LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 32141-2020 r.g. proposto da:
O.C., (cod. fisc. *****), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Vincenzo Vaito, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Soverato, Via Giordano Bruno n. 97;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro;
– resistente –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata in data 25.2.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/11/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.;
RILEVATO
CHE:
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da O.C., cittadina *****, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 7.3.2018 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dalla richiedente.
La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale della richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultima; ella ha infatti narrato: i) di essere nata e vissuta in *****; ii) di essere stata costretta a fuggire dal suo paese perché, rimasta orfana in giovane età, i parenti della madre non le avevano consentito di frequentare la ***** e perché era stata rapita da alcuni uomini, pur essendo poi riuscita fortunosamente a scappare.
La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto e perché non ricorrevano, sulla base della stessa narrazione del richiedente, i presupposti applicativi dell’invocata protezione internazionale; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito alla *****, stato di provenienza della richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che non esiste in ***** una situazione di emergenze ovvero la compressione dei diritti fondamentali dei cittadini.
2. La sentenza, pubblicata il 25.2.2020, è stata impugnata da O.C. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per insussistenza dei requisiti di cui all’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per motivazione apparente in relazione alla valutazione di non attendibilità del racconto.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e mancata applicazione dei principi giurisprudenziale in tema di attendibilità della narrazione della richiedente e in ordine alla ripartizione degli oneri probatori.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per motivazione apparente in relazione al diniego della richiesta protezione sussidiaria e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2 e 14 e violazione del principio di non refouiement e mancata applicazione sempre dei principi in tema di ripartizione degli oneri probatori.
4. Il quarto mezzo denuncia nullità della sentenza per mera apparenza della motivazione, in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria, e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 5, 6 e 19 e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, nonché violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8.
5. Il ricorso è inammissibile.
5.1 I primi tre motivi – che possono essere esaminati congiuntamente, in ragione della connessione delle questioni prospettate – sono, in realtà, inammissibili.
Le censure – tutte incentrate sul vizio motivazionale, declinato nel senso sopra precisato, in relazione al profilo del giudizio di non credibilità del racconto – dimenticano infatti di confrontarsi con l’altra ratio decidendi posta a sostegno del diniego dell’invocata protezione internazionale (status di rifugiato), e cioè con l’affermazione della mancanza dei presupposti applicativi della richiesta tutela protettiva laddove la corte territoriale espressamente afferma che “il racconto riporta una situazione che non rientra tra i presupposti per la concessione del diritto alla protezione internazionale (rapimento da parte di alcuni uomini)”.
Va aggiunto che tale ratio decidendi vale anche per l’esclusione della protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a e b, della quale pure la corte di merito ha escluso la sussistenza dei presupposti.
Orbene, tali rationes decidendi non sono state affatto censurate dalla ricorrente, così rendendo irrilevanti le ulteriori doglianze sollevate in punto di credibilità e di mera apparenza della relativa motivazione.
5.2 Non può essere dimenticato che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite i quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi” (cfr. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013; Sez. 3, Sentenza 2102 d& 14/02/2012; Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 11493 dal 11/05/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16314 del 18/06/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 18119 del 31/08/2020).
5.3 E pur vero che nel ricorso si afferma che le autorità del paese di provenienza della richiedente non l’avevano protetta, ma è altrettanto vero che la ricorrente non precisa, nel ricorso per cassazione, di aver dedotto tale circostanza nel giudizio di merito a fondamento della sua domanda, con la conseguenza che la Corte di merito si è dovuta limitare a decidere sui presupposti applicativi dell’invocata tutela protettiva internazionale in relazione ad un narrato, che descrive/a un rapimento ad opera di privati, senza che venisse dedotto da parte della ricorrente il collegamento di tale situazione con l’inerzia dell’autorità, rilevante ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5, e ritenendo, pertanto, la vicenda narrata un affare esclusivamente privato, ratio decidendi quest’ultima che la ricorrente come già sopra evidenziato – non coglie e dunque non censura.
5.4 Il quarto motivo è del pari inammissibile in quanto volto a richiedere, con deduzioni peraltro solo genericamente formulate in relazione al rigetto della richiesta protezione umanitaria, una rivalutazione della questio facti, con riferimento al profilo della vulnerabilità soggettiva della richiedente e della integrazione sociale, senza che le censure si confrontino, ancora una volta, con le rationes decidendi (già sopra ricordate in premessa) poste a sostegno del diniego dell’invocata tutela protettiva.
Nessuna statuizione è dovuta per e spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.
Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660/2019.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato puri a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2022