altri termini, con riguardo all'esercizio delle azioni di cui all'art. 1492 c.c., comma 1, a titolo di garanzia per i vizi nella vendita, il requisito della gravità è prevalutato dal legislatore e compenetrato nella ricorrenza dei presupposti delineati dell'incidenza dei vizi sull'idoneità all'uso cui la cosa è destinata ovvero sulla diminuzione in modo apprezzabile del suo valore.
Per converso, in spregio a tali precetti, il Giudice del gravame ha escluso l'operatività della garanzia sulla scorta di una valutazione basata sulla gravità dei vizi in relazione alla sola utilizzabilità del bene, senza sondarne l'incidenza in sé - ossia a prescindere dalla gravità comparata ex art. 1455 c.c., - sulla diminuzione in modo apprezzabile del valore.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale tralasciato ogni motivazione sul rigetto dell'istanza di ammissione di consulenza tecnica d'ufficio ai fini dell'individuazione dei vizi in contestazione nonché della quantificazione della diminuzione di valore dell'immobile compromesso in vendita rispetto al corrispettivo pattuito.
Al riguardo, l'istante rileva che la reiterata richiesta avanzata sarebbe stata disattesa, sia dal Giudice di primo grado sia dal Giudice d'appello, senza la benché minima motivazione.
4.- Il quarto motivo investe, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell'art. 1385 c.c., per avere la Corte territoriale riconosciuto il risarcimento del danno in aggiunta al diritto di trattenere la caparra confirmatoria versata.
Sostiene il ricorrente che, a fronte del riconoscimento del danno con riferimento agli importi di cui è stata autorizzata la ritenzione, il Giudice d'appello avrebbe dovuto conseguentemente disporre la restituzione della caparra confirmatoria.
4.1.- Il terzo e il quarto mezzo di critica sono assorbiti dall'accoglimento della prima e seconda doglianza, poiché, in ragione della caducazione della dichiarata risoluzione del preliminare di vendita e della rivalutazione dei vizi denunciati ai fini dell'incidenza sulla diminuzione apprezzabile di valore, dovranno nuovamente essere ponderati, sia il profilo dell'ammissione della consulenza tecnica d'ufficio, sia il profilo del risarcimento dei danni e del diritto a ritenere la caparra confirmatoria, quale conseguenza dell'accertato scioglimento del preliminare all'esito della diffida ad adempiere inviata.
5.- Alle considerazioni innanzi espresse consegue l'accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, del primo e del secondo motivo e l'assorbimento dei rimanenti motivi di ricorso.
La sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai principi di diritto enunciati e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo e il secondo motivo, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa e rinvia la causa alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 luglio 2022.
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2022.
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